28 maggio 2012
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Biografia di Sandro Chia
• (Alessandro Cecconi) Firenze 20 aprile 1946. Pittore. Produttore di vino (Brunello di Montalcino). «Ritengo il lavoro la maggiore consolazione dai dolori della vita».
• «Sono stato uno degli ultimi a essere battezzato nel Battistero» (a Franca Porciani) [Corriere della Sera 24/4/2011].
• «È stato protagonista - con Cucchi, Clemente, Paladino e De Maria - della Transavanguardia che, al calare degli anni Settanta, comparve, con la guida di Achille Bonito Oliva, come movimento che riportava alla ribalta la pittura, l’immagine, i colori e il cromatismo intenso, dopo anni di Concettualismo: fu l’ultimo movimento italiano a sfondare a livello internazionale» (Fiorella Minervino).
• «Già elevato negli Stati Uniti ad astro di prima grandezza ma poi riportato sulla terra e ora operante fra New York, Montalcino e Roma» (Costanzo Costantini).
• «Probabilmente il pittore più modesto del panorama artistico italiano, che di immodesti ne annovera a iosa» (Mario Perazzi).
• «L’Istituto d’Arte a Firenze, prima del 1968, era la scuola più formidabile del mondo, piena di vecchi artigiani coltissimi. Mentre si lavorava, si parlava di Leopardi, di Marx, di Nietzsche. Era una scuola basata sulla necessità di discutere e di approfondire: le arti non erano slegate tra loro. C’erano anche molte ragazze e, in quei giardini di una bellezza incredibile, si scopriva l’erotismo. Quando passai all’Accademia delle Belle Arti, trovai gente più borghese: c’erano soltanto snob che aspettavano l’eredità, non c’erano più gli artigiani di San Frediano, e io mi sentivo tra persone senza cuore. Poi arrivò il 68 con la sua ondata di caos. Viaggiai in tutta Europa, andai in India e in Turchia, e quando tornai mi trasferii a Roma. Era il momento dell’arte minimale e concettuale, l’arte povera. Frequentavo un ambiente assai composito: il ladruncolo di Trastevere si mischiava con l’americano, il figlio del ricco con il sottoproletario. La coesione era l’avventura politica e psichedelica, e l’arte era il collante di tutto. All’epoca, l’idea di successo era diversa. Aveva successo una mostra dove venivano cinquanta persone e qualcuno magari scriveva una recensione. Era ritenuto scorretto parlare di denaro. Vendevo un disegno ogni tanto. Ma negli anni Settanta ci si incontrava al bar, da Rosati. Si ricevevano molti inviti, la vita costava pochissimo. Io d’affitto pagavo trecentomila lire al mese, e per allora era moltissimo. Poi, nel 1975, Gian Enzo Sperone cominciò a interessarsi ai miei lavori, in America si cominciò a guardare alla giovane arte italiana. In quel momento l’arte era per definizione americana. Ci fu una crisi. Tutto ridiventò possibile, il clima era più erotico, la pittura era ciò da cui bisognava astenersi. Per i nostri quadri c’era un’impressionante lista d’attesa. Era la follia. I miei quadri erano a Hong Kong, a Tokyo, in Messico, in Germania, a Parigi. In Italia meno» (ad Alain Elkann).
• Rappresentato ne I secoli dell’arte di Electa dal dipinto Sinfonia incompiuta (1980) (acquistato dal Museo di Arte contemporanea del Castello di Rivoli), dove una leggiadrissima ballerina si esibisce in quella che «si presume sia una sinfonia corporale di peti».
• «Le migliori discussioni sull’arte le ho avute con i collezionisti, che sono oggi i veri critici. Il collezionista è uno che quando afferma “mi piace” fa seguire un’azione, cioè è pronto a pagare il prezzo del suo giudizio. È come giocare a poker, quando si dice “vedo” bisogna mettere i soldi sul tavolo. I soldi sono molto importanti per gli artisti, non perché gli artisti siano particolarmente avidi, ma perché il denaro ha un significato interno, alchemico. Se si leggono le lettere degli artisti, da Michelangelo a Raffaello, da Tiziano a De Chirico, parlano sempre di soldi».
• «È dagli speculatori che nascono le cosiddette “bolle”, pronte a scoppiare facendo crollare i prezzi quando il mercato sia saturo o comunque non più disponibile ad assorbire altre opere di quel genere. Spesso lo scoppio di tali bolle, in effetti, coincide con la fine della fortuna critica del movimento: sottolinea questo rapporto costante tra mercato e valutazioni culturali un esempio tra tutti, la famosa vendita in blocco che Charles Saatchi decise riguardo alle opere di Sandro Chia in suo possesso: tutto il gruppo delle “tre C” (Cucchi, Chia, Clemente), come venivano chiamati in America i tre italiani che avevano rivoluzionato il sistema, ebbe una tale flessione che solo il terzo, decidendo di stabilirsi in America, riuscì nel tempo a calmierare» (Angela Vettese).
• «Convinti di essere pittori, tutti e quattro i cavalieri del transoceanico movimento cominciano a credere di essere anche bravi e così ha inizio il rapido declino. Chia, abbandonato dai collezionisti più importanti prova a tener duro, ma è poi costretto anche lui a lasciarsi cadere sulla rete di salvataggio italiana, trasformandosi in un signorotto di campagna con la passione della pittura» (Francesco Bonami, che nella Transavanguardia non include De Maria).
• «Mi piacciono le moto come oggetti parcheggiati, e poi mi fanno volare intorno alle colline toscane. Si va nell’aria, senza protezione. Si ha l’impressione di penetrare la materia».
• «Se ragioniamo dell’arte di Sandro Chia dobbiamo ragionare di un grande, ugualmente se ragioniamo del suo Brunello. Che lui produce con un ulteriore atto di creazione, in quel Romitorio arcigno che con la moglie Marella Caracciolo ha ingentilito, calligraficamente restaurato, artisticamente abbellito. È il suo laboratorio: un luogo d’ingegno e un’azienda vinicola di primo ordine. Produce 150 mila bottiglie, il 70 per cento va all’estero. A portare il sapore della nostra terra, il sogno di un artista che si è fatto vino» (Carlo Cambi).
• Due matrimoni, quattro figli. (a cura di Lauretta Colonnelli).