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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Vincenzo Cerami

• Roma 2 novembre 1940 – Roma 17 luglio 2013. Scrittore. Drammaturgo. Sceneggiatore. Ha scritto romanzi (Un borghese piccolo piccolo), film (Il piccolo diavolo e La vita è bella), testi teatrali, fumetti, reportage di cronaca nera, manuali di scrittura ecc. «Mi guardo intorno e cerco di mostrare ciò che sta davanti agli occhi di tutti, ma non viene visto».

• «Mio padre era maresciallo dell’aeronautica, monarchico. Quando avevo nove anni ci siamo trasferiti a Ciampino. A dieci mi sono ammalato di difterite e per poco morivo. Per un anno ho perso la vista. Completamente. Diventai timidissimo: a scuola non rispondevo all’appello» (a Vittorio Zincone).

• «Sono nato in una famiglia piccolo borghese, mio padre era maresciallo nella Roma fuori le mura, verso San Giovanni, all’Alberone. A casa non c’erano libri, neanche uno. Lui era militare e quindi l’unica cosa da leggere a portata di mano era la collezione dell’Aquilone, una rivista di aeroplani: una di quelle cose tutte in bianco e nero, con i piloti con quei baffoni ridicoli, con Francesco Baracca. Non solo non conoscevo nulla, ma mi vedevo già nella carriera militare, strada sulla quale poi è finito mio fratello».

• «Mi iscrissi a una piccola scuola media che si chiamava Francesco Petrarca, in via Pignatelli, una villettina che io mi ricordo liberty ma sicuramente, nella realtà, deve essere stata una cosa orrenda. La memoria fa questi scherzi. Lì feci la prima media ed ero molto timido. Diventavo rosso, mi venivano i brufoli, mi mettevo all’ultimo banco, nascosto il più possibile. La mia era timidezza cronica. Mi chiamavano per interrogarmi e io non mi alzavo, facevo finta di non sentire. Dicevano: “Cerami, Cerami!” e io mi guardavo un po’ intorno, come a dire: “Ma chi cercano?”; e non mi alzavo. È passato un anno così. L’unica cosa un po’ simpatica era la ricreazione, che però durava un quarto d’ora. Si scendeva e si giocava a pallone nel giardinetto. E nel giardinetto c’era un professorino giovane che insegnava alla terza media, che giocava a pallone e tirava bene, era molto bravo. Sì, con lui era un momento di disinvoltura, si correva. Mi piacque molto, e una volta ho avuto addirittura il coraggio di avvicinarmi per chiedergli qualcosa, ma poi sono scappato. Fatto sta che in un anno non avevo risposto una volta, e fui bocciato. Allora tornai a fare la prima e quel professorino, che aveva ventotto, ventinove anni, divenne il mio insegnante di lettere. Per noi era il professor Pier Paolo Pasolini, ma era anche solo un ragazzo vestito come noi, povero come noi, con la camicia tutta sdrucita e la cravatta che era uno straccetto lacero» (da Storia di altre storie).

• «Pasolini era un prof severo? “Segnava in blu, come errori gravissimi, i luoghi comuni e le banalità. Mi dava 9. Leggeva i miei temi ad alta voce. Durante il periodo del ginnasio continuai a portargli quello che scrivevo. Lo andavo a trovare a Monteverde nello stesso palazzo di Attilio Bertolucci. Nel periodo universitario, poi, Pasolini mi chiamò a lavorare con lui”. Per il cinema? “Sì, cominciai come pizzardone sul set del Vangelo secondo Matteo. In Uccellacci e uccellini, invece, facevo proprio l’aiuto regista: leggevo a Totò la parte da ripassare. Lui era praticamente cieco. Stavamo ore nella roulotte. Ascoltando le sue improvvisazioni ho imparato la comicità» (a Vittorio Zincone).

• Nel 2007 ha pubblicato il suo ultimo romanzo Vite bugiarde (Mondadori), dove si rifà, tramutandolo però in un noir erotico, alle forme del vecchio romanzo d’appendice.

• Nel 2011 ha sceneggiato il film Tutti al mare, diretto dal figlio Matteo e ispirato a Casotto, pellicola del 1977 di Sergio Citti.

• Ha fatto parte dell’esecutivo del Partito democratico (chiamato dal segretario Walter Veltroni): «Se la politica ha bisogno anche di me, mi metto volentieri a disposizione».

• Una figli, l’attrice Aisha, avuta da Mimsy Farmer. Ha poi sposato la cugina di Pasolini, Graziella Chiarcossi («l’ho vista arrivare dal Friuli nel 1963»). Un figlio, Matteo.