28 maggio 2012
Tags : Bruno Ceccobelli
Biografia di Bruno Ceccobelli
• Montecastello di Vibio (Perugia) 2 settembre 1952. Artista. «Per me il fondatore dell’arte contemporanea è Malevich».
• Fa parte del gruppo romano di San Lorenzo, insieme a Dessì, Gallo, Nunzio, Pizzi Cannella, Tirelli. La sua ricerca, inizialmente di tipo concettuale, approda ad un «simbolismo spirituale». «Ho sempre messo nelle mie pitture dei simboli esoterici fin dagli anni 70; infatti avevo incontrato la Teosofia, quella della fondatrice, la russa Blavatskij; uno dei principi di questa lettura del mondo è la pace universale, la fratellanza, il rifiuto delle differenze fra le razze, del resto la Teosofia evoca la cultura sanscrita da cui deriva l’induismo; ho avuto dei maestri, negli anni, una era teosofa, un altro esperto di antroposofia, un altro massone; è una cultura che procede per simboli, che cerca la elevazione spirituale dell’uomo e considera l’opera d’arte un momento della sublimazione». «A 19 anni Palma Bucarelli lo manda in Austria come giovane artista. A Roma, all’Accademia, incontra Toti Scialoja che gli spiega che “l’opera d’arte è come una finestra sull’assoluto”, gli fa scoprire il Costruttivismo e sopra tutto l’Action Painting, e di fatto lo induce al rifiuto della Pop Art. Negli anni tardi 70 e 80, quando trionfa la Transavanguardia, Ceccobelli sente la distanza da quelle ricerche: “Io ho avuto sempre l’idea che la Transavanguardia sia stata una specie di Pop Art”. Poi ecco una rapida indicazione di mostre, alcune agli inizi proprio con quelli della Transavanguardia, da Paladino a Clemente. Nel 1979 a Stuttgart, poi a Parigi da Yvon Lambert, poi da Giorgio Marconi a Milano, successo internazionale. Ma, a fine anni 90, ecco un momento di riflessione: “Sono tornato allora a Todi, il mio paese natale, per ricostruirmi una dimensione più naturale, con il paesaggio, per ritrovare una mia spiritualità”. Le ragioni? La prima guerra del Golfo, poi confermata dalla vicenda delle Torri Gemelle. Nel frattempo i colori sono cambiati, nel 1993 va a Dakar, insegna all’Accademia, torna con una tavolozza squillante che contrasta con le opere intense, stratificate, degli anni 80, opere che escono dall’Informale ma che sono già cariche di significati simbolici. E le materie? Ceccobelli usa la cenere, simbolo della origine e della fine; la cera come memoria dove si imprimono le cose; il catrame che è l’ inizio alchemico dell’opera in nero; lo zolfo come segno di luce» (Carlo Arturo Quintavalle).
• Vive in un’antica torre di vedetta a Montemolino di Todi.