28 maggio 2012
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Biografia di Liliana Cavani
• Carpi (Modena) 12 gennaio 1933. Regista. Film: Il portiere di notte (1974), Al di là del bene e del male (1977), La pelle (1981), Dove siete? Io sono qui (1993), Il gioco di Ripley (2002), ecc. Ex consigliere d’amministrazione della Rai (1996-1998), «è una regista intelligente, ragiona con la testa sua. Era per produrre in casa, come me. Per questo si dimise dal consiglio d’amministrazione Rai. La uccise, diciamo così, la lobby dell’acquisto all’estero» (Agostino Saccà ad Andrea Marcenaro) [Fir maggio 2009]. «Ho sempre avuto una gran fiducia nel progresso perché da quando sono nata le cose sono andate sempre migliorando».
• Figlia unica di Ugo, architetto di origine mantovana che nel 1956 realizzò per conto degli inglesi l’assetto urbanistico di Bagdad. «Non c’era un gran rapporto con lui. Non si era comportato bene con mia madre. E quando volle regalarmi la sua cinepresa rifiutai. Non desideravo nulla da lui. Volevo solo percorrere la mia strada» (a Antonio Gnoli) [Rep 9/12/2012]. Il nonno materno Enrico Sacchetti, sindacalista antifascista, «senza lavoro per vent’anni, doveva nascondersi ogni volta che un gerarca veniva in visita in città». Appassionata di archeologia e di cinema, «quando ero piccola la mamma mi lasciava spesso al cinema Fanti di Carpi (...) Entravo al pomeriggio e poi alla sera tornava a prendermi». Da ragazza andava tutti i giorni in biblioteca per dare uno sguardo ai quotidiani che in casa non arrivavano. Scoprì così che la rivista Il Mulino aveva un concorso dal titolo “Saper leggere la stampa”, in palio 100 mila lire (una cifra enorme, per l’anno 1955). Partecipò con un tema che sorprese il professore d’italiano, Il convegno sul neorealismo cinematografico promosso da Cesare Zavattini a Parma nel 1953, vinse, regalò metà del premio allo zio Libero che doveva sposarsi, fondò il cineforum “Manfredo Fanti” «per poter vedere i film colti, quelli che nessuna sala proiettava, ma anche per rivedere i capolavori italiani, come Germania anno Zero di Roberto Rossellini, Umberto D di Vittorio De Sica, il mio regista preferito». Dopo la laurea in Lettere antiche con una tesi in storia della lingua su un manoscritto del Quattrocento, si diplomò al Centro sperimentale di cinematografia (insieme a Marco Bellocchio e a Silvano Agosti) e vinse un concorso Rai: «Erano in palio 30 posti, ci presentammo in undicimila. Come preselezione, un tema: mi ritrovai, sperduta al Palazzo dei Congressi, con zero raccomandazioni. Vinsi, ma rifiutai l’assunzione come funzionario. Non avrei mai potuto passare la vita alla scrivania». «Per cui proposi alla Rai, che mi aveva assunto, di cambiare il contratto. Volevo fare cinema e farlo liberamente». Suggerì subito il documentario La storia del Terzo Reich (1961), le dettero il via libera: «riuscii ad avere i filmati inediti, che erano conservati a Washington, su quello che accadde nei lager nazisti. Fu per me scioccante vederne le immagini. Allora la televisione aveva solo due canali e si pensò che potessero andare sul primo. Ma ci fu un veto dell’ambasciata tedesca. Alla fine potemmo utilizzare solo qualche scena per la seconda rete. Ricordo che la delusione fu tanta». Fu poi il turno de La casa in Italia (1964): «Andai da Torino a Palermo a vedere dove finivano i soldi spesi dallo Stato e come vivevano i meridionali al Nord, nelle baracche di cartone come accade oggi ai nostri extracomunitari. Dopo le prime due puntate, De Feo [Italo, allora vicepresidente di Viale Mazzini, ndr] volle vedere personalmente le altre due. Risultato: la terza fu tagliata di 20 minuti, la quarta fu ridotta da un’ora a 35 minuti. Mi etichettarono come criptocomunista, visto che non ero e non sono stata mai iscritta al partito. Mi salvò Fabiano Fabiani, che allora dirigeva il Tg1, mi prese a collaborare agli speciali del telegiornale» (a Barbara Palombelli).
• «Il suo primo film, Francesco d’Assisi, del 1966, è considerato, a dispetto del dichiarato laicismo dell’autrice, un manifesto del dissenso cattolico. Nel 1968 Galileo, sul rapporto tra intellettuali e regime, è boicottato dalla Rai» (Concita De Gregorio).
• «I personaggi scelti da una regista irregolare sono, anche loro, scomodi e irregolari. Si va dal San Francesco del 1966, “girato per la Rai su suggerimento di Angelo Guglielmi, venne fuori un tipo hippy e pre-sessantottino, fu soltanto grazie a un prelato dell’Opus Dei, monsignor Francesco Angelicchio, se la Rai di allora lo mandò in onda. Ricordo che, dopo la proiezione, fu lui a dire: mi assumo la responsabilità della trasmissione”, al Nietzsche di Al di là del bene e del male, in un’epoca in cui i libri del filosofo tedesco iniziavano ad essere stampati dalla Adelphi, “finalmente, dopo decenni di oscurantismo di sinistra”, dai nazisti del Terzo Reich alle donne contadine che liberarono l’Italia dal fascismo “dimostrando un impegno per la parità sessuale che allora sembrava imminente e che ancora non c’è... che dispersione di energie la mancata utilizzazione dei cervelli femminili”. Dal Galileo censurato dalla Rai, “E poi oggi dicono che Ettore Bernabei fu un dirigente Rai coraggioso. Ma quale coraggio? Ebbe paura di mandare in onda il mio film su Galileo, nel 1968, fu definito troppo anticlericale e venduto ad Angelo Rizzoli senior, il quale a sua volta sembra che lo ritirò dalle sale per fare un piacere a Giulio Andreotti, non ho mai avuto il coraggio di chiedergli se quel piacere era stato chiesto davvero o fu offerto, chissà perché Galileo terrorizzava tanto, fu poi trasmesso in tutte le scuole cattoliche”, fino a Milarepa e agli ultimi sceneggiati» (Barbara Palombelli).
• «Scrissi, in un pomeriggio, la storia de Il portiere di notte, un film che scandalizzò e insieme affascinò il pubblico italiano e internazionale perché svelava che il nazismo, il male assoluto è dentro di noi, è il nostro inconfessabile doppio».
• Esperienze a teatro: affrontò la regia del Wozzeck di Alban Berg (1979, per il Maggio Fiorentino) e dell’Ifigenia in Tauride di Gluck (1984, all’Operà di Parigi).
• Nel 2004 ha scritto per la televisione la mini-serie De Gasperi, l’uomo della speranza, prodotta da Claudia Mori e con Fabrizio Gifuni come protagonista. È andata in onda su Rai 1 l’anno successivo, dopo che Agostino Saccà l’aveva tenuta ferma per mesi perché si diceva fosse sgradita al centrodestra [Peter Gomez e Marco Travaglio, Esp 26/12/2007].
• «Certe pressioni politiche o ecclesiastiche non sono legittime. Io ho avuto problemi per Il portiere di notte, che fu vietato ai 18 anni perché Charlotte Rampling nel fare l’amore stava sopra l’uomo. Nel 1968 Galileo fu vietato ai 14 perché Giordano Bruno nel rogo urlava, era una scena troppo impressionante e ho dovuto tagliarla» (a Valerio Cappelli) [Cds 21/11/2011].
• Il suo Francesco d’Assisi (1966) è stato restaurato, a 40 anni dalla sua uscita, a cura di Cinecittà Holding e ripubblicato in dvd (giugno 2007).
• Nel 2011 ha dichiarato di voler lavorare ad un terzo film sulla figura del Poverello di Assisi, dopo il bis nel 1988 con Francesco, protagonista Mickey Rourke [Cds 22/11/2011]. Non se ne sono più avute notizie. Nei due film a lui finora dedicati il frate non è mai apostrofato come santo: «Non trovate che ci sia quasi un abuso di quella parola? È come iscrivere qualcuno all’Accademia, conferirgli la Legion d’honneur o nominarlo Cavaliere. Nella vita abbiamo a volte la fortuna di incontrare un santo o una santa che però non sanno di esserlo e quell’incontro è per noi stravolgente. A me è capitato. E questi santi sconosciuti mi coinvolgono di più. Francesco è stato uno di questi santi inconsapevoli e fu molto amato anche per questo» (a Pietro Lanzara) [Cds 11/10/2011].
• Da ultimo: un film su Albert Einstein (doppia versione per cinema e tv, 2008); la regia della Traviata alla Scala con Angela Gheorghiu; la regia di Troppo Amore (2012), uno dei quattro episodi del ciclo televisivo Mai per amore che indaga il mondo della violenza sulla donna; il documentario Clarisse, presentato a Venezia nel 2012 nel quale un gruppo di monache «appare di fronte alla cinepresa per rispondere alle domande della regista. (...) “Gli uomini della chiesa non comprendono quello che le donne possono dare, credono che possano solo ricevere”. Non hanno capito che le suore “non si limitano a pregare ma pensano”» (a Ritanna Armeni) [Fog 27/2/2013].
• «Sono una persona libera, non inquadrata. Mi hanno affibbiato tutte le etichette possibili, forse sono soltanto una non agguantabile, non classificabile. Mi hanno censurato e condannato, negli anni, tanto le destre legate a strane associazioni di famiglie cattoliche, quanto le sinistre ortodosse, i benpensanti del Pci che mi stroncavano sull’Unità o su Paese Sera».
• Fa parte delle tredici personalità che nel novembre 2006 hanno scritto la bozza del manifesto fondativo del Partito democratico.
• Premio Campidoglio (sezione spettacoli) nel febbraio 2007 e David alla carriera nel 2012.
• Nel 2012 ha firmato il manifesto-appello «per la verità su Emanuela Orlandi», promosso dal regista e produttore Renzo Rossellini per far emergere la verità sul sequestro della giovane Emanuela.
• Il suo rapporto con la fede: «Credo nel bene malgrado tutto. Credo che il Vangelo sia più di un messaggio storico. Posso dire che la fede è insieme un dono e un continuo processo creativo, di conseguenza un evento tra i più indicibili. Invece accade che, come per “l’amore”, tutti vogliano fare da maestri. Sto con Francesco che non ha mai pensato o voluto fare il maestro».
• Con Emma Fattorini ha chiesto che venisse organizzato dalla Chiesa un Sinodo sulla donna: perché le «componenti che la animano, divise su tanti aspetti, hanno però in comune uno stupefacente silenzio sulla donna?» [S24 10/1/2010].
• La sua opera è stata analizzata nel saggio Liliana Cavani - Ogni possibile viaggio della critica Francesca Brignoli (Le Mani, 2011).
• Considera Vittorio De Sica il più grande regista italiano di sempre [a Gnoli, cit.].