28 maggio 2012
Tags : Arrigo Cavallina
Biografia di Arrigo Cavallina
Verona 17 ottobre 1945. Ex terrorista. Tra i fondatori dei Proletari armati per il comunismo. «Battisti, Mutti, Enrica Migliorati e Claudio Lavazza. Quei quattro, insieme con gli insegnanti e ideologi veneti Arrigo Cavallina e Luigi Bergamin, erano il nucleo iniziale dei Pac» (Giacomo Amadori)
• «Il cattivo maestro sono innanzitutto io. Ero maggiorenne, le letture le ho scelte io, non c’è Toni Negri che tenga».
• «Fra tutti i gruppi eversivi eravamo il più disgraziato, quattro tacche raccogliticce (...) Avevamo macinato teorie che oggi fanno ridere. In chi già praticava l’illegalità vedevamo un potenziale di ribellione contro la svendita della forza lavoro. Nel sistema capitalistico, basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, rapinare i soldi in banca era considerata una forma di resistenza» (a Stefano Lorenzetto) [Grn 31/1/2009]. «Sparare per far vincere il comunismo, mah, le armi sono uno strumento di tristezza enorme...» (a Fabrizio Caccia) [Cds 4/1/2011].
• Il suo ex compagno Pietro Mutti lo accusò di essere il mandante dell’omicidio del maresciallo Antonio Santoro, conosciuto in carcere. «Fu Battisti a scegliere il bersaglio, insieme con Cavallina» [Giacomo Amadori, Pan 13/1/2011].
• Compagno di lotta di Cesare Battisti, lo introdusse nei Pac dopo averlo conosciuto nel 1977 nel carcere di Udine mentre scontava la pena per una rapina. «Sono il suo cattivo maestro. Ma quando lo arruolai era già un vero malavitoso» [a Lorenzetto, Grn 31/1/2009]. Il giornalista Gianni Cantù: «A differenza del suo allievo Cesare Battisti ha pagato fino in fondo il conto con la giustizia e ha cambiato vita».
• «Oggi vive a Verona, è sposato con una farmacista, lavora al recupero dei carcerati con La Fraternità di fra’ Beppe Prioli, crede in Dio anziché in Marx, va a messa e fa la comunione, tiene in camera da letto un inginocchiatoio da chiesa e una collezione di icone russe del Cinquecento, suona il flauto traverso» (Lorenzetto) [Grn 31/1/2009].
• «A segnare la rottura con la lotta armata e il suo passato di terrorista fu l’incontro con la fede, vissuta nei volti e nei gesti dei cappellani del carcere e nelle parole del cardinal Carlo Maria Martini ai carcerati» (Pierangelo Giovanetti). Contribuì anche la piega inutilmente omicida che aveva preso il gruppo. «Qualcuno tra noi cominciò a tirarsi indietro. Io e Luigi Bergamin dichiarammo di non essere d’accordo su Torregiani e Sabbadin, ma altri erano convinti che si dovesse fare. Non riuscimmo a fermarli» [Brunella Giovara, Sta 28/3/2004].
• Mai condannato per la partecipazione diretta a fatti di sangue, scontò in tutto dodici anni effettivi di carcere. «Il cumulo doveva essere di 22. La condanna definitiva è arrivata a 15 anni dai fatti. Di mezzo, un indulto e la buona condotta. Sono stato uno dei primi dissociati, quando ancora non esisteva la legge in materia. merito anche mio se fu approvata. La liberazione anticipata mi fu accordata per ”partecipazione all’opera rieducativa”, testuale» [a Stefano Lorenzetto, Grn 31/1/2009].
• «Meno male che non sono scappato! Credo che una vita di paura sia assai peggio di una vita in galera. Io adesso ho finito. Ho avuto quello che ho meritato, ho patito quello che ho patito. Ma oggi io sono io e non ho più niente da nascondere. Pensi invece alla condizione di chi non sa mai se la persona che sta camminando alle sue spalle è un agente che lo sta pedinando oppure un passante» (ibid.).
• Sul caso Battisti: «Se in cuor mio dovessi scegliere tra una delle due ingiustizie, la non estradizione e l’ergastolo, sceglierei per lui la non estradizione, che è un’ingiustizia anch’essa, beninteso, perché c’è una legittima sentenza italiana che rimarrà inapplicata. Ma l’ergastolo in Italia sarebbe l’ennesima distruzione di una vita che non porterebbe giustizia a nessuno» [a Caccia, cit.].
• Del 2005 la sua autobiografia La piccola tenda d’azzurro (Ares).