28 maggio 2012
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Biografia di Marco Causi
• Palermo 15 ottobre 1956. Politico. Del Pd. Eletto alla Camera nel 2008 e nel 2013. Dal 28 luglio 2015 vicesindaco e assessore al Bilancio del Comune di Roma nella giunta Marino.
• Laurea in Scienze statistiche alla Sapienza, docente di Microeconomia nella facoltà di Economia dell’Università di Roma Tre (in aspettativa da quando è deputato). Assessore al Bilancio nelle due giunte Veltroni a Roma (2001-2008). Accusato di aver generato un «buco di bilancio», e di avere lasciato la cassa vuota e i pagherò alle stelle. Ricordato anche come l’«uomo dei derivati» per quella massa di contratti stipulati, ufficialmente per proteggere il Campidoglio dal rischio di tasso, ma che nel tempo hanno causato all’amministrazione romana perdite rilevanti (basti ricordare la spesa sostenuta dall’ex commissario al debito di Roma Varazzani per chiudere 7 dei 9 swap: 150 milioni di euro). La Corte dei Conti parlò di «comportamenti che hanno compromesso la stabilità dei conti comunali». Accusato da Alemanno, replicò: «Non c’è nessun buco di bilancio, ma una pesante e ben nota situazione di indebitamento ereditata, appesantita dagli ingenti investimenti per la metropolitana e dalle difficoltà di cassa (...) Smentisco nettamente che ci sia qualcosa di occulto nei conti che abbiamo lasciato, e il deficit da un miliardo di Alemanno è pura mistificazione» (Paolo G. Brera).
• È stato «il consigliere economico più ascoltato da Veltroni, marito della potente Monique Veaute (amministratore delegato di Palazzo Grassi a Venezia), piuttosto famoso in Campidoglio per le sue vacanze cambogiane e considerato un po’ come il Tremonti comunista di W» (Claudio Cerasa).
• Le sue principali battaglie politiche romane. Contro la tassa sulla casa: «Quando era assessore al Bilancio al Comune di Roma introdusse il principio che l’imposta sulla casa – allora si chiamava Ici e le detrazioni venivano decise dai municipi – si sarebbe pagata in base all’Isee. Cioè all’indicatore che misura la condizione economica delle famiglie in base al reddito, alle proprietà e alla composizione del nucleo familiare. “A Roma circa un quarto delle famiglie – ricorda il deputato del Pd – risultarono così quasi o del tutto esentate dall’imposta sulla casa”» (Tonia Mastrobuoni); contro l’ulteriore privatizzazione del 21% di Acea voluta dal sindaco Gianni Alemanno: «Ora svende la quota in Acea per racimolare quei milioni che gli serviranno per tirare la volata elettorale del prossimo anno. Un suicidio per le casse del Campidoglio» (Fabio Tonacci); a favore delle liberalizzazioni del governo Monti e contro lo sciopero dei conducenti di taxi.
• Le sue dichiarazioni patrimoniali sono pubbliche e consultabili dal 2001: «Sono anche firmatario della proposta di rendere pubbliche queste dichiarazioni (la cosiddetta “anagrafe degli eletti”): non capisco bene a cosa serva fare depositare le dichiarazioni dei responsabili politici presso le rispettive istituzioni e poi tenerle chiuse in un cassetto». A Roma vive in un appartamento di proprietà «per il quale ho firmato il compromesso di acquisto nel 1998, ben prima di assumere incarichi istituzionali e nel quale sono entrato, finita la costruzione, nell’estate del 2001. Zona Marconi-Piazzale della Radio. Costo circa 800 milioni delle vecchie lire. L’appartamento è molto particolare e (mi scusi l’immodestia, ma io e mia moglie ci teniamo molto alla nostra casa…) molto bello, all’ultimo piano di un edificio di archeologia industriale ristrutturato, con vista sul Tevere e sull’archeologia industriale di Marconi e di Ostiense (gazometri). C’è un bel terrazzo e un box auto. Per l’acquisto non ho dovuto contrarre mutui: ho venduto l’appartamento dove vivevo da solo dopo il divorzio dalla mia prima moglie e il resto l’ho aggiunto con i risparmi che avevo a disposizione e con il contributo della mia attuale compagna e moglie. Sono di mia proprietà, poi: a) un appartamento in zona Monteverde in uso alla mia prima moglie. Lo comprammo alla metà degli anni Ottanta per 135 milioni delle vecchie lire. Oggi non so quanto potrebbe valere, ma non mi interessa, perché l’accordo con la mia prima moglie è che lei ci può restare fin quando ne ha bisogno. Fino a poco tempo fa viveva lì anche mio figlio, che adesso è andato a vivere da solo; b) un negozio (che si compone di alcune particelle catastali riunite) a Palermo, la mia città di origine. Fu comprato dai miei genitori negli anni Settanta e fin da allora è intestato a me. L’affitto ha fornito alla mia famiglia - composta tutta da dipendenti pubblici, quel “margine” in più per affrontare nel corso del tempo le priorità e costruire le opportunità. Grazie a quell’affitto sono venuto a Roma a studiare all’università, e quell’affitto consente oggi qualche margine in più a mia madre, che lo percepisce, e a mio figlio; c) una piccola porzione di un’antica casa vicino a Selinunte (Castelvetrano), l’antica casa della famiglia di mio padre, pervenutami per asse ereditario. I risparmi miei personali e della mia famiglia sono investiti, come risulta dalla mia dichiarazione patrimoniale, in titoli pubblici italiani e in obbligazioni Enel. Quindi ho un forte interesse personale, come la quasi totalità degli italiani, che l’Europa tenga e che non si faccia la follia di tornare indietro dall’euro» (Ogg 26/5/2010).
• Figlio di Maria Marconi, deputata del Pci negli anni Settanta e assessore al Comune di Palermo durante la Primavera palermitana. «La mia formazione è stata influenzata da due donne, due grandi donne siciliane». Oltre alla madre, la nonna Jole Bovio Marconi, «nata a Roma, approdò in Sicilia negli anni Venti del secolo passato, per non lasciarla più. Per trent’anni diresse la Soprintendenza archeologica della Sicilia occidentale e il Museo archeologico nazionale di Palermo, dove continuò a lavorare anche durante i bombardamenti. Dopo la guerra ricostruì il museo. Ricordo bene il giorno in cui le fu conferita la medaglia d’oro della Repubblica, al Quirinale: per la prima volta indossavo i pantaloni lunghi».
• Un figlio dal precedente matrimonio, Antonio.