28 maggio 2012
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Biografia di Marina Catena
Ortona (Chieti) 1968. Tenente della Riserva selezionata dell’Esercito italiano. Direttore del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. Durante la missione in Iraq, consigliere dell’ambasciatore italiano a Baghdad Antonio Armellini.
• «Così come diceva Saint-Exupéry ne Il Piccolo Principe, “Ogni caporale è una sentinella a salvaguardia dell’impero”, così ogni nostro soldato in missione all’estero è un attore importantissimo per la sicurezza del Paese nel quale siamo presenti» (Antonio De Frenza) [il Centro 2/9/2009].
• “Sono un ogm, metà soldato, metà diplomatica. Ma credo che l’esperimento sia riuscito. Avevo in mente la carriera militare fin da ragazza, fin da quando per trovare ispirazione per un tema sull’eroismo ero andata al cimitero canadese di Ortona, 1600 ragazzi morti per liberarci dai nazisti. Ma allora era semplicemente proibita, per le donne”. Una laurea in Scienze politiche alla Luiss di Roma, un primo lavoro come hostess per Air France (“mi vedevo comunque in una dimensione senza frontiere”), poi uno stage alla Commissione europea a Bruxelles e l’incontro con Bernard Kouchner (...) “l’inventore del concetto di ingerenza umanitaria”. Alla fine però Marina Catena ce l’ha fatta, ha scommesso sul tempo e ha vinto: è stata tra le prime “ufficialesse” dell’Esercito italiano. Tra le prime a scontrarsi con i riti e le assurdità della vita militare: lucidare gli anfibi, rifare il “cubo” (il letto) con precisione geometrica, “pompare”, fare a gara di piegamenti sulle braccia. Tutto raccontato, con divertimento, nel suo (...) libro, Una donna per soldato (Bur), e ampiamente ripagato dalla sua prima missione da tenente, in Libano, come “country advisor”, in pratica un consigliere politico nell’intricato puzzle politico nel Paese dei Cedri. Ricordate quel film con Demi Moore? A un certo punto il comandante si rivolge al soldato Jane e le dice: “Vuole che la tratti come i suoi colleghi uomini? Bene, ma non sono sicuro che le piacerà”. Vita dura. Jogging con gli implacabili e inossidabili paracadutisti della Folgore, briefing estenuanti, “in cui ho imparato a spiegare in mezz’ora come funziona il sistema politico libanese a trenta ufficiali coreani. Ho perso dieci chili, mi sono abituata a condividere il bagno con le altre commilitone, a marciare sotto il sole con trenta chili di equipaggiamento”. Ma soprattutto ha imparato ad amare i libanesi. “Un amore ricambiato, si sentono simili a noi, idealizzano il nostro Paese. Un popolo coraggioso, che si rialza ogni volta”. E le donne libanesi? “Si sono innamorate subito dei nostri soldati e li hanno eletti i più belli di Unifil. Sognano di sposarsene uno, non sanno che i contatti sono proibiti. Ma c’è una cosa forse più importante. Vedere noi donne soldato, donne ufficiali che danno ordini agli uomini. Una vera e propria scossa culturale”. Sempre positiva? “Le missioni di peacekeeping mettono in contatto due mondi diversi: ma non è uno scontro di civiltà, credo che sia uno scambio fertile, una contaminazione”. A Tibnin, in Libano, le soldatesse erano riunite in una squadra speciale, il Team Delta, che aveva proprio il compito di dialogare con la popolazione femminile. “Abbiamo scoperto che, al di là delle apparenze e dell’abbigliamento, anche le donne sciite, nel Sud, non sono così sottomesse. Credo nei cambiamenti. In Kosovo abbiamo ottenuto che un terzo delle parlamentari fossero donne”. Il ricavato di Una donna per soldato sarà devoluto proprio all’orfanotrofio femminile di Tibnin. “Credo che se fossi un giovane oggi e leggessi questo libro, correrei ad arruolarmi – conclude il tenente Catena –. Quando sei in missione, in questi posti, ti senti sfiorato dalla storia. E nel tuo piccolo, contribuisci anche a farla”» (Giordano Stabile) [Sta 5/7/2008].
• Prima del Libano, la missione irachena: «Nassiryah e in genere il Sud dell’Iraq sembrava il luogo dove le cose funzionavano meglio. Anche con la popolazione, a differenza di Baghdad dove ti guardano in cagnesco anche i bambini, un dialogo c’era, sia pure in forme primordiali come un sorriso o lo scambio di bottigliette d’acqua. In Iraq nessuno sta tranquillo. Non ci sono amici né persone al di sopra degli attacchi. Viviamo tutti in uno stato di allerta costante e con misure di sicurezza molto alte, è ovvio che, a differenza degli americani, i carabinieri non si barricano dietro muraglie di cemento armato» (Maria Grazia Bruzzone) [Sta 13/11/2003].
• «Nei conflitti contemporanei bisogna essere dei bravi soldati per garantire la cornice di sicurezza ma anche sapere gestire la ricostruzione. Sono due pezzi che vanno di comune accordo. Io non ho fatto altro che metterli insieme».
• Il 2 settembre 2009 al Quay d’Orsay di Parigi ha ricevuto dal ministro degli Esteri Bernard Kouchner la decorazione di Cavaliere dell’Ordine nazionale al merito su decreto del presidente della Repubblica Sarkozy (prima donna-soldato italiana): «Ho un rapporto particolare con la Francia. Sono stata la prima hostess di Air France non francese, ho studiato Scienze politiche a Strasburgo, è proprio in Francia che ho iniziato la mia carriera internazionale» (De Frenza) [Cit.].
• Ha lavorato due mesi per il G8 dell’Aquila: «Mi era stato affidato il programma per le first lady. Portare Michelle Obama o la signora Barroso a piazza Duomo è stata un’emozione straordinaria. Erano tutte commosse ed hanno anche voluto provare il simulatore di terremoti che la Protezione civile ha allestito nella caserma di Coppito» (De Frenza) [Cit.].