Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Roberto Castelli

• Lecco 12 luglio 1946. Ingegnere. Politico. Della Lega Nord. Ministro della Giustizia nel Berlusconi II e III, viceministro per le Infrastrutture e i trasporti con delega all’Expo 2015 nel Berlusconi IV. Eletto senatore nel 1996, 2001, 2006, 2008; deputato nel 1992, 1994. «La Lega, prima che un partito, è un modo di essere».
• «Quando nel 1992 arriva a Montecitorio, Castelli è un signor Nessuno. Colpisce per l’aria belloccia e un po’ fatua. Lo chiamano “Richard Gere”, o in alternativa “l’Inglese”. Un signore tranquillo, che durante la legislatura dei cappi sventolati in aula si fa notare solo una volta: quando, insieme con altri colleghi, tenta di cacciare il giornalista dell’Unità Giorgio Frasca Polara dal ristorante della Camera. Perfino nella Lega lo conoscono in pochi. A Pontida, nella cerimonia del giuramento, fino al 1994 non lo fanno neppure salire sul palco. Umberto Bossi, quando lo nominano, cade dalle nuvole: “Ma chi è Castelli? Cosa fa esattamente?”. La svolta arriva quando Castelli, già sposato con un figlio di 27 anni, Gabriele, in prima fila al Giubileo dei politici, decide di impalmare la sua giovane ex portaborse Sara Fumagalli, assessore alle finanze del Comune di Lecco. Nozze celtico-padane. Verdi gli abiti degli sposi. Verdi le ghirlande di fiori. Verde pure il sacerdote-druido officiante: il Senatur in persona. Dopo questa prova di devozione Castelli scalda il cuore di Bossi. Capogruppo al Senato dal 1999. Rappresentante della Lega nell’Officina di Giulio Tremonti che prepara il programma della Casa delle libertà. Fustigatore del malcostume di Roma ladrona. E comincia a occuparsi di giudici: i bersagli sono il pm veronese Guido Papalia che indaga sulla Lega e “lo scandalo delle associazioni dei magistrati”. Quando nasce il nuovo governo, però, Castelli sembra destinato ai Trasporti. Di treni e autostrade si è già occupato, come ministro del governo padano. Sul suo sito Internet (titolo: Un piede a Roma e uno nel territorio) sfoggia la sua attività nel collegio, un impegno degno del miglior Franco Nicolazzi, l’ex ministro bretella. Duecento miliardi di finanziamento per il raddoppio della ferrovia Calolzio-Carnate. Un miliardo per lo studio di fattibilità sulla Lecco-Como. Altri 70 per la Bergamo-Seregno. Invece, per il gioco dei veti incrociati, Castelli diventa ministro della Giustizia» (Marco Damilano).
• Nel novembre 2009, salutando entusiasta l’esito del referendum svizzero che aveva appena decretato il divieto di costruire nuovi minareti («una lezione di civiltà»), propose una modifica costituzionale per inserire la croce nella bandiera italiana, come «segnale forte per battere l’ideologia massonica e filoislamica». L’idea non ebbe però seguito, bocciata pressoché unanimemente dagli alleati di governo, dall’opposizione e dalle stesse gerarchie vaticane.
• Alle Amministrative 2010 (28 e 29 marzo) fu il candidato sindaco di Lecco per il centrodestra. Venne inaspettatamente sconfitto al primo turno dal candidato del centrosinistra Virginio Brivio (50,2 % dei voti a Brivio, 44,2 % a Castelli). Si parlò di «faida locale interna alla Lega».
• Nella primavera 2012 fu lambito dallo scandalo Belsito (vedi), che travolse la Lega: Castelli componeva infatti, insieme al collega senatore Piergiorgio Stiffoni, il comitato amministrativo di tesoreria del partito, che affiancava il tesoriere Francesco Belsito. In seguito allo scandalo, i due furono sostituiti nel comitato dai deputati Silvana Comaroli e Roberto Simonetti. La posizione di Castelli non risulta comunque, allo stato, oggetto di indagine giudiziaria.
• La notte del 31 dicembre 2012 annunciò su Facebook la sua decisione di non ricandidarsi alle Politiche 2013: «Dopo sei legislature largo ai giovani. Torno a fare il militante semplice». Nei giorni successivi chiarì di non aver abbandonato la politica attiva a livello locale, e di restare comunque «a disposizione della Lega». «L’aria in Parlamento era diventata irrespirabile da quando noi politici siamo diventati la "casta" e quindi un bersaglio, a prescindere: non ne potevo più di essere considerato un fannullone e mangiapane a tradimento. Torno a fare l’ingegnere nello studio di famiglia. E considerando che nel nostro Paese il 60% dei manager sono ingegneri...» (ad Alessandra Arachi) [Cds 4/1/2013].
• Si era parlato di lui come successore di Roberto Formigoni alla guida della Regione Lombardia in caso di approdo a Roma del governatore (poi non avvenuto).
• Numerose le polemiche legate al suo nome. Nel luglio 2009, per esempio, si disse esasperato dal fatto che gli attori televisivi parlassero tutti in romanesco: «Che sia un bergamasco, un altoatesino o un tedesco, comunque parlano tutti in romanesco. È una cosa insopportabile. Dà fastidio, non tanto per una questione localistica o campanilistica, ma è chiaro che il linguaggio è parte essenziale dei personaggi»; in proposito mosse un particolare rilievo allo sceneggiato su papa Giovanni XXIII, «che era un bergamasco verace. Sentirlo parlare con accento romanesco è sbagliato storicamente. Dà fastidio da un punto di vista culturale». Nell’aprile 2011 destò clamore e indignazione un suo pronunciamento circa l’opportunità di imbracciare le armi contro gli immigrati qualora avessero invaso l’Italia a milioni («come i barbari che fecero crollare l’impero romano») o avessero preso a sparare per primi («Contro le Brigate Rosse, che cosa abbiamo fatto?»). Nel giugno dello stesso anno suscitò nuove polemiche quando, commentando l’opposizione di cittadinanza e autorità locali all’ipotesi, avanzata dal governo, di introdurre un pedaggio sul Grande raccordo anulare di Roma, sentenziò che «i romani sono arretrati culturalmente: pensano che lo Stato debba pensare a tutto»: il sindaco Gianni Alemanno (Pdl) gli diede dell’ignorante, il presidente della provincia Nicola Zingaretti (Pd) disse che «in un altro Paese, Castelli farebbe a malapena l’attacchino».
• Difese Bossi in occasione delle offese rivolte all’inno d’Italia: «Del resto il reato d’opinione è stato abolito».
• Su Bossi: «il mio capo, l’uomo che mi ha cambiato la vita, al quale non potrei mai dire di no» [Francesco Giorgianni, Chi 24/2/2009].
• Su Saviano, che, ritirando il diploma honoris causa dell’Accademia di Brera a Milano, l’aveva dedicato «ai meridionali di Milano, i veri milanesi, gli emigranti dal Sud che hanno contribuito enormemente a far crescere la produttività di questa città», e aveva poi parlato del rischio di infiltrazioni mafiose nei cantieri dell’Expo 2015: «Poveri milanesi: devono sorbirsi le lezioni e le paternali dell’universo mondo. L’ultimo maestrino arrivato, di cui sentivamo tanto il bisogno, è l’ennesimo professionista dell’antimafia, Saviano. Meriterebbe una risposta più secca, ma siamo a Natale, e l’ineludibile bonomia lombarda mi fa soltanto esprimere un invito: ma va’ a ciapà i ratt!» [Cds, Rep 11/12/2009].
• «Castelli: il ministro della Giustizia con la faccia di un tassista abusivo. Ma senza averne l’integrità morale. Un padano puro. Il suo albero genealogico non si biforca» (Daniele Luttazzi).
• Velista, ha posseduto per anni una barca a vela di dodici metri, Aquadulza.
• Vegetariano sui generis: non consuma più carne, ma continua a mangiare pesce [Ranieri Polese, Cds 5/11/2011].