28 maggio 2012
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Biografia di Pierre Carniti
• Castelleone (Cremona) 25 settembre 1936. Politico. Sindacalista (Fim-Cisl dal 1970, Cisl dal 1979 al 1985), «operaista», come fu spesso definito. Ancora attento alle tematiche su precariato e flessibilità, chiama «esondati» gli esodati.
• «Già in fasce, era un bebé di sinistra. Il padre, antifascista, lo chiamò Pierre alla francese, per contravvenire all’ordine di regime di dare nomi autarchici. Carniti sdemocratizzò la Cisl, affidando i maggiori incarichi a non democristiani» (Giancarlo Perna) [Grn 13/1/1997].
• Fumatore di Pall Mall e soprattutto di sigari, nel 1960 sposa la cremonese Mirella («Il matrimonio è durato ben saldo, ma il sindacato ha distrutto la loro vita privata» [Giampaolo Pansa, 11/7/1985]): al figlio viene dato il nome Pierre cosicché la donna possa sentire il marito più presente in casa. È nipote di Alda Merini: la poetessa – lo raccontò all’Espresso [del 12/11/2009] – nel 1953 aveva infatti sposato lo zio di Pierre, Ettore Carniti, anche lui sindacilista, morto nel 1981.
• Forgiatosi all’Istituto di formazione sindacale dedicato a Giulio Pastore con Franco Marini, che poi sarà, per dirla con Massimo Franco, «l’erede e insieme il liquidatore»: in ogni caso, erano così amici che una volta Carniti gli prestò un abito a quadrettini marroni per una festa da ballo» (Filippo Ceccarelli) [Rep 26/4/2006], proveniva dalla categoria dei metalmeccanici.
• Mirafiori 1980: con Lama e Benvenuto firmò l’accordo che chiuse la cosiddetta vertenza dei quarantamila (vedi ARISIO Luigi). «Dissi a Luciano Lama che quello che si profilava sotto la pressione della marcia dei 40 mila non sarebbe stato un accordo ma la presa d’atto di una sconfitta. Bisognava arrivare a un accordo, certo, ma non immediatamente, non quel giorno. Gli dissi che io non avrei firmato in quelle condizioni neanche sotto tortura. Poi arrivò l’ennesima telefonata da Botteghe Oscure, “firmate subito”, e Lama mi disse: “Io firmo, tu che fai?”. Fosse stato un accordo qualsiasi avrei risposto che no, io non avrei firmato. Anche perché quell’accordo non avrebbe risolto la crisi Fiat che aveva altre ragioni, e come gli anni successivi avrebbero confermato. Ma si trattava di gestire una sconfitta, non potevo tirarmi indietro per senso di responsabilità e anche per la solidarietà e l’affetto che mi hanno sempre legato a Luciano Lama» (a Loris Campetti) [Man 16/1/2008].
• «Io e Lama, anche da pensionati siamo rimasti amici. Ho l’impressione che i rapporti personali tra i leader attuali dei sindacati siano molto diversi, per usare un eufemismo» (a Paolo Griseri) [Rep 5/4/2012]. «I tre capi sindacali, Carniti Lama e Benvenuto, capirono che era il momento di cedere e si accordarono con Agnelli. Ma al momento di spiegarlo in piazza furono dolori. Le maestranze inviperite, presero per la collottola Carniti e gli altri e furono lì lì per menarli. Pierre si spaventò a morte. Marini gli disse “D’ora in avanti ovunque andrai, ci sarò io a proteggerti. Farò un servizio d’ordine con i miei del parastato”. Da allora, Carniti si mise nelle mani di Marini. Nel 1985 Pierre, logorato, si ritirò e Marini ne prese il posto» (Perna, cit.). Giuliano Ferrara racconta di essere stato tra coloro i quali salvarono («con le mani») Carniti dal linciaggio e dalle ombrellate. Lui confermò [Cds 11/9/2010].
• «Cattolico e militante — con i Cristiano sociali — nei Ds. Da leader della Cisl, negli anni Ottanta, guidò e vinse la battaglia per il contenimento della scala mobile; e quando Pci e Cgil lanciarono un referendum per abrogare quell’accordo, dopo qualche tentazione astensionista contribuì a trascinare l’elettorato sul no» (Daria Gorodisky).
• Nel febbraio 1986 fu anche sul punto di diventare presidente della Rai. Rifiutò dopo un’indecisione di tre mesi.
• Nel 2007 ha aderito al Pd.
• «Il più anomalo dei sindacalisti, un segretario della Cisl che si vanta di essere cattolico e di non aver mai votato per la Dc, un dirigente che ha speso anni e intelligenza a preparare l’unità sindacale e che non ha esitato a farla poi a pezzi, un sindacalista che nel breve arco di dieci anni ha imposto il punto unico di contingenza e gli aumenti uguali per tutti e poi l’abolizione dei quattro punti e la rivalutazione della professionalità, un leader che con la stessa violenta passione ha promosso e teorizzato l’antagonismo in fabbrica e la concertazione sociale» (Miriam Mafai).
• «Bella faccia da contadino padano, le soppracciglia foltissime, i capelli tagliati a spazzola».
• Odiava Roma: «Questa è una città di gommapiuma, dove si perde il senso del reale. Spero che il sindacato unitario dei metalmeccanici avrà il buonsenso di trasferire la propria sede a Milano» [Pansa, cit.].
• Giorgio Tonini (Pd) è tra i suoi pupilli. Susanna Camusso, prima di approdare alla Fiom, fu «folgorata sulla via del sindacato da leader cislini» come lui. [Nunzia Penelope, Esp 26/6/2008]. Maurizio Sacconi (Pdl): «Ho lavorato a fianco di uomini come Gino Giugni e Pierre Carniti e li ho sostenuti entrambi quando si sono presentati alle elezioni nel Veneto» (a Dario di Vico) [Set n. 38/2002].
• «Per la carica di presidente della Repubblica c’è un nome all’altezza della grave crisi che il paese sta vivendo e che può trovare un consenso quasi unanime. È quello di Pierre Carniti» (lettera dello scrittore Carlo Buldrini a Giuliano Ferrara [Fog 10/4/2013].
• Fu tra gli oltre 800 firmatari (sulle pagine dell’Espresso a partire dal 13 giugno 1971) del documento contro Calabresi «commissario torturatore» e «responsabile della fine di Pinelli».
• Nel 1971 guadagnava 250mila lire al mese, nel 2007 ha una pensione da 3.108 euro, comunque inferiore a quella di altri ex sindacalisti come Scalia, Foa, Marianetti e Pizzinato (Primo Di Nicola) [Esp 8/2/2007].