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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Vinicio Capossela

• Hannover (Germania) 14 dicembre 1965. Cantante. Autore. «Cantore, poeta, sciamano» (Goffredo Fofi). «Salire sul palco sotto l’effetto dell’alcol è divertente per i primi dieci minuti, perché ti permette di inscenare degli inizi strepitosi, ma finisce lì».
• Tra i suoi dischi: All’una e trentacinque circa (1990, Targa Tenco miglior esordio), Modì (1991), Camera a sud (1994), Il ballo di San Vito (1996), Canzoni a manovella (2000, Targa Tenco miglior album), Ovunque proteggi (2006, Targa Tenco miglior album), Da solo (2008), Marinai, profeti e balene (2011, Targa Tenco miglior album), Rebetiko Gymnastas (2012). Ha scritto il romanzo Non si muore tutte le mattine (Feltrinelli 2004). Il 7 ottobre 2011 ha ricevuto il Premio De André alla carriera.
• «La costante di Capossela è sempre stata l’attitudine pantagruelica, il dover tutto conoscere e centrifugare, poiché “niente gli somiglierà se non l’avrà ruminato e reinventato nel ribollire dei suoi sensi” (Vincenzo Mollica). Il primo ruminare di Capossela, già allora Minotauro di se stesso, lo portava a costellare i suoi dischi di narcisismi etilici e ritmi latinoamericani, recuperi folclorici, citazioni su citazioni, omaggi su omaggi: “ricerca di fratellanze”, come le chiama Fofi. Le sue erano “filastrocche ossessive e scatenamenti campestri del dopo-fatica, da festa paesana, da balera, da circo e da aia, soprattutto da aia”» (Andrea Scanzi).
• «Lo vedo come un pipistrello, Vinicio. Non per le abitudini notturne ma per quel radar che lo accompagna nelle canzoni più rischiose, nelle scelte più anticommerciali, e gli evita regolarmente di andare a sbattere. Così conserva una sorta di stato di grazia, una leggerezza acrobatica, una credibilità da saltimbanco che gioca con le note, con le parole (“viso diviso”), con le bolle di sapone, coi campanacci da Mamuthones, con le ombre cinesi. E noi lì ad ascoltare le sue storie, come in un tempo sospeso, un altrove (calduccio, peraltro)» (Gianni Mura).
• «Chi l’ha seguito nel corso della sua carriera – iniziata nel 1990 con l’album All’una e trentacinque circa – sa che un cruccio ha sempre turbato i placidi sonni di Vinicio: quello di essere considerato dapprima un clone del grande Paolo Conte, e poi un’imitazione nostrana di Tom Waits, il poeta maudit della California. Accuse ingiustificate, in realtà, visto il caleidoscopico scintillìo di invenzioni, ispirazioni e partecipazioni che l’artista ha messo in piedi da un bel po’ di tempo a questa parte» (Roberto Gatti).
• «La cosa che ascolto di più della musica italiana è la musica classica, l’opera lirica, il barocco».
• Nel 2007 mise in musica le rime di Michelangelo, aiutato dal violoncellista Mario Brunello, fondatore e direttore dell’Orchestra d’Archi italiana. Il 21 febbraio 2008 ha fatto il tutto esaurito a Londra (concerto al Dingwalls di Camden Town).
• «L’amore lo ha fatto sposare. Una volta. Sembra tanto tempo fa. Non è andata bene. Davanti al suo silenzio si può soltanto immaginare. “Dovevo diventare migliore per lei e, grazie a lei, non ci sono riuscito. Oppure ha semplicemente ragione chi sostiene che la vita è bellissima, poi ci si sposa”» (Dario Cresto-Dina).• «Vinicio è amante del racconto meraviglioso, ammagato e al tempo stesso mago, affabulatore, rabdomante che intercetta ovunque la poesia, insegue le canzoni nella geografia e nella storia, si bagna di sacro e profano, fa alchimia di parole e note. È un instancabile viaggiatore, pronto a cavalcare gli imprevisti e a seguire le tangenti» (Simona Orlando) [Il Messaggero 20/12/2012]. 
• «Il Tom Waits italiano» (Independent); «Non è solo un bohémien di strada maledetto, ma anche un esploratore che rifiuta le frontiere» (El País); «Forse ha un cuore selvaggio, ma scrive melodie deliziose» (Times).