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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Milena Canonero

• Torino 1 gennaio 1946. Costumista. Ha vinto quattro Oscar: nel 1976 per i migliori costumi in Barry Lyndon (Stanley Kubrick); nel 1982 in Momenti di gloria (Hugh Hudson) nel 2007 in Marie Antoinette (Sofia Coppola) e nel 2015 in Grand Budapest Hotel (Wes Anderson).
• «Per il cinema americano è un’istituzione. Il “Canonero touch” ne ha segnato la storia» (Stefania Ulivi)
• Studi a Genova, primi lavori in piccoli teatri londinesi, fino a quando una sera, con il suo fidanzato di allora, il giornalista Riccardo Aragno, inviato della Stampa che traduceva i film di Kubrick per il doppiaggio italiano, non incontra il grande regista che «in una cena con la moglie e altri amici mi chiese a bruciapelo se volevo fare i costumi di Arancia Meccanica. Studiavo ancora, non sapevo neanche se avrei fatto il cinema. Per una donna non era facile entrare in quell’ambiente, ma io sono una che non si arrende mai. Allora imparai a cucire i costumi, a fare le cose più “pratiche”...». Così è passata al grande cinema: «Nell’osservare il suo modo di girare il film, gli obiettivi che usava, le luci che sperimentava, come entrava nei dettagli e come dirigeva gli attori, mi rendevo conto che si trattava del lavoro di un genio, nonostante la mia mancanza di esperienza». Suoi il bastone e la bombetta di Malcolm McDowell: «Lui è favoloso, divertentissimo, un vero showman».
• Quattro anni dopo, insieme alla collega svedese Ulla-Britt Söderlund, ricrea gli abiti settecenteschi per Barry Lyndon, sempre di Kubrick, che le valgono il secondo Oscar.
• Costumista anche per Shining (Kubrick 1980), Miriam si sveglia a mezzanotte (Tony Scott 1983), Cotton Club (Francis Ford Coppola 1984), La mia Africa (Sydney Pollack 1985), Dick Tracy (Warren Beatty 1990), Il padrino - Parte III (Francis Ford Coppola 1990). Fece anche i costumi per la serie tv Miami Vice.
• Nel 1982 con Momenti di Gloria si porta a casa la terza statuetta: «Posso dire solo che ho fatto film straordinari in cui mi sono divertita tanto. E con questi registi, da Hudson ai Coppola, ho avuto il dono più bello: la libertà. Si sono fidati, mi hanno ascoltato, abbiamo costruito insieme quella creazione. Penso a Marie Antoinette: l’idea delle Manolo Blahnik gliela suggerii io a Sofia e quello spunto portò il film verso la pop music e altri paradossi come le famose All Star Converse ai piedi di Kirsten Dunst. Ci venne in mente quasi all’ultimo momento, volevamo vedere se il pubblico se ne sarebbe accorto».
• Tra gli italiani ha lavorato con Roberto Faenza, Leonardo Guerra Seragnoli, Paolo e Vittorio Taviani, Luca Ronconi.
• In tutto nove candidature agli Oscar (record per un italiano). Tra gli altri premi: due Bafta Awards (gli Oscar inglesi) e il premio alla carriera nel cinema dalla Costume Designers Guild (2001).
• Con Loris Lai ha diretto il video di Love is Requited di Elisa: «Mi sono divertita ma non farei un film. Aver lavorato con grandi registi metterebbe in soggezione chiunque» [Daniela Liucci, MarieClaire 28/2/2012].
• «Ammirata e riverita da colleghi, registi e attori, è stata anche produttrice e ora regista del documentario La silhouette del tempo vista da Piero Tosi. La ricerca storica per ogni personaggio è sempre molto importante per la Canonero, ma le ispirazioni possono venire dalle fonti più inaspettate: “Per Marie Antoinette Sofia Coppola mi diede una scatola di macaroons di Laduree. Quei colori sono diventati una sorta di guida. Una costumista non è come un disegnatore di moda, libero di disegnare la sua collezione. A volte il regista ti dà più spazio. E devi lavorare molto da vicino con truccatori e parrucchieri per mettere insieme un look totale”» (Silvia Bizio) [Rep 24/2/2015].
• In Grand Hotel Budapest si è ispirata alle pitture di Gustav Klimt immaginando la protagonista, l’anziana milionaria interpretata da Tilda Swinton, come una sorta di Peggy Guggenheim. «Quando Wes mi ha parlato di Grand Budapest Hotel mi disse che voleva ambientare il film in un fittizio paese nordeuropeo, Zubrowka, più o meno negli anni ’30. Naturalmente, tipico di un film di Wes Anderson, il titolo non aveva nulla a che fare con la città di Budapest. Quindi l’aspetto poteva essere originale, con suggerimenti storici, ma allo stesso tempo accurato. Così lo stile delle uniformi dell’hotel sono anni ’30 ma ho cercato una gamma di colori che non fosse troppo prevedibile per le uniformi dello staff di un hotel».
• «Mi sarebbe piaciuto vestire Steve Jobs, il mio eroe: indossava sempre le stesse cose ed era di un minimalismo pazzesco. Non a caso mi è piaciuto lavorare su Carnage di Polanski, con quattro attori e un costume ciascuno. Certo, ci devi pensare bene, ma, trovato l’abito, hai fatto quasi tutto. Mi ricordo Arancia Meccanica: il costume dei Drughi è tuttora, credo, il migliore che ho fatto, è ancora attuale. Anche lì, avuta l’idea, tutto è stato in discesa».
• Il grande rimpianto nella sua carriera è aver rifiutato l’offerta di George Lucas per i costumi di Guerre Stellari: «Avevo appena finito Barry Lyndon ed ero esausta, così ho perso quella meravigliosa opportunità. È l’unica cosa che rimpiango di non aver fatto. Da allora credo di aver preso decisioni abbastanza buone, anche per film che non hanno avuto tanto successo».
• «Gli italiani sono un po’ noiosetti. Le donne sono molto femminili, ma conformiste. A New York le signore di una certa età hanno uno stile incredibile. In Italia tendono a copiarsi. Ogni volta che torno però noto più individualismo».
• «Minuta, eleganza minimalista, capelli corti» (Gloria Satta).
• Stile impeccabile, una voce controllata, timida, riservata, non rilascia volentieri interviste ed è solita arrivare in ritardo.
• È sposata con l’attore Marshall Bell. Vive a Los Angeles.