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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Candido Cannavò

• Catania 29 novembre 1930 - Milano 22 febbraio 2009. Giornali-sta. Direttore della Gazzetta dello Sport dal 1983 al 2002, poi edi-torialista dello stesso quotidiano fino alla morte, avvenuta in seguito a un’emorragia cerebrale che l’ha colpito mentre si trovava nella mensa aziendale. «La Gazzetta è un partito, detto nel senso più nobile del termine, al quale si rimane iscritti per sempre».
• «I miei inizi appartengono a un’epoca in cui erano possibili le favole. A 5 anni sono rimasto orfano di padre, e mia madre si è trovata a mantenere sei figli, tre maschi e tre femmine. Era una grandissima sarta, nel 1924 lei, donna siciliana, andava a Parigi. Nel dopoguerra la situazione a Catania era gravissima, non sono mancati i periodi di fame, però, vendendo le case di proprietà, mia madre è riuscita a farci laureare tutti. Io quasi: ho seguito il corso di laurea in Medicina, per quattro anni. In quel periodo amavo molto l’atletica leggera, la studiavo anche, mi ero formato una cer-ta competenza, leggevo l’americano Comstock, allora un mito dell’atletica. Così un giorno all’università uno del giornale La Si-cilia mi invitò a scrivere qualcosa. Ho iniziato nel 1948 a pubblicare, ai tempi dei Giochi di Londra».
• «La raccolta delle sue lettere aperte ai tanti “scandalosi” campio-ni che negli anni hanno prima carpito e poi tradito la sua buona fede sarà un giorno riconosciuta come un capolavoro della lette-ratura arcadica, sul tema dell’idillio infranto e del bene sopraffat-to dal male. Un grido di dolore da cui emerge il ritratto balzac-chiano di un padre della Patria, tra Goriot e Geppetto, umiliato e deriso dai suoi stessi figliocci immaginari. Da Alberto Tomba a Valentino Rossi, passando per Marco Pantani e Ivan Basso, i campioni del calcio e dell’atletica. Candiduzzo ogni volta barcol-la incredulo, stupefatto, incassa, reagisce, rifiuta l’evidenza, crol-la. E ogni volta risorge più forte di prima, aggrappandosi a una nuova figura della sua inesauribile Arcadia, assediata dalla brama di potere e di denaro» (Giancarlo Dotto).
• Sul doping nel ciclismo: «Ho chiesto nell’ambiente il nome di un solo corridore sul cui nome si possa mettere la mano sul fuoco: nessuno ha saputo pronunciarlo» (GdS, 30 luglio 2007).
• Ha scritto un trittico di impegno sociale: Libertà dietro le sbarre (2004), E li chiamano disabili (2005), Pretacci. Storie di uomini che portano il Vangelo sul marciapiede (2007), tutti editi da Rizzoli.
•  Riposa al Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, a fianco di Peppino Meazza.