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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Luca Canali

• Roma 3 settembre 1925 - Roma 8 giugno 2014. Latinista. Scrittore. Poeta. Storico. Ha insegnato Letteratura latina nelle Università di Roma e Pisa. È stato autore di opere di narrativa e di numerosi testi di saggistica. Studioso di Cesare. Ha raccontato la sua vita nel romanzo Autobiografia di un baro (1984). Nel 1995 finalista al premio Strega con Nei pleniluni sereni.
• «Dal 1981 si è dedicato esclusivamente all’attività critica e letteraria ed ha molto tradotto: tutta l’opera di Virgilio, Lucrezio ecc.» (Doriano Fasoli) Ultimi libri: Archivio rosso (Manni editore 2007), Fuori dalla grazia (Bompiani 2008), Lampi (Passigli editori 2011), Augusto, braccio violento della storia (Bompiani 2011).
• Ha rivisitato il Satyricon (1999) e collaborato con Fellini per la realizzazione dell’omonimo film. «Diventammo amici. Per come si poteva intendere l’amicizia con Fellini. Qualcosa di volatile».
• «Prima di tutto occorre essere autentici poeti per tradurre altri poeti. Ma, ancor meglio: poeti e filologi nel contempo» (Franco Manzoni) [Cds 4/8/2000].
• «Mio padre faceva il carbonaio, mia madre era una maestrina. Ambiziosetta, mi mandò prima dalle suore inglesi e poi al Visconti: otto anni tra ginnasio e liceo. Frequentato da gente chic. Ero il solo a evidenziare un certo complesso di inferiorità. Vestivo male, portavo i maglioni dismessi da mio padre. Devo dire che i compagni di classe non avevano atteggiamenti di superiorità, erano i professori a discriminarmi un po’ (…) Cercavo il riscatto negli studi. Mi mostrai bravo in latino e greco. Mi laureai con una tesi su Lucrezio, Con il terribile Ettore Paratore. Mi diede 110. Commentò, in seguito, che non poteva dare la lode a un comunista. Divenni suo assistente» (ad Antonio Gnoli, Rep 29/9/2013).
• «Un professore di storia dell’arte ci aprì la testa leggendoci I fiori del male di Baudelaire e Le elegie duinesi di Rilke. Cominciai così ad amare la letteratura. A 16 anni scrissi le mie prime poesie che Ungaretti, con mia sorpresa, pubblicò sulla Fiera letteraria» (Gnoli, cit.).
• «È della generazione che ha vissuto su se stessa gli anni del fascismo, della guerra, della sconfitta, della dissoluzione dello Stato, poi quelli mitici della Resistenza; infine, come sua preistoria, la militanza comunista fino alla desacralizzazione di Stalin. Praticò giovanissimo l’oratoria, quindi i postriboli, nonché il carcere Regina Coeli. Aveva cominciato a scrivere poesie a diciott’anni, ispirandosi alla fatica degli operai che scavavano gallerie sui fianchi del Soratte per il generale Kesselring. Si convertì al latino per amore di Lucrezio (...) Al liceo Visconti fu dapprima pessimo, poi ottimo studente, ma privato dell’agognato cimento degli esami di maturità classica per l’assoluzione plenaria del 1943, anno della disfatta. Nel Pci percorse altresì una lunga, ardua trafila (attacchino e uomo di shock, capocellula, agitprop di sezione, segretario politico di cinque sezioni – Centro, Monti, Mazzini, Ludovisi, Prenestino –, infine membro del Comitato federale (...), fino alla radiazione per “revisionismo”, idest gorbaciovismo ante litteram. Nelle secche della scuola privata giunse fino alla poltrona di preside, da cui fu rimosso come corpo estraneo a quei meccanismi molto ben oliati. A sbalzarlo invece dalla cattedra universitaria, capolavoro del destino, provvide una severissima nevrosi» (Felice Piemontese, Autodizionario degli scrittori italiani, Leonardo 1992).
• «Anch’io oggi rifuggo ogni etichetta. Non sono “niente” tranne che “di sinistra”. Per me essere “di sinistra” oggi vuol dire essere contro questo governo, contro la sua “cultura” furbesca, la sua tv miserabile» (Giuseppina Manin) [Cds 4/1/2003].
• Insegnò all’Università di Pisa per 15 anni ma lasciò per depressione e una psiconevrosi fobico-ossessiva.
• Grande donnaiolo, ha confessato di aver sofferto di una nevrosi sessuale: «Quando mi innamoravo di una donna e subentravano gli affetti, non riuscivo più a fare l’amore fisico. Mi sembrava di commettere un incesto, perché quella donna diventava per me una sorella». (Gnoli, cit.)
• Era rimasto vedovo. «Mia moglie è morta da parecchi anni. Fu un errore sposarmi. Non ero adatto. Ha molto sofferto. Mi sono occupato di quell’opera colossale che fu l’impero romano e la sua caduta, e non vedevo che la decadenza era in casa» (cit.).
• Due figlie, di cui una segreta.
• Innamorato di Roma. «Sento che non saprei vivere altrove» (Lauretta Colonnelli) [Cds 15/3/2011].
• «Invecchiando in solitudine Canali era diventato l’ombra di se stesso. La sua bibliografia, tra saggi, traduzioni, narrativa e poesia, è infinita (Giunti ha pubblicato proprio in questi giorni Pax alla romana. Gli eterni vizi del potere , scritto a quattro mani con Lorenzo Perilli), ma lui stesso ammise che spesso scriveva per terapia. Se nella scrittura e nella letteratura cerchiamo qualcosa che ci faccia conoscere meglio gli uomini e la loro sorte, Canali resta un autore di singolare e (posso dirlo?) perverso fascino. Suo malgrado, un testimone-protagonista del nostro recente passato» (Paolo Mauri) [Rep 9/6/2014].