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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Sonya Caleffi

Como 21 luglio 1970. Serial killer. Infermiera. Condannata a vent’anni per aver ucciso cinque pazienti all’ospedale di Lecco (più due tentati omicidi). Arrestata a fine 2004. Sconta la pena nel carcere di Bollate.
• «Vita da infermiera dura e secchiona eclissata dalla bestia che le è nata dentro, e che l’ha portata ad ammazzare uno dopo l’altro i vecchietti che le arrivavano in reparto, all’ospedale di Lecco, senza neanche sapere perché. “Lo facevo per richiamare l’attenzione su di me, per farli salvare, per far vedere come ero brava”, disse la notte in cui venne arrestata. “Lo faceva perché odiava l’ospedale” ha detto lo psichiatra che l’ha studiata in carcere. Il racconto dell’ultimo omicidio: “Quando ho visto che la signora era in condizioni critiche, perché era già arrivata in reparto dal Pronto soccorso con una prognosi che non avrebbe superato la serata, io mi sono ritrovata a somministrarle la terapia che mi era stata detta dal medico. E poi ho questa immagine di me che inietto questa aria. L’impulso è un impulso che non so ricordare, non so definire. Quello che mi spingeva era aggravare la situazione che già preesisteva al fine di creare una situazione di maggiore tensione, e quindi l’intervento di altro personale, di cure più tempestive nelle quali io potessi avere un ruolo determinante, che poi di fatto non c’è mai stato”. Se tutto questo appartenga al regno della semplice devianza o della pura follia, nel processo si è discusso a lungo. Alla fine, la sentenza dice che Sonya Caleffi è sana di mente. Anche i periti, d’altronde, avevano concluso per “un disturbo complesso della personalità” che però lasciava inalterata nell’infermiera la capacità di intendere e di volere» (Luca Fazzo) [Rep 11/7/2006].
• Ugo Fornari, psichiatra incaricato dal Gip del Tribunale di Lecco, nel 2005: «Ha la morte dentro. È il classico esempio di serial killer. Il suo comportamento era lucido e pianificato. Soffre di disturbi legati nell’età giovanile a quel rapporto difficile con la morte» (Angelo Panzeri) [Cds 29/6/2005].
• Già prima della sentenza di primo grado, aveva cominciato a lavorare come operatrice del call center di Telecom all’interno del carcere di San Vittore.
• Al termine del processo di primo grado, che la condannò a venti anni di carcere, si mostrò pentita: «“Chiedo perdono per quello che ho fatto. Ora sono un’altra persona, in carcere mi hanno curata e se mi guardo indietro non mi ci ritrovo più» [Luigi Corvi, Cds 11/7/2006].
• Uno dei motivi che le risparmiò l’ergastolo nel processo d’Appello fu la relazione dello psicologo di San Vittore, Andrea Perico: «Nel documento si afferma che “non è pensabile oggi, a breve termine, un pieno raggiungimento di sé” di Sonya Caleffi ma a partire dall’inverno 2006-2007 la “distanza dal mondo dell’infermiera sembra notevolmente ridotta” e la detenuta ha iniziato a “sentire le responsabilità”» (Emanuele Caso) [Cds 14/12/2007].
• Nell’agosto del 2008 l’Ospedale Manzoni di Lecco decise di risarcire i familiari delle vittime della Caleffi con una cifra complessiva di circa 400 mila euro.
• Si è sposata nel 2010 a San Vittore con un detenuto che faceva lavori idraulici nelle celle (Grazia Longo) [Sta 29/11/2011].
• Il suo avvocato, Claudio Rea, ha raccontato la storia in un legal-thriller: Difesa d’ufficio (Dalai, 2012).