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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Urbano Cairo

• Milano 21 maggio 1957. Editore. Imprenditore. Padrone del Torino, di La7 e dal 15 luglio 2016 anche presidente e ad di Rcs (con 59,69%). «Lui è convinto che la carta no, non morirà» (Enrico Mentana).
• Giovanni Pons: «Il 15 luglio della finanza italiana potrebbe essere ricordato dunque come la disfatta dell’ultimo salotto buono. Con Urbano Cairo, l’editore dei settimanali nazionalpopolari, che espugna il fortino di Mediobanca nel quale sono asserragliati Alberto Nagel, Marco Tronchetti Provera, Carlo Cimbri, Diego Della Valle e Andrea Bonomi». Cairo, infatti si è portato a casa l’Rcs il 48,8% (contro il 37,7 di Bonomi&Co.) [Rep. 16/7/2016]. Andrea Montanari: «L’offerta pubblica di acquisto e scambio (Ops) promossa dalla Cairo Communication a un concambio di 0,18 azioni a fronte di 1 titolo e un conguaglio cash di 0,25 euro per azione, con il supporto fondamentale degli advisor di Banca Imi ed Equita, dello studio legale BonelliErede, di Massimo Ferrari e dei proxy advisor Georgeson e Sodali, al termine del periodo d’offerta (venerdì 15 luglio) ha raccolto 254,786 milioni di azioni del gruppo di via Rizzoli, pari al 48,82% del capitale. Grazie non solo all’appoggio dei fondi ma soprattutto del retail: circa 140mila piccoli azionisti, il 25% del capitale [M&F 16/7/2016].
• Dopo la vittoria per il controllo di Rcs, Urbano Cairo ha fatto sapere che intende prendere tutte le deleghe in azienda: «Sarò in prima linea. Sicuramente ciò che voglio è avere tutte le deleghe e capire quando esce un euro perché esce e come. Io guardo i numeri, sono 48,8% di adesioni contro il 37,7%. Mi sembra che sia una bella differenza, di questo sono contento. (…) La vera vittoria non è questa, è quella da fare in azienda. Un grande lavoro di sviluppo, efficienza, di valorizzazione delle risorse» [Askanews.it 18/7/2016; ilPost 16/7/2016] E poi ha aggiunto: «Bonomi? No, non ho parlato direttamente con lui ma con altri componenti della cordata, sembrano dei compagni di viaggio» (Urbano Cairo) [Askanews.it 18/7/2016].
VITA «Milanese di origini alessandrine. Mio nonno e mio zio facevano gli agricoltori». Laureato alla Bocconi, lavorò per Berlusconi in Publitalia e alla Mondadori: «Edilnord. 8880. Un centralone. “Mi passa il dott. Berlusconi?”. Mi passano la segretaria. “Signora buongiorno, sono uno studente della Bocconi, vorrei parlare col dott. Berlusconi”. “Se vuol dire a me io riferisco senz’altro”. “No, guardi, vorrei parlare con lui, richiamerò”. Metto giù e ci ripenso. Due ore dopo richiamo. Di nuovo la segretaria. “Signora, sono sempre io. Ho due idee eccezionali che vorrei spiegare al dottor Berlusconi. Se lei non mi permette di parlare con lui, lei rischia davvero di fargli un danno”. Mi fissò un appuntamento con Marcello Dell’Utri. E poi con Berlusconi». In proprio dal 1995, nel 1999 acquista Giorgio Mondadori editore. Oggi dirige un gruppo che opera nella raccolta della pubblicità e nell’editoria: la Cairo Communication, società capogruppo quotata in Borsa, che controlla Cairo Editore (periodici e libri), Editoriale Giorgio Mondadori, Cairo Pubblicità, Cairo Directory, Cairo Web, Cairo Sport.
• «Quando è nata Cairo pubblicità non avevo neanche l’ufficio: c’ero solo io, il telefonino e un’idea: mettere in piedi una concessionaria diversa. Più focalizzata: poche cose ma fatte bene. E multimediale, per offrire un pacchetto completo».
• Ha aggiunto alle testate storiche della Giorgio Mondadori (Airone, Bell’Italia ecc.) nuovi magazine popolari che sono andati all’attacco delle corazzate del settore: DiPiù e DiPiù Tv, dirette da Sandro Mayer (strappato alla Rusconi dove dirigeva Gente), e Diva e donna, diretto da Silvana Giacobini, che alla Mondadori dirigeva Chi.
• Editore di carta che più di carta non si può (internet non lo prende neanche in considerazione), «ridendo e scherzando ha sviluppato una casa editrice che, non esitando ad andare in edicola a 50 centesimi, fattura 320 milioni e ne ha guadagnati 18 nel 2012» (Giovanni Pons) [Rep 19/2/2013]. Il gruppo, che ha sede in corso Magenta a Milano, e che a inizio 2004 vendeva zero copie di settimanali, ora si consolida a quota 1,9 milioni ogni sette giorni (Dipiù, Dipiù Tv, Tv Mia, Diva & Donna, Settimanale Nuovo, F), diventando il primo venditore di settimanali popolari d’Italia (rosicchiando quote di mercato anche a Mondadori). [Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 17/7/2012]
• Il 4 marzo 2013, dopo lunghe trattative, ha acquistato da Telecom l’emittente tv La7 con un’offerta da 100 milioni di euro, trionfando sulle proposte di Claudio Sposito, presidente del fondo Clessidra e di Diego Della Valle, patron di Tod’s: «Apprendo la notizia con positività. Ho davanti un compito molto difficile ma esaltante. L’azienda nell’ultimo decennio ha perso 100 milioni all’anno e va risanata in tempi rapidi, senza modificare la linea editoriale, ma tagliando i costi in eccesso». Cairo ha giurato che non «lo farò indistintamente, ma caso per caso. Su Santoro non si può risparmiare, per esempio. Sui costi generali, invece, circa 24 milioni, si può intervenire, senza ledere la qualità di La7». Racconta che quando ha visto che nel 2012 erano stati spesi 500 mila euro di taxi si è sentito quasi male. «Sarà un problema per la categoria dei tassisti a Roma, ma noi risparmieremo»
• «La7 perdeva cento milioni all’anno. Mentre studiavo i bilanci, un giorno, sono stato folgorato da un pensiero. Mi stavo lavando le mani in bagno, ho guardato l’orologio e ho pensato: è passato un minuto. Ecco, ho perso mille euro» [Salvatore Merlo, Fog 10/5/2014]. A otto mesi dall’acquisto (era il 2013) La7 raggiunse il pareggio [Giuseppe Bottero, La Stampa 9/4/2016].
• Dal 2013 azionista Rcs, si è opposto fino all’ultimo alla vendita delle sedi della Gazzetta dello Sport e del Corriere della Sera (cedute il 13 novembre 2013 al fondo Blackstone): «Entro in punta di piedi. È solo un piccolo contributo da editore puro. Sono molto legato a Rcs, 18 anni fa cominciai questo mestiere prendendo in concessione la raccolta pubblicitaria di Io Donna e Tv7». Così Urbano Cairo ha spiegato il suo ingresso in Rcs Mediagroup con il 2,8% del capitale, attraverso l’acquisto di 200 mila titoli ordinari e la conversione di 4 milioni di diritti di opzione in 11,78 milioni di azioni. Per entrare in Rcs ha speso 14,9 milioni di euro.
• Luca Fornovo: «Eppure chi conosce Cairo sa che il suo grande sogno nel cassetto è fare un grande quotidiano popolare, magari un cocktail di sport e gossip sul modello del giornale americano New York Post. Un sogno che chissà forse potrebbe coronare un giorno con la Gazzetta dello Sport?». [Luca Fornovo, La Stampa 19/7/2013].
• E così è stato. Venerdì 8 aprile 2016, ha annunciato un’offerta per ottenere la maggioranza delle azioni di Rizzoli-Corriere della Sera Media Group S.p.a. (Rcs), uno dei più importanti gruppi editoriali italiani e attuale proprietario del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport [il Post 9/4/2016]. Montanari: «Dopo tre anni Cairo completa quel progetto che aveva in mente sin dall’ingresso nel capitale: conquistare la disastrata Rcs Mediagroup e dimostrare di essere un editore-ristrutturatore-risanatore come ha avuto modo di fare con La7» [Andrea Montanari, MilanoFinanza 9/4/2016].
• La proposta di Cairo consiste in una Offerta pubblica di scambio volontaria (Ops) che dovrebbe prendere avvio entro 50 giorni al massimo: in pratica vuole scambiare delle azioni della Cairo Communication, la sua principale società, con quelle di Rcs. Il rapporto è di 0,12 a 1, il che significa che per avere un’azione della Cairo Communication (che oggi vale 4,6 euro) servono 8,333 azioni Rcs (che oggi valgono 0,455 euro). In virtù di questo, nella proposta di Cairo la valorizzazione delle azioni Rcs risulta pari a 0,551 euro [MilanoFinanza 9/4/2016]. Repubblica ha stimato che stando alla sua attuale quotazione in Borsa, Rizzoli vale 287 milioni di euro: l’offerta di Cairo, che già ne possiede il 4,6% ma a titolo personale, riguarda almeno il 50% più una delle azioni (sotto questa soglia non se ne fa nulla), per cui un valore complessivo di circa 140 milioni di euro [Il Post 9/4/2016].
• «Piano, piano. Siamo solo al primo minuto di una partita che ne durerà altri 89, più recupero. Abbiamo assistito a un bellissimo gol di Cairo, ma l’esito di questa partita è tutt’altro che scontato. Ma ora i nostri bilanci vanno bene e confido che saprà risanare anche il conto economico della Rcs» (Enrico Mentana) [Aldo Fontanarosa, Cds 10/4/2016].
• Da tangentopoli (falso in bilancio) uscì con un patteggiamento («Ritenevo fosse la cosa più giusta pur non avendo fatto nulla»).
• «Molti lo chiamano, non certo per fargli un complimento, Berluschino ma quel giovane manager, diventato grande da tempo, cammina con le sue gambe e anzi rivendica spesso: “a Berlusconi faccio concorrenza”. Un po’ perché di diminutivo, nella considerazione che Cairo ha di se stesso c’è davvero poco. Per capirlo basta ricordare il regalo che fece proprio a Silvio e Veronica per le loro nozze: un ritratto, il suo, opera della pittrice Lila De Nobili» [Francesco Manacorda, Sta 20/2/2013].
• Sempre gioviale, ambizioso, simpatico, alla mano. Creativo il doppio. Riesce a organizzare pensieri e azioni solo camminando. «All’autista chiedo di seguirmi, e mentre cammino la mia mente è al lavoro. Se non cammino non penso, se non penso non costruisco. Più dei soldi mi sazia l’ambizione del progetto: vedere cosa ho fatto e cosa riesco ancora a fare» [Antonello Caporale, Fat 7/2/2013].
• Claudio Sabelli Fioretti lo ha intervistato nel dicembre 2005: «Lei come si pone nei confronti dell’adulazione? “L’adulazione servile mi dà fastidio. Ma se è fatta con un po’ di ironia, mi fa piacere”. I suoi difetti. “Sono impaziente e disordinato”. L’errore della sua vita. “Dovevo cominciare a fare l’imprenditore cinque anni prima”. La televisione che non le piace. “Quella urlata. Quella delle liti. Quella della violenza”». [Claudio Sabelli Fioretti, Corriere della Sera Magazine 12/2005]
• Dice di non aver mai licenziato nessuno [Antonello Caporale, Fat 7/2/2013]:
«Bisogna tagliare, ma con intelligenza. Per esempio io sono contrario ai prepensionamenti. Nei giornali mandano via i giornalisti per fasce d’età. È un’idiozia. Uno lo mandi via perché non lavora, o perché lavora male e c’è uno più bravo di lui. Non perché ha sessant’anni. I giovani hanno energie, ma i più anziani hanno l’esperienza e il mestiere. E i giornali si fanno col mestiere» (a Merlo) [Fog 10/5/2014].
• «Non è vero che con i giornali non si possono fare soldi. Io li faccio. Ma quando fai un giornale devi parlare al pubblico, devi rendere appetibile il prodotto. E quindi devi pensare con la testa di chi compra, non con la testa dei padroni. Altrimenti la gente se ne accorge. Certe volte ho l’impressione che alcuni editori italiani non siano interessati a vendere. Presidiano uno spazio, per ragioni d’interesse finanziario o politico, per proteggere altre loro attività. I miei mensili e settimanali possono non piacere a qualcuno. Ma fanno utili. E forse li fanno proprio perché sono un editore puro» (a Salvatore Merlo) [Fog 10/5/2014].
• «Non abbiamo mai discusso della linea politica del tg. Lui non ragiona in questi termini. Basta guardare i programmi di La7 che sono affidati a giornalisti dalle idee le più diverse. Qui da noi – credetemi – fanno tutti il cavolo che gli pare. Cairo ha fatto sua la massima di Deng Xiaoping: non importa se il gatto sia bianco o nero, conta che mangi il topo. L’editore si preoccupa della qualità delle trasmissioni, dei ricavi pubblicitari, mentre nutre quasi disinteresse per gli aspetti politici» (Enrico Mentana) [Aldo Fontanarosa, Cds 10/4/2016].
• «Internet non lo capisco. Non c’è un modello di business. Non capisco come si fanno i soldi, dunque non me ne occupo. Da internet non si guadagna, eppure i gruppi editoriali aprono siti internet. E sa che succede? Succede che il sito cannibalizza la carta, cioè fa concorrenza al prodotto, quello vero, quello più rifinito, quello con il quale – in realtà – si potrebbero fare i soldi. Questo avviene in Rcs, per esempio. E anche al gruppo Espresso» (a Salvatore Merlo) [Fog 10/5/2014].
• «L’uomo ha già dimostrato di essere un amante dell’“usato sicuro”. Compra società che sono decotte o quasi e poi, senza colpi d’ala ma con grande costanza, le rimette in sesto, scegliendo manager, direttori e allenatori non esattamente di primo pelo, ma di provata capacità ed esperienza. È successo con il Torino, che ha preso nel 2005 per un pugno di euro dopo il fallimento; è accaduto con l’acquisto di attività editoriali, a partire dalla Giorgio Mondadori. Nella pubblicità, invece, si è fatto da solo o quasi: nel ’95 ha fondato la sua concessionaria pubblicitaria e cinque anni dopo ha quotato in Borsa la sua Cairo Communication» (Giorgio Meletti) [Fat. 19/2/2013].
• L’acquisto del Torino avvenne alla fine del campionato 2004-2005. La squadra aveva conquistato la serie A, ma una fidejussione del proprietario Francesco Cimminelli risultò fasulla. Ergo: fallimento e titolo sportivo a disposizione di chi lo voleva. Rintuzzato il tentativo di un imprenditore laziale, Luca Giovannone, forse prestanome di Claudio Lotito, Cairo,– sostenuto pienamente dal sindaco, dalla Stampa e dai tifosi, – riuscì a rifondare la società.
• Da giovane giocava a calcio: «Ero un “veneziano”, un’ala destra dribblomane. Mi ispiravo a Claudio Sala, il Poeta del Toro dello scudetto 1976».
• «Il calcio è il gioco più bello del mondo che regala grandi emozioni ed entusiasmo, caratteristiche che debbono essere presenti anche nell’editoria» [Franco Bramardo, Gds 22/2/2013].
• In una puntata di Sky calcio show disse che avrebbe voluto rinascere Silvio Berlusconi. Nel 2013, smentisce e afferma: «Sono contento di essere come sono, con pregi e difetti. E vorrei rinascere Urbano Cairo» [Massimo Sideri, Cds 20/2/2013].
• «Il primo voto l’ho dato alla Dc, nel ’75, quando c’era Benigno Zaccagnini. Poi ho cambiato. Non ho mai votato per il Msi o per la Lega. Forza Italia? L’ho votata nel ’94» (nel 2005).
• Sposato in terze nozze (dopo Tove Hornelius e Anna Cataldi) con Mali Pelandini, madre di tre dei suoi quattro figli.