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 2012  maggio 16 Mercoledì calendario

In Grecia si torna a votare. Il tentativo del presidente Karolos Papoulias di dare alla crisi una soluzione italiana (governo tecnico supportato dall’esterno dai sette partiti) è naufragato contro la ferma volontà di Alexis Tsipas di non accettare correzioni alla linea: respingere prima di tutto gli accordi con la Triade, Ue-Bce-Fmi

In Grecia si torna a votare. Il tentativo del presidente Karolos Papoulias di dare alla crisi una soluzione italiana (governo tecnico supportato dall’esterno dai sette partiti) è naufragato contro la ferma volontà di Alexis Tsipas di non accettare correzioni alla linea: respingere prima di tutto gli accordi con la Triade, Ue-Bce-Fmi. Si andrà alle urne il 10 o il 17 giugno.

• Le Borse?

Le Borse hanno fatto in tempo a capire quello che stava succedendo e sono andate giù: Milano (la peggiore) -2,18% con lo spread a 440 (lunedì era a 425), Parigi -1,16%, Francoforte -1,39%, Londra -0,94%, Madrid -1,11%, Lisbona -1,57%. L’euro s’è indebolito e sta adesso a 1,2770 contro il dollaro.

• Che cosa ci dobbiamo aspettare?

Ieri scadeva un bond da 450 milioni, tranche di un prestito complessivo da 6 miliardi, e Atene lo ha rimborsato, segno che una volontà di star dentro alle regole finanziarie dell’unione esiste. Quanto al resto, dipenderà dal voto, naturalmente. Gli ultimi sondaggi dànno Syryza, l’alleanza di estrema sinistra guidata da Alessio Tsipas, vincitrice delle prossime elezioni con poco più del 20% dei suffragi. Questo significa che anche col premio di 50 seggi, spettante al partito più votato, Tsipas non sarà in grado di formare un governo. A meno che non venga a più miti consigli sulla faccenda dei sacrifici. In altri termini: a metà giugno potremmo trovarci esattamente nella stessa situazione di adesso. A quel punto, bisognerà vedere come si comporterà l’Europa, cioè la Germania.

• Che significa?

Se la Grecia avrà tagliato di altri 11,5 miliardi il bilancio, come previsto dagli accordi, l’Europa potrebbe chiudere gli occhi sull’incertezza della situazione politica e versare lo stesso i 30 miliardi della tranche di prestito prevista per giugno. Questo metterebbe il Paese in sicurezza per qualche mese. E c’è una certa probabilità che la Merkel non si metta di traverso su questa linea perché il fallimento di Atene potrebbe essere più costoso (specie a breve termine) del suo salvataggio. Il versamento dei 30 miliardi darebbe inoltre ai greci il tempo di venire a capo del loro guazzabuglio politico. Anche Tsipas deve tenere conto dei sondaggi: è vero che il 70 per cento dei greci rifiuta le tagliole di Fmi-Bce-Ue, ma è altrettanto vero che il 70% dei greci non vuole uscire dall’euro.

Facciamo adesso l’altro scenario: i greci non tagliano gli undici miliardi e mezzo e la Germania decide di lasciarli andare.

Gli esperti dicono che due anni fa sarebbe stata una catastrofe anche per l’Europa, che l’anno scorso sarebbe stata durissima e che adesso invece il default sarebbe sopportabile. Mah: ho la sensazione che la verità, su questo punto, non la sappia nessuno. In ogni caso: i crediti greci in Europa equivalgono a 200 miliardi, e questa dunque è la prima perdita da mettere in conto (per ogni italiano si tratterebbe di un migliaio di euro). C’è poi l’effetto domino, su cui non vengono fornite – volutamente – informazioni troppo precise. Ci sarebbero le munizioni per salvare Portogallo e Irlanda, è molto dubbio che si possa salvare il sistema bancario spagnolo molto esposto su Atene. Come saprà, Madrid ha appena nazionalizzato Bankia e con questa sola mossa si è già ridotta allo stremo. Se il default di Atene portasse con sé una crisi spagnola, l’Italia potrebbe resistere? Intanto è sicuro che il ritorno della dracma avrebbe come effetto collaterale l’innalzarsi di tutti gli spread con i Bund tedeschi. Potremmo trovarci nuovamente con interessi sui nostri Btp al 7%. Mettiamo nel conto una certa fuga di capitali verso la Germania: i tanti euro trasfornati in dracme dei depositi greci, spaventerebbero infatti i correntisti dei paesi a rischio i quali sarebbero spinti a spostare i loro depositi in qualche paese sicuro. Per non correre il rischio di vedersi trasformati i preziosi euro in miserabili lire o pesos.

Perché la dracma, naturalmente, varrebbe meno dell’euro.

La Grecia dovrebbe annunciare l’abbandono della moneta unica durante un week end. La trasformazione avverrebbe secondo il concambio di dieci anni fa, cioè 340,75 dracme per ogni euro in deposito. Nel primo minuto, il concambio sarebbe 1 a 1, cioè 1 euro per 1 dracma (in questo modo non ci sarebbero da fare troppe operazioni ai bancomat). Dal secondo minuto in poi, la dracma comincerebbe a perdere valore, si prevede fino dimezzare il valore iniziale (ma noi crediamo che scenderebbe molto, molto di più). L’inflazione andrebbe rapidamente al 20% come minimo. Nei giorni precedenti alla trasformazione, l’esercito presidierebbe le banche per impedire prelievi superiori ai 50 o ai 100 euro. Nei giorni successivi la benzina e altri generi di prima necessità sarebbero razionati. Alcuni esperti calcolano che non ci sarebbero troppi vantaggi neanche dai prezzi concorrenziali di turismo ed esportazioni agricole. Misalis Chrichoidis, attuale ministro dell’Interno, paventa lo scoppio dell guerra civile e l’imperversare  «di bande armate di kalashnikov, in guerra l’una con l’altra per prendersi il potere». È infatti possibile che per l’uscita della Grecia dall’euro complottino, oltre ai russi e ai cinesi, che hanno mire serie sulle infrastrutture del Paese, anche le grandi centrali della malavita, vogliose di mettere sotto controllo un altro territorio dopo il Kosovo.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 16 maggio 2010]