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 2012  maggio 11 Venerdì calendario

Ieri c’è stato un turbine di dichiarazioni politiche da parte di membri del governo, di cui forse non varebbe neanche la pena di parlare, se non rappresentassero un momento della partita che si sta giocando tra Monti e le forze politiche, e in particolar modo tra Monti e il Popolo della Libertà, una formazione uscita addirittura sfigurata dalle amministrative

Ieri c’è stato un turbine di dichiarazioni politiche da parte di membri del governo, di cui forse non varebbe neanche la pena di parlare, se non rappresentassero un momento della partita che si sta giocando tra Monti e le forze politiche, e in particolar modo tra Monti e il Popolo della Libertà, una formazione uscita addirittura sfigurata dalle amministrative. Monti ha scritto una lettera al capo dello stato che ieri festeggiava i sei anni dall’elezione al Quirinale. Il passaggio chiave è questo: «Per il governo, e per me personalmente, Lei (cioè Napolitano, ndr) rappresenta un punto di riferimento sicuro, una fonte di ispirazione che ci permette di impegnarci con determinazione nella realizzazione del mandato che Lei ci ha affidato». Decrittiamo: non mollo, per quante me ne dicano. Ci sono poi considerazioni del ministro Passera. Considerazioni piuttosto gravi: «Il disagio sociale e diffuso legato alla mancanza di lavoro in Italia è più ampio di quello che le statistiche dicono. Se mettiamo insieme disoccupati, inoccupati, sottoccupati e sospesi arriviamo a 5-6, forse 7 milioni di persone. Se moltiplichiamo per i loro familiari arriviamo alla metà della nostra società. Non sono soltanto a rischio i consumi e gli investimenti ma anche tenuta economica e sociale del Paese». Ecco la Fornero: «La riforma delle pensioni è stata molto dura e ha creato dei problemi a molte persone e molte famiglie. Problemi dei quali il governo è consapevole». Quindi Balduzzi, ministro della Salute: «È un momento di difesa: attenzione alle fasce fragili». L’insieme di queste dichiarazioni non può che significare: siamo consapevoli del disagio sociale che abbiamo provocato con le nostre misure, cercheremo di fare qualcosa, specialmente se l’Europa non ci paralizza.

Che cosa?

Ieri la Merkel ha escluso che si possa anche minimamente abbandonare la politica del rigore, eppure l’arrivo di Hollande all’Eliseo non può restare senza conseguenze. Monti sta chiedendo di togliere per tre anni dal capitolo “spese” gli investimenti. Questo ci darebbe un po’ di respiro per rispettare gli impegni che abbiamo preso. E d’altra parte, se non cercheremo di mettere alla voce “investimenti” gli aumenti per gli statali (faccio per dire), la cosa ha senso. Merkel ha anche escluso tassativamente gli euro-bond. Ma anche su questo si potrà lavorare, perché alla fine quella a cui conviene meno la fine dell’euro è proprio la Germania.

Questi sono provvedimenti che dipendono dall’Europa. E le cose che possono fare i tecnici, invece?

Qui Pdl e Pd, dopo le amministrative – andate bene a Grillo e andate male per tutti gli altri, Bersani compreso –, sono partiti all’attacco per far allargare i cordoni della borsa a  Monti e Passera. È quello che succedeva quando il duro lo faceva Tremonti, ma la differenza adesso è questa: Grillo rischia di mangiarsi un bel pezzo di sinistra e il centro-destra è a sua volta alla canna del gas, dico “centro-destra” e intendo dire soprattutto Pdl (la Lega ha l’aria di un partito in liquidazione, del quale forse non vale più troppo la pena di occuparsi). La dichiarazione di Ferrara di lunedì scorso («Berlusconi non ha la minima idea di che cosa fare, non ha idee sulle alleanze future» eccetera) è quella che fotografa meglio la situazione in termini politici. In termini numerici, basta dare un’occhiata all’analisi dei risultati preparata dall’Istituto Cattaneo per capire le dimensioni del problema. Lasciando perdere Parma, il cui tracollo è esagerato (dal 50,7 al 4,7 per cento dei voti), generalmente nelle grandi città dove il voto è relativamente più politico il centrodestra è passato più o meno dal 30 al 10 per cento. Non so: Gorizia, dal 39,74 al 14; Brindisi, dal 26,51 all’8,9; Genova, dal 28,85 al 9,2; Palermo, dal 25,2 all’8,3. Eccetera. I pidiellini dicono che questo tracollo dipende dal sostegno a Monti. Ma non può essere vero.

Perché?

Perché Casini ha tenuto, Bersani ha perso solo un 5%, Di Pietro e la Lega, che avversano Monti a testa quasi bassa, non hanno guadagnato niente. Quindi l’appoggio a Monti può essere costato qualcosa, ma non è lì il punto.

• E qual è allora?

Non hanno costoro governato fino a sei mesi fa? Sì, e lo sanno, tanto è vero che sono sensibilissimi a qualunque accenno alle loro responsabilità. Pagano dunque intanto per il poco – e confuso - che hanno in genere realizzato. Hanno poi fatto qualcosa per diminuire i privilegi della casta? Niente di niente. Sono consapevoli del fatto che il guaio economico-finanziario è in parte colpa della contingenza internazionale, ma che è anche colpa della dissennata politica di sperperi e di gloria al demerito praticata dai governi che si sono succeduti in questo dopoguerra, compresi da ultimo i governi Berlusconi? E che dire della corruzione, che – distribuendo ingiustizie in tutte le direzioni – ha fatto perdere in modo particolare al centro-destra ogni credibilità? Si vorrebbe sentire qualche parola su questo.

Invece?

Invece Berlusconi spera che il governo si tolga di mezzo da sé. Lui non può farlo cadere, per quanto i suoi premano, perché la prova elettorale sarebbe una catastrofe. Il Pdl accinge perciò a dire molti “no”, senza però portare questo atteggiamento alle estreme conseguenze. Anche se tutti dicono che il voto a ottobre è escluso, non mi pare un comportamento che possa durare un anno intero.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 11 maggio 2012]