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 2012  maggio 08 Martedì calendario

Gambizzato l’ad di Ansaldo Nucleare. Come le Br

• Alle otto e dieci di ieri mattina Roberto Adinolfi, 59 anni, amministratore delegato della Ansaldo Nucleare, esce dal palazzo genovese in cui abita, al civico 14 di via Montello. Nota appena due tizi con il casco su una Yamaha X-Max250, proprio davanti a casa sua, una stradina in discesa. Li supera e tira dritto, ma c’è qualcosa in quei due che lo insospettisce anche perché il passeggero scende appena lui li sorpassa. Adinolfi accelera, quello fa la stessa cosa. È chiaro, a questo punto, che aspettavano proprio lui. Il manager è spaventato, sta quasi correndo quando il tizio a piedi lo raggiunge. Ha nelle mani una pistola e fa fuoco tre volte, alle spalle, mirando alle gambe. Ma è uno solo il colpo che va a segno (appena sotto il ginocchio destro) e mentre il dirigente cade alcuni testimoni vedono l’aggressore rimontare in sella e sparire dietro la curva. Questa la cronaca dell’agguato che ha fatto ripiombare Genova nel clima di terrorismo. In serata gli inquirenti hanno definito il fatto hanno definito «altamente simbolico» e dalla tecnica che ricorda quella delle Brigate rosse. Però il procuratore capo Michele Di Lecce si mantiene cauto: «È evidente a tutti che non possiamo escludere la matrice terroristica, ma questo non significa che non prendiamo in esame altre possibilità. È troppo presto per tirare delle somme». Adinolfi comunque non è mai stato in pericolo di vita, è stato operato al ginocchio. [Fasano, Cds]

• Sul caso di Adinolfi scrive la Fasano sul Cds: «Informazioni base: i testimoni (fra loro un portinaio e uno dei tre figli del manager), le immagini delle telecamere, la Tokarev 7.62 di fabbricazione sovietica che ha sparato, le analisi scientifiche sulla moto ritrovata in una via del centro e i riflettori puntati sulla vita personale e professionale di Adinolfi. Ma a qualcuno degli investigatori, ieri pomeriggio, è venuto in mente anche un altro tassello: una lunga lettera di minacce arrivata i primi giorni di aprile nella sede Rai di Genova. Un fiume di parole spedite da Roma, battute con una vecchia macchina da scrivere e mescolate con polvere da sparo. Era un volantino che in qualche modo assolveva i grandi imprenditori “che bene o male danno da mangiare al popolo”, e diceva che “noi andremo a scremare quella classe che per prima pensa al vile denaro e alla posizione”. Annunciava un “botto dimostrativo” e prometteva: “Non saprete né quando né dove colpiremo”». 

• Sul caso di Adinolfi, i carabinieri stanno facendo controlli da ieri mattina anche sui grandi appalti dell’Ansaldo Nucleare, in particolare sul progetto di ricerca Iter da 150 milioni di euro: è un lavoro (nel Sud della Francia) per la costruzione di un prototipo di reattore a fusione nucleare invece che fissione, un piano che vedrà la luce, se tutto va bene, nel 2040. [Fasano, Cds]

• Roberto Adinolfi, 59 anni, tre figli, una moglie che insegna latino e greco al liceo Colombo, cattolico osservante. [Imarisio, Cds]

• Adinolfi, fisico atletico che ha trasmesso ai figli, il più grande lavora come praticante avvocato in un noto studio legale della città, gli altri due studiano ingegneria seguendo le tracce del padre, è diventato uno dei volti più riconoscibili del nucleare italiano. [Imarisio, Cds]

• Imarisio (Cds) ripercorre la storia dell’Ansaldo e dell’energia nucleare in Italia:  «L’azienda aveva il monopolio italiano nell’attività manifatturiera del settore. Faceva le centrali, anche all’estero, con oltre duemila dipendenti. Dopo Chernobyl e il primo referendum abrogativo del 1987 cambiò pelle. Adinolfi seguì di persona lo smantellamento delle centrali di Caorso e Montalto di Castro, e quel periodo operativo di dismissione fu l’unico che lo vide allontanarsi dalla ricerca, il suo territorio preferito. Ci tornò ben presto, con la carica di direttore generale, e poi di amministratore delegato, quando il ramo nucleare di Ansaldo divenne una società vera e propria. Oggi ha 180 dipendenti, tutti altamente qualificati, e si occupa di sviluppare gli studi nel campo dei reattori di terza generazione avanzata. L’ultimo lavoro diretto risale al 2007, costruzione di una centrale a Cernavoda, in Romania». 

• Scrive la Sarzanini sul Cds che l’agguato ad Adinolfi ha fatto scattare al Viminale la revisione di tutte le scorte e le tutele.