1 novembre 1977
Cinquemila persone al funerale di Curi
• Allo stadio Pian di Massiano di Perugia cinquemila persone partecipano al funerale di Renato Curi, calciatore morto il 30 ottobre per un malore durante la partita di calcio con la Juventus. La messa funebre è celebrata dall’arcivescovo mons. Ferdinando Lambruschini (sulla bara la maglia numero 8). Alle 6.30, nella camera ardente, Margherita Marinelli, madre di Curi (il padre è morto da tempo di infarto) si era gettata sul corpo del figlio urlando in un pianto disperato: «Perché te ne vai? Perché mi lasci?». La vedova, Clelia Buciacchio, racconta che la figlia Sabrina, 3 anni, è partita per Roma con una zia («Grazie per la vacanza, poi racconterò tutto a papà»). Il portiere Lamberto Boranga, perugino attualmente in forza al Varese, laureato in medicina, attacca: «Le responsabilità sono dei medici, è chiaro: di questi di Perugia che non completano l’indagine su un cardiopatico, ma anche di quelli di Coverciano che se la sbrigano dicendo che è meglio tenerlo d’occhio. Parliamo di cuore qui, mica di piedi piatti. Però non fermiamoci ai medici che sono in fondo soltanto un organo tecnico con un po’ di etica in più, ma altrettanto soggetti a pressioni. Andiamo all’origine: vorrei sapere il prezzo esatto di Curi nel passaggio dal Como al Perugia, perché quello io lo giudico un prezzo da liquidazione concordato perché tutti sapevano d’aver a che fare con un atleta malato». Poi, dopo un momento di pausa, ci pensa bene e butta fuori quello che aveva in gola fin dall’inizio: «Certo che se lo sapevano è come averlo ammazzato». [Franco Costa, Sta. 2/11/1977; Giorgio Viglino, Sta. 2/11/1977]