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 2012  aprile 16 Lunedì calendario

Il discorso che ha fatto ieri Bersani ci interessa perché si aggiunge a certe frasi preoccupate di Cicchitto, pronunciate una settimana fa da Vespa, e in generale a discorsi che sentiamo di continuo, a casa nostra, in taxi e quelle rarissime volte che entriamo in qualche salotto

Il discorso che ha fatto ieri Bersani ci interessa perché si aggiunge a certe frasi preoccupate di Cicchitto, pronunciate una settimana fa da Vespa, e in generale a discorsi che sentiamo di continuo, a casa nostra, in taxi e quelle rarissime volte che entriamo in qualche salotto. Bersani ieri ha detto: «Se c’è qualcuno che pensa di stare al riparo dell’antipolitica si sbaglia alla grande. Se non la contrastiamo, spazza via tutti. Serve perciò una norma che metta il controllo sui bilanci dei partiti. Un controllo che riguardi anche il tipo di donazione che fanno i privati».

Capisco. C’è quest’odio forsennato della gente per gli uomini politici, i partiti e, generalmente parlando, il sistema. E c’è la preoccupazione di questi qui di essere cancellati dalla faccia della Terra.

Ieri ha parlato anche Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale. Ha detto: «C’è bisogno, in maniera vitale, dei partiti politici, non si può indulgere nell’antipolitica. C’è bisogno dei partiti, c’è bisogno di più partiti, di partiti amici della gente e della cultura, che diano idee a questo paese e si chiedano quale sarà l’Italia del 2013».

Ma questo è vero? Non ci può essere democrazia senza partiti? Io non ci credo.

I partiti italiani di oggi sono profondamente diversi da quelli di un tempo, ma tendono a comportarsi come i loro antenati del Dopoguerra, la Dc o il Pci o il Psi: il segretario, i congressi, i delegati, la pretesa di dare una linea che non è mai sicura, perché ogni partito ormai raccoglie le istanze più varie e rappresenta gli interessi più diversi, ha cioè in sé il virus del trasformismo e infatti vediamo adesso alleanze e contrapposizioni pazzesche, Fini che va a braccetto con Casini e Bersani, l’ex Forza Italia che litiga con l’ex An, Di Pietro che sta a sinistra invece che a destra, eccetera. I partiti sono diventati semplici comitati d’affari o banali commissioni elettorali, e di questa trasformazione non hanno preso atto, si comportano come se nulla fosse accaduto. Su tutto, questa roba tremenda dei soldi che si pigliano e si mettono in tasca. Come possono resistere in queste condizioni? Ma pare non si rendano conto dell’abisso sul quale stanno in bilico.

C’è qualche dato che conforta quello che lei sta dicendo o sono sue sensazioni a pelle?

È uscito l’ultimo sondaggio di Mannheimer, e dice questo: «Oggi solo il 2% della popolazione dichiara di avere fiducia nelle forze politiche. Il valore, già esiguo, del 4% rilevato il mese scorso, si è dunque addirittura dimezzato. Il 2% della popolazione adulta corrisponde a circa un milione di persone, vale a dire probabilmente meno di quanti sono attivamente coinvolti ai diversi livelli, da sostenitori e militanti, nei partiti. Ciò significa che una parte di chi vive comunque una vita di partito manifesta al tempo stesso sfiducia in quest’ultimo». Capito? Ma senta il resto: «In più, ciò che ci sembra ancora più grave, questa perdita di consenso ha finito col riguardare anche le principali istituzioni democratiche. Ad esempio, la fiducia verso il Parlamento è scesa dal 25% rilevato un anno fa, nell’aprile 2011, al minimo storico dell’11% registrato oggi. Quasi nove italiani su dieci non credono più al principale organo elettivo della nostra nazione e non si sentono più rappresentati da quest’ultimo. Una crisi di consenso istituzionale gravissima».

Ma se le cose stanno così, chi vincerà alle prossime elezioni?

Astensioni a non finire (a quelle provocate dal disgusto si aggiungeranno quelle degli ex leghisti rimasti senza padre) e avanzamento di Beppe Grillo, il quale si dice sicuro di prendere, l’anno prossimo, il 25-30% e andare al governo. I sondaggisti lo dànno adesso tra il 4-5% di Euromedia Research al 7,2% della Swg. Roberto Weber, della Swg, dice: «Il voto al Movimento 5 stelle viene facilmente derubricato come antipolitico, io credo che il discorso sia più complesso. È un voto anti-sistema, con forti radici territoriali, ma il fatto è che, mentre Bossi esauriva la Lega, qui Grillo non esaurisce i grillini, un mondo vario, con candidati di buona qualità. E l’incomprensione delle forze politiche verso questo soggetto dice molto: più i partiti sono altezzosi, di solito, più è probabile che cresca...».

Le cose cambierebbero se i partiti si tagliassero il finanziamento, certificassero i bilanci eccetera?

Il finanziamento calerà a 141 milioni nel 2013, dai 280 milioni del 2009, per via di tagli già varati da Tremonti. Temo tuttavia che sia tardi: le forze politiche, senza eccezione, hanno talmente perso la faccia! E poi non credo che faranno troppi sacrifici. Senta quello che ha detto il tesoriere del Partito democratico Antonio Misiani: «Ai soldi non si può rinunciare, chiuderemmo. È una verità impopolare, ma qualcuno deve dirla. Abbiamo un disavanzo di 43 milioni di euro. L’80,90 dei nostri introiti sono soldi pubblici e il problema non vale solo per noi. Il Pdl i soldi delle politiche del 2008 li ha tutti cartolarizzati, ovvero se li è fatti anticipare dalle banche. È notizia risaputa. Tutti i partiti hanno bisogno della prossima rata per sopravvivere».

Questo significa che la prossima tranche di luglio da 180 milioni non sarà bloccata?

Significa anche che i partiti, benché incassino 4-5 volte di più di quello che spendono per le campagne elettorali, sprecano poi i soldi del denaro pubblico in spese tutte da capire. Il caso Bossi, il caso Lusi non sono evidentemente isolati.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 16 aprile 2012]