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 2012  aprile 12 Giovedì calendario

Mentre l’Europa condanna il nostro modo di dar soldi ai partiti («carenze importanti, controlli inefficienti, sanzioni inefficaci), gli stessi partiti si stanno dando da fare per riformare la legge almeno sul piano dei controlli

Mentre l’Europa condanna il nostro modo di dar soldi ai partiti («carenze importanti, controlli inefficienti, sanzioni inefficaci), gli stessi partiti si stanno dando da fare per riformare la legge almeno sul piano dei controlli. Ieri si sono incontrati i cosiddetti tecnici delle formazioni politiche, cioè Rocco Crimi e Massimo Corsaro per il Pdl, Benedetto Della Vedova per Fli, Giampiero D’Alia per l’Udc, Antonio Misiani e Gianclaudio Bressa per il Pd. Oggi, o al più tardi domani, dovrebbe esserci la benedizione politica dei segretari, da impartire naturalmente dopo un altro vertice. L’idea è di preparare un testo di tre o quattro articoli da far approvare in commissione, in modo da sbrigarsi (Pannella dubita che sia costituzionale). I bilanci di Pdl, Pd e degli altri dovrebbero essere divisi in una parte pubblica, da sottoporre al vaglio della Corte dei conti, e in una parte privata, da far visionare ai revisori di una società contabile privata. Il bilancio della parte pubblica riguarderà i soldi che arrivano attraverso i rimborsi elettorali. Quello della parte privata, le donazioni e i tesseramenti. Sulle donazioni Casini vorrebbe che restassero segrete quelle fino a 50 mila euro. I democratici vogliono che si mantenga l’anonimato appena sotto i cinquemila. Non è un punto da poco.

Quello che non ho capito è perché bisogna finanziare i partiti. Se sostengono qualcosa in cui la gente crede, si facessero dare i soldi dai simpatizzanti e dagli iscritti. Non sono associazioni private, alla fine?

“Associazioni di fatto”, per l’esattezza. Comunque private, sì, anche se previste dalla Costituzione. In astratto quello che lei dice è giustissimo: il Tale vuole fondare un Partito marziano e si faccia finanziare da chi crede nel Partito marziano. Nella pratica, il finanziamento pubblico dovrebbe servire a tenere i partiti indenni dai finanziamenti delle grandi lobbies che, versando soldi, pretenderanno poi che in Parlamento si facciano i loro interessi. Il modo per aggirare questo punto è di far conoscere i nomi dei finanziatori: metodo americano. In Italia non ha mai attecchito: non solo le grandi lobbies, ma persino i singoli cittadini, se interrogati, mostrano una notevole resistenza a dire per chi votano. A meno che non siano dei militanti: ma quanti militanti autentici lavorano alla base dei partiti? Io credo pochissimi, e temo di dover mettere nel conto dei partiti con pochi militanti ormai anche la Lega e l’Idv. Per concludere: nel prendere i soldi delle nostre tasse e versarli alle associazioni private che poi manderanno la gente in Parlamento, ci può essere una certa moralità. Purché i partiti, con la scusa delle elezioni e delle idee, non puntino in realtà proprio ai soldi. Che è il grande sospetto di questo momento storico.

Di quanti soldi stiamo parlando?

In 14 anni (marzo 1994-aprile 2008) le forze politiche hanno fagocitato due miliardi e 250 milioni. Un miliardo solo con le tornate 2006-2008. Nel 2010 lo Stato ha girato ai partiti 289 milioni. Tra le tante storture, quella forse più impressionante è questa: i partiti spendono per la loro attività politica tra un quarto e un quinto di quello che incassano. Per esempio, nel 2006: Forza Italia spese 50 milioni e ne incassò 128,7, Alleanza Nazionale 6,2 incamerandone 65,5, i diessini 9,9 ricevendone 46,9 eccetera eccetera. Che ci fanno con i soldi che gli avanzano?

• Per non parlare dei partiti che continuano a prendere soldi anche quando sono morti.

Sì, tipo la Margherita. Questo è possibile perché la legge, nella sua ultima formulazione, ha stabilito che un partito ha diritto a prendere il rimborso per cinque anni, anche se la legislatura è finita prima. Il periodo 2008-2011 è stato una manna: i partiti che sono entrati in Parlamento anche nel 2008, e che erano presenti in quello del 2011, hanno avuto rimborso doppio.

• Ma chi ha inventato questo marchingegno vergognoso?

Il primo è stato Giuliano Amato. Un referendum promosso dai radicali nel 1993 aveva abrogato il finanziamento ai partiti. Amato, nell’aprile di quell’anno, ammise allora il “rimborso elettorale”: 1600 lire per ogni italiano risultante al censimento. Approvazione di tutte le forze politiche. Una grave scorrettezza, al di là di ogni ragionamento. Il popolo, chiamato a esprimersi, aveva detto che la fiscalità generale non doveva servire a finanziare i partiti. In ogni caso: dopo le elezioni del 1994 i partiti si misero in tasca 46,9 miliardi di lire.

1600 lire non fa neanche un euro. Adesso se ne pagano 5 a voto…

D’Alema, nel 1999, portò il rimborso a quattromila lire a voto (contavano gli iscritti alla lista elettorale della Camera). E Berlusconi nel 2002 stabilì i 5 euro a voto e l’obbligo per lo Stato di pagare anche in caso di interruzione anticipata della legislatura. Tremonti nel 2010 ha però previsto dei tagli: entro un paio d’anni, se tutto resta così com’è, i partiti riceveranno contributi più bassi del 30%.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 12 aprile 2012]