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 2012  marzo 28 Mercoledì calendario

Alfano, Bersani e Casini d’accordo sulle riforme costituzionali

• Alfano, Bersani e Casini dopo essersi incontrati hanno annunciato di aver trovato un accordo sulle riforme costituzionali da fare, mentre sul sistema elettorale si è convenuto su un ulteriore approfondimento entro un paio di settimane: verranno presentati in Senato. Sulla riforma elettorale si è optato per un disegno di legge che dovrebbe impegnare senatori e deputati per non più di tre mesi. Si ipotizza un sistema fondato nel quale scompaiono le coalizioni, mentre resterebbero l’indicazione preventiva del premier e una soglia di sbarramento (si parla del 4 o del 5%). Previsto inoltre un diritto di tribuna per i minori e un premio di governabilità (al primo oppure al primo e al secondo partito). Per quanto riguarda il nuovo impianto istituzionale, in sintesi, prevede la riduzione del numero dei parlamentari (da 630 a 500 deputati e da 315 a 250 senatori); il rafforzamento dei poteri del capo di governo che potrà nominare e revocare i ministri; si introduce la sfiducia costruttiva, cioè non sarà possibile per Camera e Senato votare la sfiducia al governo in carica se, contestualmente, non si dà la fiducia ad un nuovo esecutivo; Montecitorio avrà la «potestà esclusiva dello Stato» mentre a Palazzo Madama spetterà la cosiddetta «potestà legislativa concorrente», cioè ripartita tra Stato e Regioni. [Fuccaro, Cds] 

• Napolitano esprime «il vivo apprezzamento per l’impegno assunto da Pdl, Pd e Terzo polo a collaborare per avviare senza indugio».[Fuccaro, Cds] 

• Di Caro sul Cds: «Di articolo 18 e dintorni si è parlato pochissimo – addirittura Bersani smentisce che se ne sia proprio accennato –, e si capisce pure il perché. Per dirla con Ignazio La Russa, all’inizio del vertice si percepiva «una diffidenza reciproca, una certa tensione», ed è bastato un accenno al tema del lavoro per accendere la miccia: «I patti sul mercato del lavoro non erano questi», avrebbe buttato lì Bersani, dopo che Alfano aveva ipotizzato il ricorso alla fiducia visto che «lo ha fatto le altre volte», e il leader del Pd a ribattere: «Signori, ma a che gioco giochiamo?».