Comandini, 13 aprile 1861
Scrive Garibaldi: «Alcune mie parole malignamente interpretate...»
• Alla Camera il presidente Rattazzi dà lettura della seguente lettera del gen. Garibaldi: «Alcune mie parole malignamente interpretate hanno fatto supporre un concetto contro il Parlamento e la persona del Re. La mia devozione ed amicizia per Vittorio Emanuele sono proverbiali in Italia, e la mia coscienza mi vieta di scendere a giustificazioni. Circa al Parlamento Nazionale la mia vita intiera, dedita all’indipendenza ed alla libertà del mio Paese, non mi permette neppure di scendere a giustificarmi d’irriverenza verso la maestosa Assemblea dei rappresentanti di un popolo libero, chiamata a ricostituire l’Italia e a collocarla degnamente accanto alle prime nazioni del mondo. Lo stato deplorabile dell’Italia meridionale e lo abbandono in cui si trovano così ingiustamente i valorosi miei compagni d’armi mi hanno veramente commosso di sdegno verso coloro che furono causa di tanti disordini e di tanta ingiustizia. Inchinato però davanti alla santa causa nazionale, io calpesto qualunque contesa individuale, per occuparmi unicamente ed indefessamente di essa. Per concorrere, per quanto io posso, a cotesto grande scopo, valendomi della iniziativa parlamentare, le trasmetto un disegno di legge per lo armamento nazionale, e la prego di comunicarlo alla Camera, secondo le forme prescritte dal regolamento. Nutro la speranza che tutte le frazioni della Camera si accorderanno nello intento di eliminare ogni superflua digressione, e che il Parlamento italiano porterà tutto il peso della sua autorità nel dare spinta a quei provvedimenti che sono più urgentemente necessari alla salute della Patria.»