Comandini, 5 dicembre 1870
• Alle ore 11 è solennemente inaugurata in Firenze la nuova sessione parlamentare, XI dal 1848, presenti il Corpo diplomatico, la Deputazione spagnola, i senatori e i deputati
• Alle ore 11 è solennemente inaugurata in Firenze la nuova sessione parlamentare, XI dal 1848, presenti il Corpo diplomatico, la Deputazione spagnola, i senatori e i deputati. Il re Vittorio Emanuele II pronuncia il seguente discorso: «Signori Senatori, Signori Deputati. L’anno che volge al suo termine ha reso attonito il mondo per la grandezza degli eventi che niun giudizio umano poteva prevedere. Il nostro diritto su Roma noi lo avevamo sempre altamente proclamato e di fronte alle ultime risoluzioni cui mi condusse l’amore della Patria ho creduto dover mio di convocare i nazionali comizi. Con Roma Capitale d’Italia ho sciolto la mia promessa, e coronato l’impresa che 23 anni or sono veniva iniziata dal Magnanimo mio Genitore. Il mio cuore di Re e di Figlio prova una gioia solenne nel salutare qui raccolti per la prima volta tutti i rappresentanti della nostra Patria diletta, e nel pronunciare queste parole. «L’Italia è libera ed una; ormai non dipende più che da noi il farla grande e felice. Mentre qui noi celebriamo questa solennità inaugurale dell’Italia compiuta, due grandi popoli del continente, gloriosi rappresentanti della civiltà moderna, si straziano in una terribile lotta. Legati alla Francia ed alla Prussia dalla memoria di recenti e benefiche alleanze, noi abbiamo dovuto obbligarci ad una rigorosa neutralità, la quale ci era anche imposta dal dovere di non accrescere l’incendio, e dal desiderio di poter sempre interporre una parola imparziale fra le parti belligeranti. E questo dovere d’umanità e d’amicizia, noi non cesseremo dall’adempierlo, aggiungendo i nostri sforzi a quelli delle altre potenze neutrali, per metter fine ad una guerra che non avrebbe mai dovuto rompersi fra due nazioni, la cui grandezza è ugualmente necessaria alla civiltà del mondo. «L’opinione pubblica consacrando col suo appoggio questa politica ha mostrato una volta di più che l’Italia libera e concorde è per l’Europa un elemento di ordine, di libertà e di pace. Quest’attitudine agevola il compito nostro quanto per la difesa e la integrità del territorio nazionale e per restituire ai Romani l’arbitrio dei loro destini, e i miei soldati, aspettati come fratelli, e festeggiati come liberatori, entrarono a Roma. Roma, reclamata dall’amore e dalla venerazione degli Italiani, fu resa a sè stessa, all’Italia e al mondo moderno. «Noi entrammo in Roma in nome del diritto nazionale, in nome del patto che vincola tutti gli Italiani ad unità di nazione, vi rimarremo mantenendo le promesse che abbiamo fatte solennemente a noi stessi. «Libertà della Chiesa, piena indipendenza della Sede Pontificia nell’esercizio del suo ministero religioso, nelle sue relazioni con la cattolicità. Su queste basi, e dentro i limiti dei suoi poteri, il mio Governo ha già dato i provvedimenti iniziali, ma per condurre a termine la grande opera si richiede tutta l’autorità e tutto il senno del Parlamento. L’imminente trasferimento della sede del Governo a Roma ci obbliga studiare il modo di ridurre alla massima semplicità gli ordinamenti amministrativi e giudiziari e rendere ai comuni e alle province le attribuzioni che loro spettano. «Anche la materia degli ordinamenti militari e della difesa nazionale vuole essere studiata. «Tenendo conto della nuova esperienza di guerra, della terribile lotta che tiene tuttora attenta e sospesa l’Europa sorgono insegnamenti che non è lecito di trascurare a un governo che vuole tutelato l’onore e la sicurezza della nazione. Su questi temi vi saranno sottoposti disegni di legge e sulla pubblica istruzione eziandio che vuol essere annoverata. Essa pure è fra gli strumenti più efficaci della forza e della prosperità nazionale. «Signori Senatori, Signori Deputati. Ci converrà poi riprendere colla più grande alacrità l’opera forzatamente interrotta dello assetto definitivo delle nostre finanze. «Compiuta finalmente l’Italia, non può più essere fra voi altra gara che quella di consolidare con buone leggi un’edificio che tutti abbiamo contribuito ad erigere. Mentre l’Italia si inoltra sempre più nelle vie del progresso, una grande nazione, che le è sorella per istirpe e per gloria, affida ad un mio figlio la missione di reggere i suoi destini. «Io sono lieto dell’onore che, reso alla mia dinastia, è reso insieme all’Italia, e mi auguro che la Spagna grandeggi e prosperi mediante la lealtà del Principe e il senno del popolo. Codesto accordo è il più saldo fondamento degli Stati moderni che vedono cosi assicurato dinanzi a loro un lungo avvenire di concordia, di progresso e di libertà».