Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1946  giugno 12 Mercoledì calendario

Il processo a Leonarda Cianciulli e Giuseppe Pansardi

• Alle Assise di Reggio Emilia inizia il processo a Leonarda Cianciulli e Giuseppe Pansardi. La sala è stracolma: studenti, donne, gente col binocolo, ecc. Fanno entrare gli imputati nella gabbia. Sono cinque anni che non si vedono. «È un attimo: Leonarda salta addosso a Peppuccio, il tribunale non esiste più, niente è intorno, un abbraccio lungo, fortissimo, da lasciare senza fiato. Tutti aspettavano l’assassina pelosa e invece il suo primo gesto è d’amore. Sono le 9.40. I due imputati si risiedono nella gabbia (...) Il pubblico ministero è Giulio Laurens, Mevio Magnarini e Giulio Fornaciari difendono quella che è per tutti la Saponificatrice (...) In prima fila c’è Alberta Fanti, la “poliziotta” che ha fatto tuoni e fulmini per vedere la Cianciulli pagare per i suoi assassini. Veste austeramente di nero, è una signora alta e magra, col cappello e la veletta. Ha l’aria soddisfatta di chi sa che non se non ci fosse stata lei non se ne sarebbe fatto niente». «La Cianciulli, pallida, gli occhi affossati, indosso un vestito nero, i capelli grigi acconciati con una civetteria da tutti istintivamente sentita fuori posto, pochi denti davanti, equidistanti come birilli, esordisce così: “Ungetemi di benzina, datemi fuoco, fatemi linciare dalla folla ma fate uscire mio figlio che è innocente”. Parla per ore, stringendo un fazzoletto tra le mani. Della Setti dice: “Era un angelo. Non vedo l’ora di morire per raggiungerla e diventare sua schiava”. Ripete più volte che ha fatto tutto da sola, non per soldi ma per “rendere i figli invulnerabili”». [Sanvitale-Mastronardi 2010]