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 2007  novembre 22 Giovedì calendario

La Francia è sconvolta dagli scioperi, lunedì sulle strade che dànno accesso al centro di Parigi si sono formate code per 400 chilometri, le università sono occupate dagli studenti, i magistrati sono mobilitati, gli statali si rifiutano di tornare al lavoro, gli insegnanti sono fermi, si annunciano agitazioni nelle Poste e nel settore telefonico

La Francia è sconvolta dagli scioperi, lunedì sulle strade che dànno accesso al centro di Parigi si sono formate code per 400 chilometri, le università sono occupate dagli studenti, i magistrati sono mobilitati, gli statali si rifiutano di tornare al lavoro, gli insegnanti sono fermi, si annunciano agitazioni nelle Poste e nel settore telefonico...

• Che è successo?
Il presidente Sarkozy ha cominciato ad attuare il programma con cui è stato eletto lo scorso maggio. E che parecchie categorie non vogliono sentir parlare di tagli, cambiamenti o riforme. Quindi, scioperano. Per noi è uno spettacolo molto istruttivo. Per esempio, gli statali: Sarkozy vuole tagliare 150 mila posti entro il 2012 non sostituendo 150 mila lavoratori che andranno in pensione. Oppure i trasporti. In questo settore ci sono mezzo milione di lavoratori che vanno in pensione dopo 37 anni e mezzo di lavoro. Lei, sapendo che in Italia si va in pensione a regola dopo 35 anni, penserà che i lavoratori dei trasporti siano dei super-sfruttati. Invece sono dei privilegiati, perché in Francia i 25 milioni di dipendenti si ritirano solo dopo 40 anni di contributi. Ora Sarkozy ha detto già in campagna elettorale che questo regime privilegiato deve cessare e che anche gli addetti ai trasporti devono lavorare 40 anni prima di smettere. Per questo una settimana fa sono cominciati gli scioperi. Sarkozy, contrariamente al suo solito, è stato zitto, poi, quando ha constatato che la sua popolarità era in ribasso e aveva toccato il livello del 51 per cento di consensi, ha improvissamente approfittato di un incontro con i sindaci per dire che «una minoranza non può imporre la sua volontà a una maggioranza», che «la Francia, per uscire dal declino, ha bisogno di una rottura e i francesi mi hanno dato il mandato di compierla», che «sono aperto al dialogo, ma occorre saper smettere uno sciopero», soprattutto che «non cederò mai al principio che le pensioni devono essere uguali per tutti e non farò marce indietro».

• Risultato?
Ieri, un breve comunicato che lamentava anche azioni di sabotaggio sulle linee ad alta velocità, ha informato che le trattative riprendono.

• Dica la verità, questa roba francese le piace perché c’è un governo che fa la faccia feroce.
No, non è questo. Sarkozy, prima di aprire bocca, ha controllato sui sondaggi lo stato dell’opinione pubblica e ha verificato che più del 60 per cento dei francesi non è d’accordo con gli scioperanti. Domenica, a Parigi, diecimila persone hanno manifestato per chiedere la fine delle agitazioni. Il presidente ha dalla sua il Paese, vantaggio di cui non godettero Chirac e Alain Juppé nel 1995 su un tentativo analogo non riuscito. Certo, tutti suggeriscono di tagliare stipendi e pensioni agli altri. Ma ogni categoria, se raffrontata al resto dei cittadini, è minoranza. E se la sensazione generale è che il presidente agisce nell’interesse generale, il sostegno non può mancare. Ecco la lezione di cui dovrebbe tener conto Prodi.

• Prodi non sta tagliando le pensioni. Anzi.
Esatto. Ma senta: in Europa, e particolarmente al Nord, non esistono regimi pensionistici privilegiati o, al massimo, ce n’è uno solo. In altri Paesi, a inclinazione più fortemente statalista, come la Francia, i regimi pensionistici privilegiati sono cinque o sei. Da noi, le pensioni speciali sono 12. Ripet dodici. E la discussione furibonda di Rifondazione e degli altri sui cosiddetti ”lavori usuranti”, discussione in corso in queste ore, rischia di moltiplicare ulteriormente questo numero. Ha scritto Tito Boeri che proprio questi regimi differenziati – nati sempre per ragioni elettoralistiche o clientelari – sono all’origine della sensazione diffusa che «le disuguaglianze di reddito persistono perché ne beneficiano i potenti». I guasti nella nostra convivenza civile, nei rapporti tra di noi e con il potere, dipendono anche da queste disfunzioni morali, da queste anomalie storiche.

• Sono curioso di sapere perché gli studenti hanno occupato le facoltà.
Perché Sarkozy vuole rendere più autonome le università e aprirle al contributo finanziario dei privati. Gli studenti di formazione marxista non sono d’accordo e dicono che questo significherebbe consegnare i centri di studio al capitalismo. Sarkozy crede che l’apertura potrebbe portare risparmi di denaro pubblico, un rapporto più proficuo col territorio e un maggiore interesse all’eccellenza, dato che i privati non darebbero volentieri i loro soldi a baracche che, culturalmente, funzionano poco. Anche questa è una battaglia che ci riguarda parecchio. E molto da vicino. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 21/11/2007]