La Gazzetta dello Sport, 6 dicembre 2007
I sindacati minacciano lo sciopero generale, il capo della Confindustria accusa Prodi di non aver fatto nulla per contrastare l’assenteismo degli statali «che ci costa 14 miliardi l’anno, cioè un punto di Pil», Bertinotti sostiene che «il progetto del governo e del centro-sinistra è fallito» e che Rifondazionere continua a sostenere Prodi solo «per ragioni tattiche», mentre strategicamente sta con la testa «già molto al di là»
I sindacati minacciano lo sciopero generale, il capo della Confindustria accusa Prodi di non aver fatto nulla per contrastare l’assenteismo degli statali «che ci costa 14 miliardi l’anno, cioè un punto di Pil», Bertinotti sostiene che «il progetto del governo e del centro-sinistra è fallito» e che Rifondazionere continua a sostenere Prodi solo «per ragioni tattiche», mentre strategicamente sta con la testa «già molto al di là»....
• Ma non s’era salvato per sempre col voto sulla Finanziaria al Senato?
Il “per sempre” mi pare fuori luogo. Ieri il sottosegretario Enrico Micheli – cattolico – gli ha risposto con grande durezza. Prodi – che poco più di una settimana fa sembrava aver trionfato di spallate e debolezza congenita al Senato – sembrerebbe invece di nuovo nei guai.
• E’ nei guai o no?
Beh, la situazione è difficile. Si deve partire dai seguenti punti fermi:
1) l’accordo tra Berlusconi e Veltroni esiste ed è molto forte;
2) Prodi è un nemico naturale dell’intesa Berlusconi-Veltroni perché questo governo e questa maggioranza sono il frutto della contrapposizione frontale al Cavaliere, cioè dello slogan «qualsiasi cosa, ma non lui». Se il capo del principale partito di questa maggioranza si mette a un tratto d’accordo con «lui» e questo accordo procede e dà frutti, cade necessariamente la stessa ragion d’essere dell’Unione. Il ragionamento per cui «una cosa sono le riforme istituzionali, un’altra l’azione di governo» non è che un sofisma. Tanto è vero che Prodi e i partitini (quelli che Giovanni Sartori chiama «i nanetti») non si disinteressano affatto delle cosiddette riforme e vogliono invece un vertice con Veltroni per discutere la nuova legge elettorale;
3) Veltroni non ha ancora – non lo può avere – il controllo del Pd e mentre gioca la sua partita con il Cavaliere deve anche portare a casa la forma-partito che ha in testa, quella cioè di una forza politica «liquida» (secondo la sua espressione), leggera, sburocratizzata e libera dalle nomenklature di un tempo, i cattolici, i dalemiani, i miglioristi e quant’altro. Costoro sono adesso in forte movimento per conquistare spazi di potere prima che sia troppo tardi e il loro gioco anti-Veltroni si incastra bene con quello di Prodi che vuole bloccare l’intesa col capo del centro-destra;
4) un nuovo governo potrebbe quindi venir comodo, perché Veltroni, colpendo Prodi, colpirebbe anche i suoi alleati del momento.
Ecco perché, per Prodi, la situazione è difficile.
• E chi lo farebbe cadere, questo governo?
Per esempio, Rifondazione. Bertinotti ha rilasciato un’intervista molto lunga, molto profonda a “Repubblica”, in cui ha annunciato la fine strategica dell’Unione e tributato a Berlusconi il più grande riconoscimento che gli sia mai venuto da sinistra («Qui bisognerà decidere se il Cavaliere è un protagonista della politica italiana, oppure no. Io [...] penso che lo sia. Penso che sia un animale politico, che muove da processi reali di una parte della società, che incorpora l´antipolitica ma dentro una soggettività politica, chiaramente di destra. E [...] considero attendibile che cerchi un accordo per rinnovare il quadro politico-istituzionale»). Bertinotti vuole che la nuova legge elettorale sia esattamente quella che ha detto Berlusconi («Il sistema proporzionale, con clausola di sbarramento e senza premio di maggioranza, è una soluzione ragionevole»), però alla tedesca e non alla spagnola. Una caduta di Prodi darebbe a Rifondazione la possibilità di trattare con forza su questo punto, in sede di formazione di un nuovo gabinetto, e forse di vincere. Quindi, anche se tatticamente può essere tentante continuare a sostenere il governo, strategicamente forse è più conveniente farlo cadere.
• E lo sciopero generale dei sindacati?
Anche questo nasce dall’intervista a Bertinotti. Che, disegnando l’agenda di Prodi per il 2008, ha ricordato che il 65% per cento dei lavoratori italiani è senza contratto e che la «fissazione dell’inflazione programmata» ha tenuto i salari troppo bassi. Manco a farlo apposta, 24 ore dopo Epifani, Bonanni e Angeletti hanno ripreso questo discorso tale e quale, e minacciato lo sciopero generale. Voglio dire: è ancora una volta la concorrenza a sinistra tra Rifondazione e Cgil, la stessa che abbiamo visto all’opera sul Welfare.
• Sull’assenteismo degli statali, però, Montezemolo ha ragione, no?
Ma, guardi, per combattere l’assenteismo degli statali ci vorrebbe una rivoluzione mentale e normativa. Montezemolo ha ragione, ha fatto bene a ricordare il problema, ma, in questo momento e in queste condizioni di debolezza complessiva del quadro politico, fa tattica anche lui. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5/12/2007]