La Gazzetta dello Sport, 8 dicembre 2007
Successo ieri sera, alla prima della Scala, per il Tristano e Isotta di Wagner, direttore d’orchestra Barenboim, regia di Chéreau
Successo ieri sera, alla prima della Scala, per il Tristano e Isotta di Wagner, direttore d’orchestra Barenboim, regia di Chéreau...
• Ah, poi sono andati in scena? Avevo sentito di scioperi...
È stato tutto rimandato al 17 dicembre. I professori dell’orchestra, che si sentono economicamente sminuiti rispetto a tutti gli altri lavoratori, hanno deciso che la prima della Scala è la prima della Scala. E hanno suonato.
• Già, la prima della Scala. Non ho mai capito perché è così importante, una specie di Natale anticipato.
Ma è la Scala che è importante, innanzi tutto. Al mondo ci sono altri teatri lirici di prima grandezza, per esempio il Metropolitan di New York o il Covent Garden di Londra. Ma nessuno ha il curriculum – per dir così – della Scala. Qui sono andate in scena un mucchio di prime assolute. Gliene dico solo alcune: La gazza ladra di Rossini, Norma di Bellini, Nabucco, Otello e Falstaff di Verdi, Gioconda di Ponchielli, Madama Butterfly e Turandot di Puccini. Madama Butterfly fece un tonfo di cui si parla ancora. Puccini, amareggiatissimo, rimise mano all’opera, tagliò, aggiustò e rifece un’altra prima, stavolta però a Brescia, che fu trionfale. In un certo senso, Madama Butterfly è stata scritta anche dal pubblico della Scala. È qui che Toscanini, col famoso concerto dell’11 maggio 1946, annunciò non solo ai milanesi, ma a tutto il Paese che la guerra era finita e si doveva ricominciare. La Scala era stata bombardata nella notte tra il 15 e il 16 agosto del 1943 e, appena rimosse le macerie e sistemato un po’ il tetto, ci suonarono la Quinta di Bruckner e l’ouverture del Coriolano di Beethoven, a cielo aperto e con sedie qualunque su cui sedettero numerosissimi gli spettatori. Dentro di me ho sempre pensato questo episodio – di Beethoven eseguito in un teatro privo di tetto – simile nello spirito a quello di certi prigionieri, i quali resistono agli orrori della cella imponendosi di stare in ordine, di farsi la barba, di indossare – se gli è concesso – il vestito migliore, rifiutandosi cioè di abdicare alla propria dignità. Così la Milano del ’43 volle ascoltare Beethoven, nonostante ci fosse ben altro a cui pensare. E Toscanini, quando nel ’46 entrò nel teatro ricostruito, esclamò: «L’acustica è identica a quella di prima» e nessuno osò contraddirlo. Pietosa bugia, che serviva a far coraggio agli italiani sconfitti.
• E la prima delle prime? Fu importante come adesso? Perché ho letto che ieri sera c’erano un mucchio di capi di Stato.
Ieri sera, tutti seduti nel palco reale, hanno ascoltato Wagner il nostro presidente, Giorgio Napolitano, il presidente tedesco Horst Köhler, quello austriaco Heinz Fischer, quello greco Papoulias e l’emiro del Qatar Sheik Mohammad bin Hamad al Thani, oltre a Rutelli, De Castro e la Pollastrini. Il 3 agosto del 1778, all’inaugurazione, a sentire L’Europa riconosciuta di Salieri (che Muti ha rifatto nel 2004 per la riapertura dopo il restauro) c’erano gli arciduchi Ferdinando d’Austria e Beatrice d’Este, il ministro plenipotenziario conte Firmian, il governatore di Milano Francesco Maria, duca di Modena. In sala Pietro Verri e Cesare Beccaria. Stendhal, che è stato il cantore del nostro melodramma e della Scala («il più bel teatro al mondo») arriverà mezzo secolo dopo. È venuta anche a me, prima che me lo chiedesse lei, la curiosità di capire se c’è stato un momento in cui la prima della Scala è diventata quello che è ormai da molti anni, cioè il momento topico della mondanità e della cultura. Nessuno mi ha saputo indicare una data particolare. Tutti sostengono che il fenomeno s’è prodotto un po’ per volta, grazie a Verdi, poi a Toscanini, poi all’impareggiabile duello tra le due divine, la Callas e la Tebaldi. L’“offesa alla prima”, col minacciato sciopero degli orchestrali o le uova marce tirate nel Sessantotto sulle pellicce delle dame, è la controprova della raggiunta sacralità di questo rito borghese.
• Di Wagner non diciamo niente?
Quel gran seduttore di femmine, capace in pieno Ottocento di scrivere un’opera dove si esalta l’adulterio. La notte, il sesso, il desiderio che ci imprigiona e che ieri sera era rappresentato dal muro immenso fatto costruire dallo scenografo Richard Pedruzzi.
• Perché ha detto di Wagner che era un seduttore di femmine?
Perché lo era. Sa che, ospite di un amico, si portò a letto, in sequenza, prima la moglie e poi le due figlie? Nella saga di Tristano c’è l’ancella che sostituisce nel letto del marito la fedifraga Isotta. Un episodio che, a forza di rielaborazioni, finirà per diventare la storia di Biancaneve del puritanissimo Walt Disney. Guardi come scherzano certe volte l’arte e la storia. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 7/12/2007]