La Gazzetta dello Sport, 14 dicembre 2007
Non si riesce a venire a capo della faccenda Alitalia: una decisione doveva essere presa ieri, nella riunione del Consiglio d’Amministrazione della compagnia
Non si riesce a venire a capo della faccenda Alitalia: una decisione doveva essere presa ieri, nella riunione del Consiglio d’Amministrazione della compagnia. E invece c’è stato un rinvio a martedì prossimo.
• Che cosa può cambiare da oggi a lunedì prossimo?
Chi lo sa. Si vuole solo avere un altro po’ di tempo per trovare un accordo.
• Accordo tra chi? Non è una vendita? Non si dovrebbe semplicemente cedere al miglior offerente?
Beh, non è così banale. Il venditore è lo Stato, cioè il ministero del Tesoro, che detiene il 49 per cento delle azioni. Le vende tutte e chi compra dovrà poi dare certe garanzie di funzionamento. La compagnia va rimessa in sesto, gli italiani devono continuare a viaggiare, anzi devono viaggiare meglio di adesso...
• Chi sono i candidati-acquirenti?
Sono Air France e Air One. Si tratta di due aziende praticamente agli antipodi. Air France è la più grande compagnia di aeromobili al mondo quanto a redditività e la terza per passeggeri/chilometro. Ha realizzato utili per 891 milioni: questa somma - cioè l’importo dei soli utili - è del 50 per cento superiore a tutto il giro d’affari di Air One, che fattura appena 600 milioni l’anno (dato 2006) e ha 300 milioni di debiti. In due parole: Air One è una piccola compagnia locale, che arranca per far quadrare i conti, Alitalia è un vettore mondiale, che aveva già pensato di fondersi con Alitalia a metà anni Novanta e che poi, annusata l’aria che si respirava da noi, preferì sposarsi con gli olandesi di Klm. Un grande affare che macina profitti sempre più grandi di anno in anno. Alitalia invece, come lei sa, perde almeno un milione di euro al giorno o forse – secondo altri dati – un milione e mezzo. O forse, secondo altri dati ancora, addirittura due.
• Se perde tanti soldi perché la vogliono comprare?
Il collegamento tra Fiumicino e Linate è tra i più redditizi. L’Italia è paese turisticamente ricchissimo e occuparsi di farci arrivare gli stranieri da tutto il mondo è assai allettante. Il problema è che cosa intendono fare i due acquirenti dopo aver comprato. A quanto si sa, Air France vuole puntare su Fiumicino e lasciar perdere – almeno per ora – Malpensa, in armonia con le decisioni, relative al taglio di voli, prese qualche mese fa dal presidente di Alitalia Maurizio Prato. evidente che i francesi si preparano a tagliare il personale e a liberarsi di tutto ciò che non sta nel cuore del suo business, come Az Servizi (8 mila dipendenti). Air One, con il suo coraggioso amministratore Carlo Toto, dice invece di voler valorizzare anche Malpensa e, a quanto pare, non intende tagliare troppa forza-lavoro. Fino alla settimana scorsa sembrava certo che la compagnia sarebbe stata venduta ai francesi. Ma l’altro giorno Corrado Passera, l’amministratore delegato di Banca Intesa, s’è fatto intervistare e ha detto che preferire i francesi significa «buttare via la compagnia». Lei sarà consapevole che Banca Intesa è il secondo gruppo bancario italiano, che il suo presidente, Giovanni Bazoli, è reputato vicinissimo a Prodi, che non è mai accaduto finora che un qualunque politico abbia fatto uno sgarbo a lui o a quelli di Unicredit. Con la sua dichiarazione, Profumo ha riaperto la partita, il governo s’è spaccato (Prodi e Bersani vogliono i francesi, Rutelli, Veltroni e i sindacati Air One) e così s’è deciso di prender qualche giorno di tempo.
• Il semplice cittadino italiano, quello che ha bisogno di viaggiare in aereo, che soluzione deve preferire?
Toto è talmente piccolo che per fare l’operazione dovrà indebitarsi. Può essere giudicato credibile solo perché ha dietro una grande banca. Però procederebbe col solito sistema italian una montagna di debiti e grosse difficoltà, poi, a fare investimenti. Alitalia – per dirne una – deve rinnovare quasi tutta la flotta. C’è poi il problema del monopoli comprando Alitalia, Air One avrebbe il monopolio della rotta Roma-Milano, e questo non è ammesso e non è conveniente perché, al solito, un qualunque sciopero di una qualunque sigla sindacale bloccherebbe il Paese (oggi almeno, quando sciopera Alitalia, c’è ancora Air One). Anche se l’anti-trust ammettesse una deroga al monopolio (la legge lo consente), a un certo punto Toto dovrebbe cedere alcune tratte. Alla fine i francesi (o magari i tedeschi) arriverebbero lo stesso. Capisco che è seccante arrendersi ad Air France. Oltre tutto il 18 per cento di quella compagnia è in mano allo Stato francese, che subentrerebbe un minimo allo Stato italiano. Ma questo è il conto da pagare per la fallimentare gestione dei governi degli ultimi quindici anni. La soluzione Toto – temo – servirebbe solo a rinviare ancora una volta il problema. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/12/2007]