La Gazzetta dello Sport, 19 dicembre 2007
L’Assemblea generale dell’Onu ha approvato la moratoria sulla pena di morte: 104 sì, 54 no, 29 astenuti
L’Assemblea generale dell’Onu ha approvato la moratoria sulla pena di morte: 104 sì, 54 no, 29 astenuti.
• Ho come l’impressione che abbiamo già parlato di questo un mese fa.
Sì, ne abbiamo parlato un mese fa perché la moratoria era stata approvata dalla III Commissione dell’Onu. Sa com’è per queste procedure: non è che un certo documento va direttamente in Assemblea e viene votato. Passa prima per delle commissioni ristrette, che si suppongono in qualche modo competenti, dove il testo può essere corretto in tutto o in parte dagli emendamenti oppure può essere respinto oppure può restare così com’è. La battaglia in Commissione fu durissima. Alcuni paesi – che erano e sono favorevoli alla pena di morte – tentarono di emendare il testo rendendolo “più avanzato”. In questo modo contavano di spaventare il fronte moderato dei favorevoli. Non so se mi spiego.
• Vediamo se ho capito. La parola “moratoria” – come mi ha spiegato l’altra volta – non significa che la pena di morte è abolita. Significa che le esecuzioni capitali sono sospese. Poi lei l’altra volta mi ha dett il documento dell’Onu è un appello a cui i paesi saranno liberi di dar retta oppure no. La formula della ”proposta” (’proposta di moratoria”) non vincola nessuno. Giusto?
Giusto, lei ricorda bene.
• Ma un paese nemico anche di questo semplice appello alla sospensione, un paese il cui governo è deciso a tenere in funzione i patiboli, potrebbe boicottare la proposta di moratoria tentando di trasformarla in una specie di legge. In questo modo, i paesi sarebbero in qualche modo obbligati ad abolire al loro interno la pena di morte. Perciò uno dei modi per far saltare la proposta era di presentare un emendamento “più avanzato”. Se fosse passata una proposta “più avanzata” i moderati, spaventati, non l’avrebbero votata più.
Proprio così. La fuga in avanti, o a sinistra, tante volte serve a non fare le cose. Si tentò allora di collegare la pena di morte all’aborto oppure di trasformare la proposta in “risoluzione”, col che si sarebbe attentato alla libertà di ogni singola nazione di far le leggi. Ma la III Commissione respinse queste manovre e consegnò all’Assemblea questo testo per l’approvazione definitiva. Che è arrivata ieri, e con cinque voti in più rispetto alle previsioni. Lei sa già che si tratta di una vittoria italiana perché l’Italia è stato il Paese guida dello schieramento abrogazionista e il ministro D’Alema si è impegnato in tutte le fasi, assai accidentate, del percorso. Ieri gli esponenti della maggioranza, Veltroni compreso, hanno rilasciato dichiarazioni di grande soddisfazione. Ma ha esultato anche Berlusconi, ricordando che nemmeno la sua parte è estranea a questo successo, dato che il primo avvio all’iniziativa risale all’epoca del suo governo, nel 1994.
• Quanto ci vorrà per passare, da questo semplice appello, all’abrogazione vera e propria?
Nella proposta approvata ieri si esprime tutta la contrarietà alla pena capitale e si raccomanda che in quelle legislazioni che non intendono rinunciare al patibolo, si diminuiscano progressivamente i tipi di reato per i quali è prevista la pena di morte. Si aggiunge: che almeno i processi siano seri e che poi al condannato sia risparmiata, per quanto è possibile, ogni sofferenza. Lei sa che negli Stati Uniti è in corso un grande dibattito sull’iniezione letale, che non provocherebbe affatto, come si è esempre creduto, una morte immediata e indolore, ma indurebbe un’agonia lenta e carica di sofferenze. Dal 25 settembre a oggi in America non ci sono state esecuzioni e l’altro giorno il New Jersey, aderendo in pieno al clima indotto dall’iniziativa italiana all’Onu, ha abolito dalla propria legislazione la condanna a morte.
• Mi pare che il problema principale sia in Cina.
E l’Iran, dove pochi giorni fa hanno impiccato un ragazzo di 16 anni accusandolo di essere omosessuale. Ma ha ragione, il problema principale sono i cinesi, dove ti ammazzano con un colpo alla nuca e pretendono poi dai familiari il rimborso della pallottola, dove il giorno dell’esecuzione non ti viene mai comunicato e può essere domani o tra un anno, e ogni mattina tu ti svegli e non sai se ti verranno a prendere. I cinesi denunciano mille esecuzioni l’anno, ma Amnesty dice che sono almeno seimila o forse novemila. Io so però che sono circa ventimila, perché i cinesi adoperano gli organi dei condannati a morte per la loro industria dei trapianti, assai fiorente e frequentatissima da pazienti di tutto il mondo (specialmente giapponesi e israeliani). Loro stessi dichiarano, nelle loro pubblicità, di eseguire 20 mila trapianti l’anno. E perciò il numero di condanne a morte eseguite non può essere troppo lontano da quella cifra. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/12/2007]