La Gazzetta dello Sport, 2 gennaio 2008
Il giorno davvero drammatico per il Kenya potrebbe essere oggi: il capo dell’opposizione, quello che ha perso le elezioni per un soffio, ha chiamato a raccolta i suoi
Il giorno davvero drammatico per il Kenya potrebbe essere oggi: il capo dell’opposizione, quello che ha perso le elezioni per un soffio, ha chiamato a raccolta i suoi. Si muovono da tutto il Paese, alla volta di Nairobi. Qui sfileranno per chiedere le dimissioni del presidente eletto. Il presidente eletto ha dato ordine che la manifestazione sia proibita. Il presidente non eletto ha risposto che lui farà sfilare i suoi lo stesso. Anzi, durante il corteo giurerà pubblicamente da presidente, come se le elezioni le avesse vinte lui. Questo sarà, per il presidente eletto, una provocazione, o addirittura un insulto. I seguaci del presidente eletto e quelli del presidente non eletto si inseguono nelle città del Kenya e si fanno a pezzi con il machete. Seguaci del presidente non eletto l’altro giorno hanno dato fuoco a una chiesa, e dentro c’erano cinquanta avversari politici che avevano tentato di scappare alla carneficina. Tutti bruciati vivi. Le televisioni fanno vedere sfilze di cadaveri allineati, cioè composti e pronti per esser cremati o buttati in qualche fossa comune. A Nairobi oggi dovrebbero sfilare un milione di persone. Anche se ci sono le primarie in America, il mondo trattiene il fiato per il massacro che potrebbe aver luogo qui.
• Lei dice “presidente eletto”, ”presidente non eletto”... Non potrebbe fare nomi e cognomi?
Sono nomi difficili. Il presidente eletto ha un nome pieno di “k”, come tanti nomi propri o di città del Kenya. Si chiama Kibaki. Di nome: Mwai. Era presidente già prima. Eletto nel 2002, su questo programma: sconfiggerò la corruzione! Il Kenya è corrotto dal tempo dei tempi. Cioè, i presidenti, i ministri, i funzionari si fanno dare soldi dalle compagnie straniere per fargli aprire uffici, far commerci, comprare o vendere merci. Il Kenya è un grande esportatore di tè. C’è petrolio, c’è alluminio, c’è turismo (negli ultimi tempi molti cinesi). Però il reddito medio pro-capite è di 3 dollari al giorno. Non era, fino a questo momento, un Paese di rivoluzioni o guerre civili. Però ci sono una settantina di etnie, e ci sono forti rivalità tra etnie, rivalità molto antiche. L’etnia del presidente eletto, cioè di Kibaki, ha anche lei un nome pieno di “k”: sono i kikuyu. I kikuyu erano molto divisi al loro interno. Kibaki li ha unificati e ha attratto intorno a sé molte altre tribù. I kikuyu hanno il potere politico praticamente da sempre. Il kenyota più famoso della storia, che si chiamava Kenyatta e ha governato il Paese quando gli inglesi se ne sono andati (mezzo secolo fa) era un kikuyu.
• E il presidente non eletto chi è?
Uno con le o. Oginga Odinga. Di nome: Jaramogi. Jaramogi Oginga Odinga. Oginga Odinga non appartiene all’etnia kikuyu, ma all’etnia luo. Gente che viene dal Nilo. Per numero è la terza etnia del Paese, ma per soldi è la prima. Mentre i kikuyu si sono impossessati del potere politico, i luo ci hanno dato dentro a far soldi. Le due etnie hanno conti antichissimi da regolare. Adesso hanno cominciato a farsi a pezzi non più per questioni elettorali, ma perché si sono ricordati quello che si sono fatti l’un l’altro nel corso dei secoli. Lei capisce che se le comunità umane, anche in Europa, si ricordassero a un tratto dei massacri reciproci...
• Come fa Oginga Odinga, il presidente non eletto, a dire che Kibaki ha imbrogliato?
Ci sono parecchi indizi, e piuttosto gravi. I candidati del partito di Kibaki non sono stati eletti. Voglio dire: i deputati più importanti, quelli di maggior peso politico e che stavano alla Camera magari da un quarto di secolo. Al posto loro sono passati i candidati luo. Invece, quando s’è trattato di scrutinare il presidente, sorpresa! Avrebbe vinto Kibaki, il kikuyu. Il conto non torna. Effettivamente la differenza, in base ai dati ufficiali, tra i voti presi da Kibaki e quelli presi da Oginga Odinga è minima: Kibaki 4.584.721, Oginga Odinga 4.352.993. Gli osservatori internazionali dicono che di imbrogli ce ne sono stati tanti. Il numero dei votanti, che era uguale a x prima della chiusura delle urne, è diventato a un tratto x+300 mila nell’intervallo tra la chiusura delle urne e il conteggio.
• Perché lì c’erano gli osservatori internazionali e quando s’è trattato delle elezioni russe no?
I poveri kenyoti non hanno mica le relazioni di Putin. Qui sono venuti a ficcare il naso tutti quanti (specie i tedeschi) e se ne sono usciti con questo verdetto unanime: le procedure di voto sono state regolari, il conteggio no.
• Speranza di arrivare a un compromesso tra i due contendenti?
Poche. Pensi che Kibaki, sapendo che c’era Bush al telefono – lo stesso Bush che aveva appena ritirato ufficialmente le congratulazioni per la vittoria – ha fatto dire che non c’era. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 2/1/2008]