Gazzetta dello Sport, 24 gennaio 2008
Prodi ha facilmente ottenuto la fiducia alla Camera (326 sì, 275 no) e si prepara, stasera, ad affrontare i senatori. Qui le previsioni sono infauste: i diniani hanno annunciato voto contrario (a parte il senatore D’Amico), voterà no anche Fisichella, il senatore Pallaro, che avrebbe votato sì, non farà in tempo ad arrivare dall’Argentina. E infine i mastelliani stavolta saranno presenti in aula e voteranno contro il governo. Alla Camera, in una giornata in cui tutti hanno cercato di abbassare i toni, non si sono presentati.
• Dunque Prodi cadrà in Parlamento. Non sarebbe stato meglio dimettersi?
Prodi ha preso fin dall’inizio la decisione di parlamentarizzare la crisi e, col conforto di Rosy Bindi ed Emma Bonino, non ha cambiato idea. Ieri mattina Napolitano lo ha convocato al Quirinale e gli ha ribadito che la prova di forza al Senato, indipendentemente dal risultato, avrebbe solo esasperato la situazione e reso ancora più difficile la fase successiva. Prodi ha dato l’impressione per tutto il pomeriggio di essersi quasi persuaso e questo ha smorzato a un tratto i toni della polemica politica. L’Udeur non s’è presentata a Montecitorio per non far risuonare i suoi no nell’aula, anche se Fabris spiegava a quelli di Sky che al Senato, eventualmente, i mastelliani ci sarebbero andati, e per votar contro. Berlusconi, presente una volta tanto al dibattito, ha evitato di prendere la parola. Berlusconi, poco prima delle 13, ha anche dichiarato che Prodi, anche se sfiduciato, avrebbe potuto benissimo restare in carica per approvare una modifica alla legge elettorale: trasformare i venti premi di maggioranza regionali in un solo premio di maggioranza nazionale, in modo da rendere molto meno probabile l’eventualità di un pareggio. Intanto il presidente del Consiglio convocava il Consiglio dei ministri per venerdì mattina e, mentre a Montecitorio continuavano le dichiarazioni di voto, riuniva, nella sala dell’esecutivo della Camera, un po’ di ministri e capipartito. All’uscita da questo summit, durato quasi quattro ore, la Camera aveva votato la fiducia e i cronisti s’erano convinti che il presidente del Consiglio sarebbe andato da Napolitano. Prodi invece ha spiegato di non aver cambiato idea: stasera sarà in Senato e si prenderà il suo bravo voto di sfiducia in modo che a tutti siano chiare le posizioni prese da ciascuno. I democratici sono rimasti chiusi nel famoso loft dell’Anagrafe fino a tarda notte. Hanno discusso la questione di che linea tenere dopo la caduta del governo, e di come farla prevalere. I prodiani, come lei sa, vogliono le elezioni subito, la coalizione in lizza e Prodi alla sua guida. Sulle elezioni anticipate potrebbe forse esser d’accordo anche Veltroni (i pareri sono discordi), ma è certo che il segretario del Pd, se si va al voto, vuole correre da solo e non con una coalizione, ed essere lui il candidato.
• E dopo che Prodi si sarà dimesso che succederà?
Napolitano convocherà gli ex presidenti della Repubblica, i presidenti di Camera e Senato, poi i presidenti dei gruppi parlamentari. Il Capo dello Stato dovrà capire se in Parlamento esiste o no una maggioranza disposta a sostenere un altro governo. Se alla fine risultasse che una nuova maggioranza non c’è, dovrebbe sciogliere le Camere e indire le elezioni
• Ho sentito che potrebbe sciogliere solo il Senato.
Tecnicamente potrebbe. In questo caso, dopo il voto, si verificherebbe di sicuro una situazione di stall centro-destra in maggioranza al Senato, centro-sinistra in maggioranza alla Camera. L’unico governo possibile sarebbe quello delle larghe intese, cioè Forza Italia e Pd insieme. Napolitano potrebbe anche minacciare lo scioglimento del Senato per costringere Berlusconi ad accettare una soluzione di mezzo.
• Per esempio?
Prodi ieri mattina aveva fatto sapere che in caso di fiducia al Senato ottenuta col voto decisivo dei senatori a vita, avrebbe potuto formare un nuovo governo incaricato di cambiare la legge elettorale. Avrebbe dato in cambio la garanzia che nel 2009 si sarebbe votato. Questo governo sarebbe stato formato da dodici ministri e non più di 60 persone (premier compreso) come previsto dall’ultima Finanziaria. Potrebbe essere un’ipotesi ancora valida, ed è molto probabile che in una prima fase l’attuale premier, se riceverà il reincarico, la tenterà.
• E il referendum?
Se si sciolgono le Camere slitta di un anno. Se non si sciolgono e si vota una nuova legge elettorale, salta. Altrimenti si va a votare tra il 15 aprile e il 15 giugno. Ieri i referendari hanno mandato una lettera a Napolitano in cui dicon «Presidente, se proprio devi sciogliere le Camere, fallo dopo il referendum. Ormai ci siamo!». Non è insensato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/1/2008]