La Gazzetta dello Sport, 31 gennaio 2008
Marini, ieri, ha cominciato il suo giro di consultazioni... • Sa che questa crisi politica comincia a essere noiosa? Prima le consultazioni di Napolitano, adesso quelle di Prodi
Marini, ieri, ha cominciato il suo giro di consultazioni...
• Sa che questa crisi politica comincia a essere noiosa? Prima le consultazioni di Napolitano, adesso quelle di Prodi... Che cosa si deve consultare, alla fine? Marini scriva una legge elettorale, la faccia vedere a questi e a quelli, e se trova una maggioranza...
Ma le consultazioni sono proprio questo. E cioè, Marini chiede a tutti quanti, uno per un tu, per votare un governo, che vuoi? E sta a sentire le risposte. Perché, prima di fare una legge elettorale, bisogna votare la fiducia al governo. E non è la stessa cosa. Infatti ieri Marini ha detto: non è che mi metto a cercare i senatori uno per uno, ci vuole «un accordo ampio». Questa frase può significare una cosa sola: bisogna che ci stiano sia Berlusconi che Veltroni.
• Ma se Berlusconi ha appena detto che non se ne parla proprio.
Sì. Eppure... Marini ha fama di uomo tenacissimo e capace di andare a dama nelle situazioni più complicate. Al punto che anche qualcuno dei super-scettici, a sentire che aveva accettato questo strano mandato esplorativo, ha detto: «Mi pare impossibile che si riesca a fare un governo. Certo però che se Marini ha accettato...»
• Come potrebbe riuscirci?
Bisogna intanto conoscere un po’ l’uomo. Ha fatto il sindacalista, proprio come il suo dirimpettaio della Camera, Bertinotti. Con questa differenza: Bertinotti è passato alla politica con la fama di quello che gli accordi non li chiudeva mai. Marini, invece, ha lasciato la Cisl con questo giudizi se un accordo non lo chiude Franco, non lo chiude nessuno. Lo chiamavano ”Scintillone”. Era anche capace di uscir fuori dalla stanza delle trattative, andar dai suoi e dire: «Ragazzi, o così o niente». Si oppose strenuamente all’unità sindacale, perché sapeva che, fondendosi Cgil Cisl e Uil, la componente comunista avrebbe schiacciato le altre. Perse, ma presto gli diedero ragione e l’unità non si fece. Ha preso la tessera della Dc nel 1950, ha fatto il deputato europeo per i socialdemocratici (forse l’unico sbaglio della sua vita: era il 1979), s’è fatto eleggere alla Camera per la prima volta nel 1992 e ha preso 106 mila voti (record nazionale in quel turno), ha saputo da sempre che per tenere il potere bisogna avere in mano il partito e che per tenere in mano il partito bisogna controllarne l’organizzazione. E infatti: strutturò lui il vecchio Partito popolare e poi la Margherita, non volle neanche qui far fusioni innaturali, si mise d’accordo con D’Alema per far cadere Prodi nel 1998 e ha fatto poi asse più o meno sempre con D’Alema capeggiando il partito dei non prodiani favorevoli all’intesa con Berlusconi e Fini. Ben prima degli accordi, adesso quasi dimenticati, tra il Cavaliere e Veltroni. La gran voce che gira adesso è che stia facendo l’esploratore sempre in asse con D’Alema.
• E questo accordo sarebbe?
Di andare al referendum, alla fine. Il piano, secondo quello che dicono i retroscenisti, sarebbe quest Marini la tira per le lunghe e a un certo punto si stabilisce che la vera riforma elettorale è quella che hanno chiesto gli ottocentomila italiani che hanno sottoscritto per il referendum. Si decide perciò che: si vota il referendum il 20 aprile e, dopo la vittoria del sì, si sciolgono le Camere e si chiamano gli italiani a rinnovare il Parlamento, per esempio il 22 giugno. C’è qualche indizio. La Consulta l’altro giorno ha detto che l’attuale legge elettorale ha, in termini costituzionali, difetti gravi: sarebbe dunque davvero opportuno cambiarla. I referendari hanno chiesto ufficialmente a Napolitano di sciogliere le Camere solo dopo il voto referendario. Tra le cosultazioni di Marini ci sono anche questi del Comitato promotore, capitanati da Guzzetta e Segni. Ieri Bertinotti (a cui il referendum sta bene) ha detto che la lesgislatura è finita «politicamente», il che significa che non è ancora finita tecnicamente. Casini (a cui il referendum sta malissimo) è tornato di corsa sotto l’ala di Berlusconi. E soprattutt il referendum scompaginerebbe il centro-destra, dato che Fini lo ha sostenuto esplicitamente. E non ci sarebbe (forse) il tempo per far fusioni: Forza Italia sarebbe costretta a giocare contro il Partito democratico senza allearsi con gli altri del Polo, dato che allearsi sarebbe inutile.
• Sembra impossibile. Ma Lei ne parla come se la cosa fosse a portata di mano.
Non è per niente a portata di mano, ma l’unico che può renderla possibile è proprio Marini. Deve solo trovare il modo di ripetere a Berlusconi la frase che diceva ai suoi amici di una volta: ragazzi, o così o niente. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 31/1/2008]