La Gazzetta dello Sport, 9 febbraio 2008
Gli arresti di mafiosi continuano. L’altra sera s’è consegnato all’Fbi di Manhattan Jackie D’Amico, 71 anni, che da giovane faceva l’aiutante di campo di John Gotti
Gli arresti di mafiosi continuano. L’altra sera s’è consegnato all’Fbi di Manhattan Jackie D’Amico, 71 anni, che da giovane faceva l’aiutante di campo di John Gotti. A Palermo s’è arreso Giovanni Adelfio, di 70 anni, boss di Villagrazia...
• Ma sono tutti vecchi? Ho sentito di quell’altro che mentre lo portavano via s’è girato verso la telecamera e ha esclamat «Minchia, quanto sono elegante...»
Filippo Casamento, 82 anni. quello che ha ammazzato Pietro Inzerillo nell’82, facendo poi trovare il cadavere nel portabagagli di una Mercury Cougar. Questa dell’eleganza è una mania dei mafiosi. John Gotti si pavoneggiava e diceva a tutti di aver pagato per i suoi abiti su misura duemila dollari. Qualcuno dice che la crisi della mafia comincia da quella vanità insulsa. A proposito, mettiamo in chiaro subito che la mafia era già in crisi prima dei 73 arresti dell’altro giorno. Basta guardare i numeri: la criminalità organizzata è la prima azienda italiana, con 90 miliardi e mezzo di fatturato. Ma di questi, la mafia siciliana classica ne fattura una ventina. Gli altri se li spartiscono napoletani e calabresi.
• Significa che il padrino non è stato veramente arrestato?
Ma guardi che forse il padrino non c’è neanche più. Il personaggio di maggior spicco nella retata dell’altro giorno è questo Frank Calì, di 42 anni. Dovrebbe essere lui l’anello di congiunzione tra siciliani e americani... Lei sa com’è la storia. All’inizio degli anni Novanta Totò Riina prese a massacrare le famiglie rivali e quelli che riuscirono a salvare la pelle scapparono in America, da dove sono tornati intorno al 2003, quando la vita ha cominciato a farsi troppo pericolosa anche laggiù. I mafiosi siciliani, a vederli rientrare nelle stesse case che avevano abbandonato quindici anni prima, hanno cominciato a discutere sull’atteggiamento da tenere. La mafia era già in crisi, con tutti quei boss arrestati, ma Provenzano era ancora in circolazione e, insomma, prevalse l’idea che questi americani avrebbero potuto ridare un respiro internazionale all’organizzazione, farla uscire dalle difficoltà.
• E come mai non è andata così?
Una ragione è che la creazione dell’asse Palermo-New York ha favorito anche l’alleanza tra le polizie italiana e americana. L’Italia, dal punto di vista mafioso (solo mafios napoletani, calabresi, albanesi, cinesi campano invece benissimo da noi), non è più questo gran paese. In un’intercettazione si sente un altro di questi vecchi, Francesco Inzerillo, che si lamenta con i nipoti e gli dice: « tutta una catena e una catenella, basta essere incriminato per l´articolo 416 bis e scatta automaticamente il sequestro dei beni. E cosa più brutta del sequestro dei beni non c´è».
• Ma l’alleanza con gli americani non li aveva rafforzati?
Il lato americano dell’organizzazione ha le sue gravi responsabilità. Roberto Saviano, lo scrittore di Gomorra, ha intervistato una ventina di giorni fa Joe Pistone, che l’Fbi infiltrò a suo tempo dentro Cosa Nostra. Pistone ha spiegato che la vecchia generazione di mafiosi – paziente, tenace – controllava il territorio attraverso i sindacati (tutti comprati) e i politici (tutti corrotti). La merce viaggiava sicura perché i camionisti - sindacalizzatissimi - erano tutti dei loro. Però per corrompere i politici, i sindacalisti, i poliziotti ci vuole pazienza, ci vuole capacità diplomatica e soprattutto bisogna saper aspettare. La nuova generazione invece ha fretta. Vede che col pizzo, gli appalti, i rifiuti e la droga si può far presto. E fanno presto. Troppo prest hanno perso le coperture di un tempo.
• Non sarà che il crollo della mafia è avvenuto anche perché è stata battuta dalla concorrenza della camorra?
Devo purtroppo rispondere di sì. Il fatturato delle tante malavite che ci assediano è infatti sempre in crescita. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 9/2/2008]