La Gazzetta dello Sport, 14 febbraio 2008
In Afghanistan è stato ucciso un altro soldato italiano, Giovanni Pezzulo, 45 anni, sposato e con una figlia di 18 anni
In Afghanistan è stato ucciso un altro soldato italiano, Giovanni Pezzulo, 45 anni, sposato e con una figlia di 18 anni. Stava distribuendo, insieme con altri commilitoni, cibo, coperte e altri generi di prima necessità alla popolazione di Rudbar, un centro della valle di Uzeebin a sessanta chilometri da Kabul. Erano le 11 e mezzo del mattino (le tre del pomeriggio da noi) quando sui nostri militari è piombato un gruppo di talebani con pistole e fucili. Si sono messi a sparare e hanno ucciso Pezzulo e ferito a una gamba, non gravemente, il soldato Enrico Mercuri. Un Zabihullah Mujahid, seguace del mullah Omar, ha poi rivendicato l’azione. Altri dettagli sullo scontro a fuoco (se i nostri abbiano risposto, se qualche talebano sia rimasto sul terreno) non sono stati forniti. Pezzulo era di Carinola, in provincia di Caserta e adesso abitava con la famiglia a Oderzo (Treviso). Mercuri è marchigiano e ha chiamato subito i suoi per tranquillizzarli.
• Come si fa ad andare a casa di un militare ucciso e informare i familiari?
E’ uno dei mestieri più difficili. A casa di Pezzulo è andato il colonnello Celestino Di Pace, comandante del reparto di Motta di Livenza. Poi hanno telefonato alla famiglia Napolitano, Prodi, Berlusconi, Veltroni. Ieri al Tg1 Berlusconi ha fatto sapere di aver messo a disposizione della famiglia «tutto quello che può servire». Magari qualcuno pensa che la moglie e la figlia di un soldato siano in qualche modo preparati a una tragedia come questa. Ma non è così. Gli italiani non sono in Afghanistan per combattere.
• E allora perché gli sparano addosso? E mentre stanno distribuendo coperte?
E in un periodo che non è quello normale, perché in Afghanistan adesso fa molto freddo, è nevicato tantissimo e i talebani partono al contrattacco di solito in primavera. Ma stavolta hanno anticipato le operazioni. Poco prima di Natale c’è stato l’attentato all’Hotel Serena di Kabul, un’avvisaglia grave che ha indotto una quantità di civili occidentali a tornare di corsa a casa. Molte organizzazioni umanitarie si sono svuotate di personale. vero infatti che durante il 2007 gli americani hanno ottenuto risultati importanti sul piano militare. Però non abbastanza importanti, forse: a novembre metà del Paese era ancora in mano ai talebani. I talebani hanno cominciato a riattaccare perché sanno che tra gli occidentali combattenti (americani, inglesi e canadesi) e gli occidentali non combattenti (noi, i francesi, gli olandesi) i rapporti sono peggiorati parecchio.
• Perché?
Loro ci accusano di non combattere. Noi gli rispondiamo piccati: che cosa dobbiamo combattere, se voi date i soldi ai pakistani che sono i principali sostenitori dei talebani? Naturalmente, gli europei hanno problemi con i rispettivi governi, parlamenti e opinioni pubbliche, a cui si deve dire che, anche se siamo laggiù, non stiamo facendo la guerra. Gli americani, gli inglesi e i canadesi ci rispondono che se non si controlla l’Afghanistan, non c’è modo di contrastare l’Iran. E che andarsene significa perdere tutto quello che è stato fatto finora.
• Ma perché sparare proprio agli italiani?
Per via della rotazione, il comando a Kabul adesso è in mano nostra. Tra pochi giorni il Parlamento dovrà rifinanziare la missione e un soldato morto può creare un problema a chi vota. Sono ragioni possibili, plausibili. Ma naturalmente non è affatto detto che la sparatoria sia stata preceduta da un ragionamento strategico. Non abbiamo informazioni sufficientemente dettagliate. A Kabul dicono addirittura che l’attacco potrebbe essere stato provocato dal fatto che la Biblioteca reale danese vuole acquisire – e in qualche modo nobilitare – le vignette su Maometto che nel 2005 gli islamici giudicarono blasfeme.
• Pensare che questa tragedia è accaduta poche ore dopo che su Mediaset è andata in onda la rievocazione di Nassirya.
Sa come diceva Brecht: beato il Paese che non ha bisogno di eroi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/2/2008]