La Gazzetta dello Sport, 3 marzo 2008
Putin non è più presidente della Russia. Ieri è stato eletto al suo posto Dmitrij Medvedev, già vicepremier e capo della Gazprom, l’azienda di Stato prima al mondo per l’estrazione del gas e seconda per il controllo del petrolio
Putin non è più presidente della Russia. Ieri è stato eletto al suo posto Dmitrij Medvedev, già vicepremier e capo della Gazprom, l’azienda di Stato prima al mondo per l’estrazione del gas e seconda per il controllo del petrolio.
• Significa che Putin va in pensione e che i petrolieri si sono impadroniti dello Stato?
No. Medvedev è un uomo di Putin, che Putin stesso ha candidato alla sua successione lo scorso dicembre. Adesso – in base ai patti sottoscritti tra i vari clan di Mosca – Medvedev nominerà Putin presidente del Consiglio, cioè premier. Secondo le previsioni, tra qualche mese si dimetterà – per ragioni di salute o per altro – e ci sarà una nuova elezione presidenziale. Putin si candiderà di nuovo e diventerà nuovamente presidente.
• Tutto questo girotondo perché? Se c’erano le elezioni, Putin non poteva presentarsi e vincere?
No, perché la Costituzione russa proibisce di restare presidenti dopo due mandati. Putin era stato eletto una prima volta nel 2000 e una seconda volta nel 2004. Per essere eletto anche nel 2008, avrebbe dovuto far cambiare la Costituzione. Ma non ha voluto o, forse, non ha potuto. Naturalmente Putin è un vero e proprio zar. Ma, come le ho detto prima, nel palazzo del potere russo ci sono altre figure che capeggiano clan e consorterie, ed è abbastanza plausibile che Putin, in vista delle elezioni, abbia dovuto trattare con questi capibastone. logico pensare che non gli abbiano permesso di cambiare la Costituzione, ed è altrettanto logico pensare che, in cambio di questo, abbiano dovuto lasciare a Putin l’ultima parola sulla scelta del successore. Dietro Medveded non ci sarebbe nessuna banda ed è per questo che Putin lo ha fatto salire al vertice del sistema.
• E se Medvedev poi fa di testa sua?
E’ possibile. Cioè è possibile che l’uomo messo al Cremlino dai clan sia poi meno affidabile di quel che i clan pensano. L’opposizione – ormai inesistente – ci spera. Il controllo di Putin sugli apparati è infatti talmente stretto che Medvedev ha avuto esattamente la percentuale di voti prestabilita, cioè circa il 69%, due punti in meno dei consensi raccolti da Putin nel 2004. L’affluenza alle urne è stata leggermente più alta di quella di quattro anni fa e la teoria degli altri candidati sconfitti si è snocciolata nei termini previsti da tutti gli osservatori: il comunista Zyuganov secondo, con circa il 14%, Zhirinovski con 2-3 punti, Bogdanov sotto l’1. Del resto ha ragione Kasparov: già candidarsi è un tradimento, dato che serve a dare alle elezioni un’apparenza di democrazia.
• Quello però non è un Paese un po’ particolare? Ci sono sempre stati gli zar...
Beh, nel 1996 Eltsin andò addirittura al ballottaggio con Zyuganov. E nel 2000 Putin passò per poco, appena il 52%. No, una quindicina d’anni fa le elezioni erano vere. solo negli ultimi tempi che il sistema s’è trasformato in regime o in dittatura o in “democrazia sovrana”. Grazie all’astuzia del grande capo, ad alcune piccole riforme istituzionali (tipo quella che i governatori non sono più eletti, ma nominati dal presidente) e al petrolio.
• Che c’entra il petrolio?
L’aumento inarrestabile del prezzo del petrolio e delle altre materie prime ha fatto ricchi i russi. Megli ha fatto ricchi soprattutto i duecentomila che fanno parte dell’oligarchia russa. Ma le briciole sono cascate anche sui poveretti del popolo, una massa impressionante di miserabili. Putiniani di ferro però, perché stanno un poco meglio di prima, perché restano a bocca aperta davanti ai discorsi patriottici che il loro zar fa in tv e perché sono convinti che gli occidentali che parlano male della Russia siano solo dei degli agenti provocatori che crepano d’invidia per la loro grandezza, dei nemici che puntano solo a sottometterli. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 3/3/2008]