La Gazzetta dello Sport, 10 luglio 2008
I magistrati della Corte d’appello civile di Milano hanno stabilito che si può lasciar morire Eluana Englaro, una ragazza in coma dal 18 gennaio 1992
I magistrati della Corte d’appello civile di Milano hanno stabilito che si può lasciar morire Eluana Englaro, una ragazza in coma dal 18 gennaio 1992. Più esattamente: i giudici ammettono che si possa interrompere il trattamento di idratazione e di alimentazione forzato. La donna, ormai non lontana dai quarant’anni, spirerà da sé, di fame e di sete, come è accaduto negli Stati Uniti con Terry Schiavo. Il cardinale Fisichella ha subito parlato di «eutanasia», la radio Vaticana ha definito la sentenza «grave» («nessun tribunale aveva mai accolto una richiesta come questa che disconosce il principio della non disponiblità della vita e il dovere di ogni società civile di assistere i propri cittadini più deboli»). Il padre di Eluana, Beppino Englaro, ha invece detto: «Ora la libereremo».
• Significa che in Italia è stata introdotta l’eutanasia?
I giudici hanno stabilito che si può smettere di dar da mangiare e bere a Eluana solo in presenza delle due condizioni fissate dalla Cassazione lo scorso 16 ottobre: se lo stato vegetativo permanente è effettivamente irreversibile e se Eluana è d’accordo.
• Come si fa a sapere se Eluana è d’accordo?
Si potrebbe sapere con certezza solo se Eluana avesse lasciato un testamento biologico o avesse manifestato con chiarezza, a un certo punto della sua vita, la volontà di non sopravvivere allo stato in cui si trova adesso. Per esempio, l’astrofisica Margherita Hack, favorevole all’eutanasia, non ha fatto testamento biologico, ma ha detto una volta a un giornalista che la intervistava: «Lo scriva, non voglio ricevere cure contro la mia volontà. Mi facciano fuori subito». Per la Cassazione un’affermazione del genere, se confermata dall’intervistatore, sarebbe sufficiente ad accertare la volontà della paziente. Nel caso di Eluana c’è il padre che racconta di un incidente occorso nel 1990 ad un amico della figlia, di nome Alessandro. Eluana andò a trovarlo e lo vide in coma, ridotto allo stato vegetativo. Allora – dice – andò in chiesa ad accendere un cero alla Madonna pregando perché morisse. Anche questo racconto, evidentemente confermato da qualche testimone, è stato ritenuto sufficiente a ammettere la “liberazione” – secondo l’espressione del padre – di quella poveretta.
• Non potrebbe essere intervenuto, nella vita di una persona, un cambiamento di idee? Come possiamo sapere che cosa pensa davvero Eluana adesso?
E’ un’obiezione giusta. C’è il caso straordinario della dottoressa Sylvie Ménard, un luminare dell’oncologia che ha passato la vita vicino al dolore ed è stata da sempre una convinta sostenitrice della dolce morte. A 57 anni le diagnosticano un cancro al midollo osseo, di quelli che non dànno speranza. Uscita sotto choc dallo studio medico dove l’hanno visitata (lei, che ha combattuto il cancro per 30 anni, malata proprio di quel male!), la dottoressa scopre di non volere assolutamente la dolce morte. Vuole vivere, getta alle ortiche i suoi ragionamenti precedenti sul diritto all’eutanasia e fa sapere a tutti che non dovranno staccarle la spina mai. Del resto le legislazioni che ammettono l’eutanasia, stabiliscono che vale l’ultima manifestazione di volontà e dànno il permesso di praticare la famosa iniezione solo dopo una vera e propria istruttoria, governata da un comitato che si mette in moto solo su richiesta. I due terzi di queste richieste (sto pensando all’Olanda) o sono respinte o vengono accolte troppo tardi, quando il paziente è già morto.
• Secondo me non è giusto interrompere niente e bisogna combattere fino alla fine.
Il padre di Eluana è durissimo con i medici che difendono questa posizione. Dice: la morte fa parte della vita, questa condizione che non è né morte né vita, invece, che cos’è? In un’intervista disse: «I medici, se protesti, ti dicono: non capisci lo splendore della vita? Ma io rivendico, invece, il diritto a essere squallido. Gli stessi medici suggeriscono a volte: se tu, caro parente, vuoi fare qualcosa di concreto, portatela a casa e lasciala morire, tanto nessuno viene a controllare. E questo è un suggerimento ripugnante. Sa cosa sottintende? Non puoi pretendere che lo facciamo noi, fallo tu, mentre io mi giro e non ti guardo. così che deve funzionare? No, no, proprio questo è il senso della battaglia in nome di Eluana, che le cose si fanno alla luce del sole, con la possibilità di esprimere il dissenso informato».
• Perché la Chiesa è così contraria?
Si tratta di stabilire a chi appartiene la vita: se la vita è di Dio, se l’uomo è perciò un animale speciale, nessuno può toccarla. Se la vita appartiene invece a ciascuno di noi e se noi siamo animali come tutti gli altri, figli del Caso e della sola Selezione naturale, la sofferenza vale la pena, l’eutanasia ha senso. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/7/2008]