La Gazzetta dello Sport, 14 luglio 2008
Ieri Repubblica ha calcolato che un pieno costa ormai un’ottantina di euro, mentre appena un anno fa ne bastavano 60
Ieri Repubblica ha calcolato che un pieno costa ormai un’ottantina di euro, mentre appena un anno fa ne bastavano 60. I titoli del giornale dicevano anche: «Rivolta dei consumatori: giù le tasse». Poi, nelle prime pagine interne (la 2 e la 3, segno che l’argomento è stato giudicato il più importante della giornata): «Dai trasporti pubblici alle bollette il boom delle tariffe: più 40%». Jenner Meletti, il loro bravo inviato, ha fatto un giro tra i le stazioni di servizio dell’autostrada. Titolo: «Code, proteste e furti al distributore...»
• I benzinai, secondo me, non c’entrano niente.
Non c’entrano niente, no. C’entrano i petrolieri e il governo, questo governo e i governi che sono venuti prima. I governi hanno caricato di tasse la benzina oppure non le hanno tolte. Ho già fatto l’elenco una volta, ma magari qualcuno se l’è dimenticato e vale la pena ripeterlo, tanto più che è grottesco. Ecco qua. Su ogni litro di benzina versiamo una tassa, detta accisa, messa per riparare ai danni de: la guerra d’Abissinia (combattuta nel 1936), la crisi di Suez (1956), la tragedia del Vajont (1963), l’alluvione di Firenze (1966), il terremoto del Belice (1968), il terremoto del Friuli (1976), il terremoto dell’Irpinia (1980), la missione in Libano (1983), la missione in Bosnia (1996), il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri (2004). Su queste tasse si applica poi un’altra tassa, cioè l’Iva, il che è il colmo degli assurdi. Il governo ha pensato di varare un meccanismo che sterilizzi l’Iva quando gli aumenti raggiungono un certo livello. Ma il provvedimento sta in quella pre-Finanziaria che Tremonti ha varato in nove minuti e che il Parlamento deve ancora far diventare legge. Si potrebbero risparmiare dei soldi – almeno secondo il Codacons – permettendo a tutti i supermercati di installare una pompa. Ma i benzinai non vogliono assolutamente. Le altre associazioni dei consumatori premono per un intervento immediato su queste accise. Ma è inutile farsi illusioni: il debito italiano ha raggiunto una quota record (lo abbiamo detto venerdì), tagli alle accise non se ne possono fare.
• E allora?
C’è sempre il problema del perché questo maledetto petrolio rincara. Peppino Turani, ancora su Repubblica, attribuisce i rincari alla debolezza del dollaro. Chi vende petrolio incassa dollari, cioè una moneta svalutata. Mentre quando compra, deve comprare con moneta buona, cioè euro. Per rifarsi pretende più dollari in cambio del petrolio. Turani crede che l’origine dei prezzi alti sia questa, esclude che c’entrino gli speculatori, esclude che c’entri la scarsità dell’offerta. Secondo lui il petrolio ci sarà ancora senza problemi per decenni.
• Convincente?
Fino a un certo punto. Dire che abbiamo petrolio per decenni è un modo elegante per ammettere che sta per finire, perché i decenni, su questa scala temporale, sono periodi di tempo molto brevi. vero che il dollaro spinge il prezzo verso l’alto, è pure vero che l’euro dovrebbe proteggerci più di quanto non faccia. Come mai in questo settore la nostra moneta tanto forte ci aiuta così poco? Devo ancora leggere una risposta convincente a questa domanda, una risposta cioè che non sia la semplice: «Ci stanno fregando alla grande».
• La Cina che consuma a più non posso?
Turani pubblica quest’altro dato interessante, proveniente dall’ufficio studi dell’Eni. E cioè: la domanda di petrolio, nonostante l’aumento dei prezzi, non solo non è diminuita, ma è addirittura leggermente cresciuta. Infatti, si stima il fabbisogno attuale in 86,5 milioni di barili al giorno contro un’offerta che non riesce a superare gli 85 milioni. A questo incremento di domanda i cinesi contribuiscono molto relativamente: se gli Stati Uniti consumano 25 barili di petrolio e gli europei 15, i cinesi si fermano appena a 2. Allora, finche la domanda sarà forte, il prezzo non potrà che salire. Perché – spiega giustamente Turani – i prezzi salgono proprio perché cercano il loro plafond, il loro tetto e fino a che non lo trovano continuano a salire. Qual è il segnale che il tetto è stato raggiunto? Il fatto che la domanda scende, cioè che un sacco di gente non vuole più quel bene perché costa troppo.
• Quindi finché continueremo ad andare in automobile, il prezzo continuerà a salire?
Secondo Turani non basterà neanche smettere di andare in macchina. Noi magari rinunceremo. Ma i cinesi (e gli indiani) no. Oggi hanno solo qualche milione di macchine. Ma sono tre miliardi. per questo che il petrolio a buon prezzo è a questo punto solo un bel ricordo del passato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/7/2008]