La Gazzetta dello Sport, 18 luglio 2008
Citiamo direttamente il sito di Repubblica, più o meno alle sette di ieri sera: «Non si ferma la campagna del ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta contro l’assenteismo nella pubblica amministrazione
Citiamo direttamente il sito di Repubblica, più o meno alle sette di ieri sera: «Non si ferma la campagna del ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta contro l’assenteismo nella pubblica amministrazione. Dopo aver messo online le assenze dei dipendenti per motivi sindacali, arriva il nuovo regime delle assenze per malattia. Tra le novità per gli statali fannulloni, contenute in una circolare firmata oggi, l’obbligo di visita medica anche per un giorno di malattia e la decurtazione dello stipendio per i primi dieci giorni di assenza in caso di malattie e permessi. Il provvedimento è retroattivo, perché si applica alle assenze a decorrere dal 26 giugno scorso...».
• Beh, perché ricorrere al sito di Repubblica invece di spiegare la cosa con parole sue, come al solito?
Perché è divertente l’approccio. Sembra che Brunetta abbia preso una decisione ieri, con questa circolare, e che abbia addirittura deciso di far valere la nuova regola – apparentemente partorita di punto in bianco direttamente dalla sua testa – retroattivamente, e cioè dal 26 giugno 2008. Potrei chiedere: perché proprio dal 26 giugno – un giovedì – e non, mettiamo, dal 23, che era lunedì? O magari dall’inizio del mese, lunedì 2 giugno?
• Già, perché?
Perché non si tratta affatto di una decisione di Brunetta e non è per niente retroattiva. Si tratta dell’articolo 71 del decreto legge 112 del 25 giugno 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del giorno dopo e quindi immediatamente in vigore dal 26.
• Che legge è?
E’ la famosa Finanziaria 2009, o forse pre-finanziaria, di Tremonti, quella approvata in nove minuti e che ci obbliga a risparmi per undici o dodici miliardi, che prepara un piano triennale di economie (molte) e investimenti (pochi), che dovrebbe portarci al pareggio di bilancio nel 2011. Tra questi interventi di razionalizzazione della spesa c’è questo relativo all’assenteismo nella pubblica amministrazione. Potrai subire la visita fiscale anche con un solo giorno di assenza. Per i primi dieci giorni ti verrà corrisposto «il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio». Quindi se stai a casa, prendi meno soldi, a parte alcuni casi particolari (tipo i permessi di maternità o paternità). Dopo dieci giorni di assenza e in ogni caso a partire dalla seconda volta che ti ammali nell’anno solare, «l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica». L’orario per la visita fiscale si allunga: devi stare a disposizione dalla 8 alle 13 e dalle 14 alle 20 tutti i giorni compresi i non lavorativi e i festivi (comma 4). Lo spirito di queste disposizioni, che vogliono colpire un fenomeno gravissimo di malcostume (le basterà sapere che i dipendenti pubblici fanno lo stesso numero di assenze dei dipendenti privati, ma i dipendenti privati sono 15 milioni, quelli pubblici 3,5), è giusto. Mi lasciano assai dubbioso invece un paio di cose.
• Quali?
Non mi piace il metodo Brunetta di finire in prima pagina col sistema di trasformare in circolare, da passare anche ai giornali e oltre tutto ad ora tarda, un articolo di legge già in vigore. Della circolare non c’era alcun bisogno: le norme («non derogabili», comma 6) sono già tutte nel decreto 112 che non rinvia infatti – come succede spesso – a ulteriori disposizioni del ministro per l’applicazione. Significa che su quel passaggio legislativo è stato fatto un grande investimento propagandistico, ma che sull’efficacia reale delle norme è lecito nutrire qualche dubbio.
• Mi sembrano disposizioni molto chiare. Come si potrebbero sabotare?
Intanto una cosa sono le leggi, un’altra la vita quotidiana degli uffici. Non sarebbe stato meglio investire denaro e cervello sul problema delle “presenze assenti”, cioè dell’abitudine – diffusissima – di timbrare e poi uscire dall’ufficio per i fatti propri, risultando formalmente presenti pur essendo altrove? Non sarebbe stato meglio rendere effettivamente licenziabili – e magari in tronco – i dipendenti pubblici felloni, che invece si salvano sempre, anche se non lavorano mai, persino se rubano, come da decine di sentenze allucinanti? I licenziati in tutto il 2006 sono stati 72, 72 su tre milioni e mezzo di lavoratori. Infine: come mai queste norme passano, e non ci sono i cortei per strada e i sindacati alla porta di Palazzo Chigi? Strano, no? Non sarà che, essendo disposizioni relative ai soli dipendenti pubblici, potrebbero essere facilmente cancellate, con un piccolo ricorso di chiunque, dato che discriminano l’impiego di Stato rispetto all’impiego privato? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/7/2008]