Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  luglio 28 Lunedì calendario

I sondaggi dànno Obama in leggera flessione e McCain in recupero. Obama è sempre in testa, e anche abbastanza nettamente

I sondaggi dànno Obama in leggera flessione e McCain in recupero. Obama è sempre in testa, e anche abbastanza nettamente. Però...

Non è venuto adesso in Europa dove l’hanno accolto da trionfatore? Ho visto qualcosa in tv...
Sì, ha fatto un giro Berlino-Parigi-Londra. Bagno di folla all’inizio (cioè a Berlino), un po’ di sordina alla fine (cioè a Londra).

Cos’ha parlato, in tedesco?
No, ha parlato in inglese. Del resto dei duecentomila che sono andati ad aspettarlo davanti alla Colonna della Vittoria, la metà erano americani. Anche l’altra metà ha capito benissimo quello che ha detto, perché la percentuale di tedeschi che conosce l’inglese è molto alta, mica come da noi che è appena il 13 per cento.

A che gli serve venire qua? Gli americani si impressionano?
Per niente. Anzi. I candidati devono stare attenti a non sembrare troppo europei, se vogliono vincere. Gli Stati Uniti sono una cosa, noi siamo un’altra e quelli che credono a questo principio sono soprattutto gli americani. Obama aveva una reputazione di scarsa dimestichezza in politica estera e facendo un viaggio nei tre paesi più importanti del Continente ha cercato di mandare il messaggio: «Vedete? Di politica estera mi occupo pure io». C’è poi il precedente di Kennedy e Reagan. I due vennero qui da presidenti e fecero due gran discorsi, Kennedy gridando «Ich bin ein Berliner», cioè «Io sono un berlinese», e proclamando che gli americani non possono pretendere di imporre la loro pace al mondo. Reagan, invitando esplicitamente Gorbaciov ad abbattere il muro che divideva la città e il mondo. La storia della “pace americana” viene buona adesso, perché il candidato democratico vuole andar via dall’Iraq (ma non dall’Afghanistan) e deve segnare la massima distanza possibile da Bush. Quanto ai muri, i discorsi fatti sono stati pieni di muri e ponti, abbattere le divisioni, rafforzare i legami eccetera eccetera. Agli europei è piaciuto da pazzi, anzi i sondaggi dicono che se si votasse in Europa prenderebbe l’85 per cento dei voti in Inghilterra, il 96 in Francia e il 90 in Germania. In America è completamente diverso. Mentre Obama stava qua, McCain è andato in giro a far comizi ai pensionati, poi nel New Hampshire per discutere del caro-benzina, quindi dal ciclista Lance Armstrong per raccogliere fondi contro il cancro. Così il repubblicano ha recuperato. Obama però punta su qualcosa che al momento sembra molto difficile da battere.

Vale a dire?
La simpatia personale. Che si basa prima di tutto sull’aspetto, gradevole come non mai (Alessandra Mussolini ha detto che se Veltroni avesse avuto il suo fisico avrebbe battuto Berlusconi). A Berlino, nel primo pomeriggio, è uscito dall’Hotel Adlon in tuta e scarpe da tennis per andare a far ginnastica nella palestra del Ritz. La sera ha portato tutti a un ristorante di bistecche, il Borchardt, ma lui ha preso solo un’insalata. Passo elastico, sorriso sempre stampato in faccia, camicie bianchissime, qualche volta senza cravatta. L’ultimo giorno è uscita una conversazione riservata tra lui e Cameron. Umanissima: «Sai, una volta presidente bisogna darsi da fare per riposare ogni tanto almeno un po’, è assolutamente necessario trovare un minimo di tempo per pensare...» Chi non amerebbe un uomo che – quando non sa di essere ascoltato (non sa di essere ascoltato?!) – dice cose che potrebbe dire ciascuno di noi? La famosa moglie Michelle che guadagna più di lui (altro tratto umanissimo) lo rimprovera pubblicamente perché non aiuta in casa e i rimproveri stanno in tutte le cartelle-stampa. Non è quindi un nostro fratello? Leggiamo la biografia e scopriamo che a un certo punto entra in uno studio di avvocato. Di che cosa si occupa questo studio? Di vittime della discriminazione sul lavoro! E guadagnava tanto poco che per arrotondare si mise a insegnare. Senta l’inizio del discorso di Berlino: «Parlo non come candidato alla Presidenza, ma come orgoglioso cittadino degli Stati Uniti, e cittadino del mondo. So che non assomiglio agli americani che in passato hanno parlato in questa grande città. Mia madre è nata nel cuore dell’America, mio padre è cresciuto allevando capre in Kenya...» Come si fa a non amare un uomo così?

Dica un po’, non è che a lei sta antipatico?
Ma no. Obama fa l’unica cosa possibile in questo momento: dà una speranza a tutti noi. Come farà a tradurre questa speranza in qualcosa di reale, non lo spiega per una ragione molto semplice: non lo sa nemmeno lui. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/8/2008]