La Gazzetta dello Sport, 5 agosto 2008
Le autorità cinesi descrivono così l’attentato che ha provocato sedici morti e sedici feriti nella città di Kashgar: un camion carico di eslosivo, di quelli in genere destinati al trasporto della spazzatura, è stato lanciato da due terroristi contro la porta di un commissariato di polizia
Le autorità cinesi descrivono così l’attentato che ha provocato sedici morti e sedici feriti nella città di Kashgar: un camion carico di eslosivo, di quelli in genere destinati al trasporto della spazzatura, è stato lanciato da due terroristi contro la porta di un commissariato di polizia. Dopo lo scoppio i due (ma saranno stati davvero solo due?) hanno lanciato delle granate e poi si sono scagliati sugli agenti armati di pugnali. Era la tarda mattinata di ieri. I poliziotti hanno arrestato poche ore dopo due persone e dicono che si tratta degli attentatori. Uno di loro è ferito.
• Quindi, tutta questa famosa sicurezza intorno ai Giochi non c’è per niente. Sono cominciati gli attentati.
Beh, Kashgar sta nello Xingjiang. Siamo a cinquemila chilometri da Pechino. La sicurezza cinese – 110 mila effettivi tra esercito e reparti specializzati della polizia e 400 mila volontari – ha concentrato i suoi sforzi soprattutto sulla capitale. Nel resto del Paese operano solo un milione di volontari, a cui si chiede di riferire tutto quello che in qualche modo potrebbe allarmarli. Ma un milione di persone sparse su un territorio di quelle dimensioni sono niente. Ho dubbi persino sulla possibilità di tenere sotto controllo Pechino, che con i suoi 20 milioni di abitanti è grande come il Belgio. Dunque, non è strano che a Kashgar un attentato quasi-suicida sia riuscito. Lo Xingjang è una regione assai problematica. In marzo la morte in carcere di un commerciante di giada molto popolare, di nome Mutallip Hajim, ha provocato una grande manifestazione addirittura dentro il bazar di Khotan. I cinesi rispondono a queste rivolte con durezza assoluta. Nel 1997, dopo una manifestazione per il diritto al lavoro, presero quelli che protestavano, li spogliarono nudi e li portarono in mezzo allo stadio dove li ammazzarono a cannonate d’acqua. C’erano 15 gradi sotto zero. Ne fecero fuori parecchie centinaia. Ne buttarono in galera 80 mila.
• Che vogliono questi cinesi del... come si chiama?
Xingjiang. Ma qui in Italia si può dire anche Turkestan Orientale, espressione proibitissima laggiù. Non sono cinesi, ma turchi, addirittura di discendenza europea, come si è capito dai cadaveri liofilizzati che sono stati trovati nel bacino del Tarim e che mostrano una popolazione bionda e con gli occhi azzurri, arrivata nel Turkestan 3800 anni fa. I cinesi hanno invaso la regione nel 1949. Già a quell’epoca il Turkestan era abitato da una trentina di etnie, la più importante delle quali era quella degli uiguri, nove milioni di persone, di religione musulmana. I cinesi han che abitavano il Paese non erano in quel momento che 300 mila...
• Cinesi han?
Ne abbiamo parlato quando ci siamo occupati del Tibet. I cinesi appartengono per il 95 per cento a una sola etnia, detta etnia han. Come in Tibet, anche nello Xingjiang Pechino ha lavorato per il genocidio culturale degli indigeni: masse di han sono stati mandati nel Turkestan, al punto che oggi il Paese ha venti milioni di abitanti e la metà di questi sono cinesi. Gli uiguri sono stati poi perseguitati in ogni modo. Vietato il velo, tenuti fuori dai posti di responsabilità, discriminati a scuola, i figli delle coppie miste dichiarati senz’altro han. Qui tra l’altro non si è applicata la legge del figlio unico e contemporaneamente s’è spinto perché i cinesi sposassero per quanto possibile le uiguri.
• Però, anche se il Turkestan è lontano da Pechino, le Olimpiadi con l’attentato di ieri c’entrano.
E certo. C’entrano, nonostante le smentite del Cio. Gli attentatori sanno che il mondo in questo momento ha gli occhi puntati sulla Cina e che le loro gesta possono avere un’eco formidabile. Quindi credo che succederanno ancora cose, da oggi alla fine dei Giochi. Però, relativamente all’attentato di ieri e agli altri che avverrano qua e là nei prossimi giorni, voglio invitare a un momento di riflessione.
• Quale?
Naturalmente il comportamento dei cinesi è odioso, va stigmatizzato, e sui diritti civili non si deve transigere. E tuttavia sia in Tibet che nello Xingjiang Pechino ha compiuto uno sforzo enorme, investendo capitali immensi per creare vie di comunicazione e sviluppo. Sviluppo pro domo sua, sicuramente, ma sviluppo. Sa che il Tibet ha un Pil più alto della Cina? E che Urumqi, la capitale del Turkestan, è al centro di un sistema di dodici autostrade che saranno completate nel 2010 e che rimetteranno in servizio l’antica via della Seta, dal Mediterraneo a Istanbul e Pechino? I patrioti del Xingjiang sono a loro volta dei terroristi, fondamentalisti islamici, sostenuti da Al Qaeda e con le basi in Iran e nel Pakistan settentrionale dove sta Bin Laden. Pensiamoci prima di separare con un taglio netto i buoni dai cattivi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5/8/2008]