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 2008  agosto 13 Mercoledì calendario

La guerra in Georgia sembra finita. Le truppe di Putin controllano Gori, che è stata bombardata ancora ieri, gli abkhazi si sono ripresi la gola di Kodori, che i georgiani occupavano dal 2006, l’aeroporto di Tbilisi è in mano ai russi

La guerra in Georgia sembra finita. Le truppe di Putin controllano Gori, che è stata bombardata ancora ieri, gli abkhazi si sono ripresi la gola di Kodori, che i georgiani occupavano dal 2006, l’aeroporto di Tbilisi è in mano ai russi. Verso le undici di ieri mattina, Medvedev ha rilasciato la seguente dichiarazione: «L’aggressore in Ossezia del Sud è stato punito e vi ha subito perdite molto significative. L’obiettivo dell’iniziativa di imposizione della pace è stato raggiunto e cioè garantire la sicurezza delle truppe di pace russe e dei nostri connazionali. Ho preso la decisione di mettere fine all’operazione per costringere alla pace le autorità georgiane». Medvedev dettava alle agenzie e aveva già in mano il piano di pace preparato da Sarkozy. Piano in sei punti su cui, poco dopo, si sarebbe detto d’accordo: 1) Non ricorso alla forza; 2) Cessazione immediata di tutte le ostilità; 3) Libero accesso agli aiuti umanitari; 4) Rientro in caserma delle forze armate georgiane; 5) Ritiro delle forze russe alle posizioni precedenti al conflitto. Per la creazione di meccanismi internazionali, le forze di interposizione russe prendono misure supplementari di sicurezza; 6) Inizio di un dibattito internazionale sul futuro status di Ossezia del Sud e Abkhazia, e dei mezzi per garantire stabilità e sicurezza.

• Quanti morti ci sono stati?
Almeno duemila. E centomila profughi. Il primo volo umanitario dell’ dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) carico di materiali per i civili coinvolti nel conflitto in Ossezia del Sud è arrivato in Georgia ieri mattina. Sia i russi che i georgiani dicono di avere documentazioni inoppugnabili sui genocidi perpetrati dalla controparte. Ma questa è già politica, e bisognerà vedere. I georgiani devono far dimenticare di aver attaccato per primi, i russi – insistendo sul genocidio – vogliono creare una cornice simile a quella del Kosovo, che permetta ad Abkhazia e Ossezia del Sud di proclamarsi indipendenti senza che la comunità internazionale possa dir nulla. Medvedev lo ha detto esplicitamente: «L’esempio del Kosovo e gli eventi degli ultimi giorni vanno presi in considerazione nel decidere il destino dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia». Il presidente abkhazo ha ribadito ancora ieri la volontà del suo popolo non solo di rendersi indipendente dalla Georgia, ma di annettersi alla Russia.

Però quel piano in sei punti non mi sembra così straordinario per i russi.
Al contrario. Putin ottiene il massimo nella situazione data. E cioè: i soldati georgiani non faranno più parte della forza di interposizione in Ossezia e Abkhazia e la comunità internazionale sarà costretta a prendere atto delle prossime dichiarazioni d’indipendenza delle due regioni, così come ha fatto in Kosovo. Il processo di avvicinamento della Georgia (e dell’Ucraina) alla Nato subisce una battuta d’arresto forse definitiva. In linea di massima, l’influenza americana nell’area cala. Infine, i russi hanno già cominciato a lavorare per rovesciare Saakashvili, l’imprudentissimo presidente che ha servito loro su un piatto d’argento il pretesto tanto atteso per attaccare. Gli stessi americani, che avevano tentato di frenare la smania dell’uomo, ne hanno probabilmente abbastanza. Con un regime più moderato a Tbilisi e al termine di una trattativa con gli europei – assetati dell’energia russa –, Putin e Medvedev riusciranno forse ad avere qualche voce in capitolo anche sulle due pipe-lines che trasportano petrolio e gas fuori del loro controllo.

Non ho capito l’acquiescenza americana.
Che cosa avrebbero potuto fare? Paracadutare marines in Georgia? Oltre tutto gli Stati Uniti hanno bisogno di un rapporto non conflittuale con la Russia in questo momento: non possono avere Putin contro sulla questione iraniana, che Israeli attacchi Teheran (come pensano tutti) oppure no.

E l’Europa?
L’Europa discute a partire da oggi sul che fare. Il problema è lo schieramento dei Paesi filoamericani, più realisti del re. Una delegazione formata dai presidenti di Polonia, Ucraina, Lituania, Lettonia ed Estonia è andata ieri a Tbilisi per esprimere sostegno a Saakashvili. I russi hanno già detto che la pagheranno cara. Francesi e tedeschi oggi faticheranno per persuadere i polacchi e gli altri a una posizione più responsabile.

Lei non cita mai gli italiani.
Ieri La Russa ha detto che l’Italia parteciperà volentieri, eventualmente, alla formazione di una forza di interposizione europea. «Meno di mille uomini, però». Fassino ha proposto che la conferenza di pace si tenga a Roma. Ha ragione: Berlusconi è amico sia di Putin che di Bush e potrebbe essere un buon mediatore. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 13/8/2008]