La Gazzetta dello Sport, 19 agosto 2008
Naturalmente i prezzi aumenteranno anche in autunno: +175/180 euro l’anno per il riscaldamento, +10 euro al mese per mangiare, +90 euro l’anno per luce e gas, +62 euro per i libri e le altre attrezzature di scuola, +35 euro per la spazzatura, +55 euro per l’assicurazione della macchina, +30 euro per l’acqua, +45 euro per i servizi bancari, eccetera eccetera
Naturalmente i prezzi aumenteranno anche in autunno: +175/180 euro l’anno per il riscaldamento, +10 euro al mese per mangiare, +90 euro l’anno per luce e gas, +62 euro per i libri e le altre attrezzature di scuola, +35 euro per la spazzatura, +55 euro per l’assicurazione della macchina, +30 euro per l’acqua, +45 euro per i servizi bancari, eccetera eccetera. In tutto: +600 euro l’anno, almeno secondo i calcoli delle associazioni consumatori (Adusbef e Federconsumatori). Numeri confermati dall’Istat: l’inflazione di luglio 2008 è stata del 4,1% superiore a quella del luglio 2007 e dello 0,5 rispetto a giugno 2008. Il carrello della spesa a luglio è più caro del 6,1% rispetto a un anno fa e dello 0,4 rispetto allo scorso giugno...
• Basta, basta.
I giornali, qualche giorno fa, hanno scritto esplicitamente la parola “recessione”.
• Che sarebbe?
Rallentamento, debolezza. Si fabbrica di meno, si producono meno cose. Si compra di meno, ci sono meno scambi. La recessione, che è una bruttissima parola e da maneggiare con cura (in economia gli annunci hanno o possono avere effetti disastrosi, si deve dunque essere prudenti nello scegliere un termine), si misura attraverso il Pil. Il Pil, come abbiamo detto altre volte, è il Prodotto Interno Lordo, cioè tutto quello che fabbrichiamo, in beni e in servizi (sul Pil ci sarebbe da parlar molto, ma per oggi accontentiamoci di questa definizione). Gli statistici misurano il Pil a data fissa, per esempio ogni mese o ogni trimestre o ogni anno. Se il Pil di un certo momento è più basso del Pil precedente cominciamo a sentire il cattivo odore della recessione. In America hanno stabilito che la parola “recessione” non si può adoperare se il Pil non si contrae per due trimestri consecutivi. Da noi si va un po’ a peso. un fatto che il secondo trimestre dell’anno ha mostrato una contrazione del Pil in Eurolandia dello 0,2 per cento. Il fatto è notevole perché il Pil di Eurolandia – da quando si prendono le misure tenendo conto di questa entità geografica – è sempre cresciuto.
• La recessione ha a che fare con l’inflazione?
Fino a un certo punto. La vera recessione – essendo una specie di sfinimento economico – è una tendenza dell’economia verso lo zero. I prezzi dovrebbero scendere, fatto che – come le ho già detto un’altra volta – può essere ancora più preoccupante dei prezzi che salgono. L’attuale contrazione del prezzo del petrolio sarebbe, secondo gli economisti, un effetto classico da recessione: il greggio costa meno perché se ne compra di meno e se ne compra di meno perché l’attività economica ha rallentato. Idem per la disoccupazione che, nell’area di Eurolandia, è nuovamente in crescita. L’inflazione, specialmente quella alimentare, invece resta alta perché comunque i cinesi e gli indiani vivono meglio di prima e consumano come minimo un pasto completo al giorno. Sa che le scorte di riso sono finite? I produttori, ai prezzi di adesso, si sono venduti tutto.
• Come si combatte la recessione?
La recessione è un male due volte. un male in sé, naturalmente, perché produce miseria. Ed è un male perché le nostre società sono programmate per crescere all’infinito e non hanno in definitiva gli strumenti politici per affrontare la decrescita. Ma crescere all’infinito è possibile? talmente ovvio che non è possibile! Robert Kennedy diceva: «Il Pil misura tutto quello che non serve a dare la felicità». Tremonti ripete spesso questa frase. Dopo di che neanche lui ha gli strumenti per affrontare la decrescita. Meno che mai la “decrescita serena” (così si intitola un saggio uscito adesso che affronta la faccenda).
• Sta facendo l’elogio della povertà?
Beh, almeno l’elogio della misura. Come confermano tutti i dati, noi consumiamo ben più di quello che ci offre il pianeta e, per continuare così, avremmo bisogno di due o tre pianeti almeno. In termini puramente finanziari, un forte contributo alla crisi viene dagli americani che da un pezzo vivono nettamente al di sopra dei loro mezzi (l’indebitamento medio di ciascuno di loro era, alla vigilia dei subprime, del 106% per cento del reddito!). La Cina li ha bellamente finanziati e riforniti, e i due sistemi sono perciò entrati in crisi contemporaneamente: quelli non possono più comprare e indebitarsi, questi non possono più vendere e prestar soldi. In mezzo a questi due soggetti, stanno gli europei che non sanno bene che pesci prendere. Intanto, per colpa degli uni o degli altri o di tutti e due, i prezzi stanno per ripartire. La via d’uscita dalla recessione e dalle difficoltà non è a portata di mano. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 19/8/2008]