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 2008  agosto 28 Giovedì calendario

I sindacati di Alitalia sono nuovamente sul piede di guerra per via del progetto, ormai praticamente ufficiale, che s’impernia su una società nuova e pulita, denominata Compagnia Aerea Italiana e creata martedì scorso

I sindacati di Alitalia sono nuovamente sul piede di guerra per via del progetto, ormai praticamente ufficiale, che s’impernia su una società nuova e pulita, denominata Compagnia Aerea Italiana e creata martedì scorso. Questa Nuova Alitalia acquisterà dalla Vecchia Alitalia solo le attività operative, facendosi carico di un numero limitato di dipendenti e di neanche un euro di debito. In questo modo la Nuova Alitalia potrà cominciare a operare sul mercato e la Vecchia Alitalia dovrà seguire una procedura simile a quella del fallimento: cioè vendere tutto il vendibile e con i soldi ricavati pagare i creditori. Per far questo bisognerà nominare un commissario e il nome più accreditato è in questo momento quello di Augusto Fantozzi, un avvocato tributarista di 68 anni che ha già fatto il ministro con Dini e con Prodi una dozzina di anni fa.

• Beh, tutto bene, no? Perché i sindacati si arrabbiano?
Non c’è ancora niente di ufficiale, ma pare che il piano preveda di collocare settemila ex dipendenti Alitalia alle Poste, al Demanio e all’Agenzia delle Entrate. Ci metta quelli che saranno convinti a prepensionarsi o ad andare in cassa integrazione. Siccome la Nuova Alitalia dovrebbe avere meno di cinquemila stipendiati, le nove sigle sindacali che in Alitalia hanno fatto finora il bello e il cattivo tempo rischiano di scomparire. Che è stata la preoccupazione principale di questi organismi fin dal primo momento. Le Poste, il Demanio, le Entrate hanno già i loro sindacati. L’Agenzia delle Entrate, tra parentesi, è l’unica a non aver risentito dell’effetto Brunetta: il tasso di assenteismo, negli ultimi mesi, è aumentato.

Insomma, per i sindacati una qualche soluzione si troverà. Il problema Alitalia, invece, mi pare che sia stato risolto. O no?
Non è stato risolto affatto e il rischio che la Nuova Alitalia debba alla fine farsi carico dei debiti della vecchia è piuttosto concreto. Il commissario, dalla vendita degli asset della Vecchia Alitalia (sostanzialmente gli aerei), non ricaverà più di un miliardo. Mentre i debiti della Vecchia Alitalia sono di due miliardi e mezzo di euro. I creditori di Alitalia, quindi, non saranno pagati e se, per farli star zitti, interverrà il Tesoro, la Ue si metterà in mezzo perché pagare i debiti al posto di un’azienda decotta è aiuto di Stato. Proibitissimo. Poi un aiuto di Stato c’è già stato: i 300 milioni stanziati da Prodi nell’ultimo mese del suo governo per permettere all’azienda di sopravvivere almeno un anno. La Vecchia Alitalia dovrebbe resitituirli e, se non li restituirà, anche qui si farà avanti la Ue. Il piano poi prevede l’acquisto degli aerei di Air One, a cui resteranno in capo i debiti (450 milioni circa). Chi farà fronte a questi altri debiti? Francesco Giavazzi e Scalfari hanno calcolato tutti e due che per il contribuente italiano il costo dell’operazione non potrà essere inferiore al miliardo. Il rischio in ogni caso che la Nuova Alitalia, la quale crede di partire leggera, si trovi a un certo punto assediata dai creditori della Vecchia Alitalia e sia costretta a farsi carico lei delle vecchie partite è assai alto.

• Ma allora come mai c’è gente che ha accettato di comprare? Chi sono questi qui?
Gli azionisti della Nuova Alitalia sono sedici e mettono in tutto un miliardo di euro. Tra questi, Ligresti, i Benetton, Aponte, Riva, Marcegaglia, Tronchetti, Toto eccetera. Un po’ di banche. E Colaninno, che metterà addirittura 200 milioni. Colaninno aveva detto che non sarebbe entrato se non ci fosse stato un importante partner straniero. Siccome adesso ha detto di sì, evidentemente l’ingresso del partner straniero è sicuro. Fino all’altro ieri si diceva che sarebbe stato Lufthansa, adesso è tornata al tavolo anche Air France, che tiene un consiglio d’amministrazione stasera. Quello che tutti hanno capito è che i sedici soci si sentono in una botte di ferro: i Benetton, per esempio, avranno da raddoppiare, con le loro imprese, l’aeroporto do Fiumicino, Ligresti deve dare qualcosa visto che avrà gli appalti dell’Expo, eccetera. In ogni caso sono tutti sicuri che tra un anno o due rivenderanno le loro quote al partner straniero.

Ma non si doveva difendere l’italianità della compagnia?
Amico mio, che cosa le devo dire? Il pasticcio è gigantesco.

E Malpensa? E Linate?
Linate dovrebbe essere chiusa. L’idea è quella di trasformare tutta l’Italia in un hub, sfruttando gli aeroporti di sette città da collegare punto a punto. Ma aspettiamo che tutto diventi ufficiale per capir bene. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 28/8/2008]