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 2008  settembre 10 Mercoledì calendario

Qualche lettore, avendo sentito che ci sono state polemiche sull’8 settembre, la Resistenza, le leggi razziali e quant’altro, avanza timidamente la domanda capitale: che cos’è il fascismo? • Non avevo il coraggio di fargliela

Qualche lettore, avendo sentito che ci sono state polemiche sull’8 settembre, la Resistenza, le leggi razziali e quant’altro, avanza timidamente la domanda capitale: che cos’è il fascismo?

Non avevo il coraggio di fargliela...
Non è così assurda. La guerra è finita nel 1945, cioè 63 anni fa. Il fascismo è caduto nel 1943, 25 luglio. 65 anni. Significa che la stragrande maggioranza degli italiani ha un’idea della cosa dai libri di scuola. Vale a dire: polvere, noia, chissenefrega, eccetera. Gli uomini politici si mettono a litigare sul fascismo per faccende di oggi: quelli di An vogliono togliere un po’ di spazio mediatico alla Lega e rassicurare la parte destra della loro base. Veltroni vorrebbe trovare un qualche elemento ideale capace di riaggregare le sue truppe dilaniate e sparse, e spera nella vecchia colla dell’antifascismo. Si parla di una polemica tra Napolitano e il ministro La Russa, però smentita e, a quanto abbiamo potuto appurare, destituita di ogni fondamento. Si dice che quella commissione bipartisan voluta da Alemanno sarebbe in pericolo perché il prescelto numero uno, il democratico Amato, vacillerebbe. Chi sa. La domanda sul fascismo invece è seria, come tutte le questioni che riguardano la nostra storia. Che lo vogliamo o no, siamo infatti figli del fascismo, della Resistenza, della Democrazia Cristiana e del Partito Comuniste. E nipoti del liberalismo e del Risorgimento, vale a dire Mazzini, Garibaldi e soprattutto Cavour. Polvere, polvere, polvere...

Beh, parliamo del fascismo. Poi magari un’altra volta dirà di quelle altre cose.
Nel 1922 ci fu un colpo di stato e Mussolini, il capo dei fascisti, prese il potere. C’era il re, votavano soltanto i maschi, il 90 per cento degli italiani era analfabeta, il 90 per cento degli italiani lavorava in campagna, il servizio militare obbligatorio era per il 90 per cento degli italiani l’unica occasione per fare un viaggio lontano da casa propria. Ci lavavamo poco, mangiavamo poco, qualcuno aveva la radio, l’automobile era un affare dei veramente ricchi. La Chiesa, con la sua formidabile articolazione territoriale, aveva sulle masse una capacità di persuasione (e di consolazione) enorme. Ma anche Mussolini, un giornalista socialista, sapeva persuadere le masse. Le sue fotografie a petto nudo e con le mani ai fianchi oggi ci sembrano ridicole. Ma gli uomini e le donne di allora se ne facevano sedurre. Crediamoci: gli italiani – a parte una sparuta minoranza – non credevano possibile uscire dalla miseria nella quale si trovavano, perché quella miseria era secolare e non ne facevano troppa colpa al duce. Mussolini, invece, con la sua aria guascona, li faceva sentire rispettabili, importanti, capaci di contar qualcosa nel mondo. E li faceva sognare.

Ma allora era bravo.
Un regime orrendo, al quale nessuno di noi vorrebbe tornare. Un regime poliziesco, occhiuto, ignorante, truffaldino. Un sistema politico di cartapesta, che nel 1943 lasciò tanti analfabeti e tanti poveri quanti ne aveva trovati nel ’22 e che ci portò a una guerra tragica che costò a noi e ai nostri cosiddetti nemici milioni di morti. E che fece le leggi razziali, nell’anno 1938, data vergognosa e da non dimenticare. E tanto più vergognosa per questo: che il fascismo non era stato prima e non fu dopo per davvero antisemita, come era stato antisemita il nazismo. E la decisione di discriminare gli ebrei fu presa per far contento Hitler, per puro opportunismo politico. Mussolini pensava che Hitler avrebbe soggiogato il mondo e che conveniva stare dalla sua parte. E quindi – pensò – emaniamo pure qualche legge contro gli ebrei, tanto provvederemo poi a rispettarla il meno possibile (e non fu affatto rispettata il meno possibile, a conti fatti). Io trovo questo atteggiamento – che tutti considerano una circostanza attenuante – una circostanza aggravante, invece.

Come mai allora agli italiani di quel tempo Mussolini piaceva?
Due ragioni. Gli italiani di quel tempo non sapevano poi troppo di quello che succedeva in casa loro e nel mondo: non dimentichi il 90 per cento di analfabeti. La seconda ragione è poco consolante: gli esseri umani stanno in genere col vincitore, e gli italiani non sono diversi dagli altri esseri umani. Per una ventina d’anni Mussolini sembrò invincibile.

Sta insinuando che, solo quando Mussolini andò giù, gli italiani diventarono antifascisti?
Proprio così. Quando queste cose facevano ancora effetto, uscivano fuori di frequente articoli e discorsi di giornalisti o uomini politici che si proclamavano democratici e che invece avevano civettato – e fortemente civettato – col regime. Del resto Berlusconi e Veltroni lo sanno benissimo: la disgrazia peggiore che può capitare a un uomo politico è quella di farsi la nomea del perdente. Non siamo mica diversi dai nostri padri. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 10/9/2008]