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 2008  settembre 16 Martedì calendario

Oggi discutiamo di Lehman Brothers invece che di Alitalia. Tra le due situazioni c’è una certa parentela, piuttosto interessante

Oggi discutiamo di Lehman Brothers invece che di Alitalia. Tra le due situazioni c’è una certa parentela, piuttosto interessante. Lehman è la quarta banca d’affari americana, con 158 anni di vita alle spalle. A causa dei mutui subprime (mutui fasulli, in cui chi ha preso i soldi in prestito troppe volte non è in grado di restituirli) s’è trovata con 53 miliardi di ”titoli illiquidi”, cioè pezzi di carta che nessuno voleva più comprare e che quindi valevano zero; una perdita solo negli ultimi tre mesi di 3,9 miliardi di dollari; debiti per 613 miliardi. Ha chiesto aiuto al ministro del Tesoro americano Henry Paulson e questi ha tentato di adottare una soluzione in stile Alitalia: creare una bad company, dove infilare tutti i problemi di Lehman; e una good company, dove tenere la roba buona, da vendere.

• E come è finita?
Della bad company avrebbero dovuto farsi carico una decina di grandi banche americane, un pezzetto ciascuna. La compagnia buona doveva essere comprata da Barclays, la grande banca inglese. Anche Alitalia, si ricorda? Una polpa da vendere ai 18 soci che hanno fondato Cai. E della robaccia da far trattare al liquidatore Fantozzi. Solo che da noi la politica ha fatto pressioni folli (non si sa ancora se con successo). Mentre in America, il Tesoro e la Fed, constatato che Barclays avrebbe comprato solo con una garanzia dello Stato e che le dieci banche destinate a prendersi in carico la bad company non ne volevano sapere, hanno abbandonato al suo destino Lehman che ieri ha dichiarato fallimento. Il più grande fallimento di tutta la storia americana.

Beh, meglio il sistema nostro, no?
Ci vada piano. Gli americani avevano già salvato con i soldi dei contribuenti Bear Stearns e le due banche da mutui Fannie Mae e Freddie Mac. Operazioni che erano costate ai cittadini di quel paese più o meno 230 miliardi. Poi Merryl Linch, che stava per chiudere, è stata comprata da Bank of America e l’ha scampata all’ultimo momento. Con Lehman i poteri pubblici si sono dovuti fermare anche perché stanno arrivando altri problemi, e grossi: la società d’assicurazione Aig e soprattutto i tre colossi dell’automobile General Motors, Ford e Chrysler che sono con l’acqua alla gola e vorrebbero sovvenzioni fortissime per tirare avanti. Può però lo Stato salvare tutti? Ecco il problema.

Ma se non li salva lo Stato, chi li salva?
Proprio così. Perché l’altro corno del dilemma è: possono saltare tutti per aria? La questione è infatti proprio questa: apparentemente sono a rischio praticamente tutti. Al punto che Lester Thurow ha detto che, nonostante il caso Lehman, lo Stato in altre situazioni come quella non potrà non intervenire.

Per problemi di questo tipo, andrebbe meglio la vittoria di Obama o quella di McCain?
Le dò la risposta di Lester Thurow: «Non fa quasi differenza. Il prossimo presidente non avrà scelta perché erediterà una crisi che si potrà risolvere con strumenti obbligati».

E in Europa? E in Italia?
Ieri le Borse sono andate giù di brutto ovunque, in Italia, in Europa e nel resto del mondo. In Europa si sono bruciati 125 miliardi di euro di valore delle azioni. La Bce ha messo a disposizione delle banche 30 miliardi, in modo da far circolare un po’ di denaro. Il problema oggi è se qualcuno degli istituti europei era esposto con Lehman, se cioè c’è qualcuno in Europa e in Italia che deve avere dei soldi dalla banca fallita, soldi che evidentemente non vedrà più. Nella lista dei primi trenta istituti esposti non ci sono nomi italiani e, da quello che si è capito fino a questo momento, le nostre banche dovrebbero passarla liscia. C’è però il problema di certe posizioni “swap”, uno strumento derivato particolare col quale le banche si assicurano reciprocamente in genere sui cambi o sui tassi. Chi dei nostri aveva incrociato la propria cassa con quella di Lehman? Non si sa, perché Lehman non era obbligata a registrare queste posizioni. Saranno gli stessi creditori a render note le loro posizioni e per questo dovrebbe esserci già in settimana un incontro in America. Infine Lehmann aveva filiali in Europa e in Italia. A Milano ci sono adesso 120 licenziati in tronco e a Roma 20. In tutta Europa la forza lavoro a un tratto disoccupata per via del fallimento Lehman è di seimila persone. Negli Stati Uniti i dipendenti di questa banca sono 25 mila: ieri i fotografi si sono sbizzarriti a fotografare distinti giovanotti vestiti di nero che portavano in strada scatoloni pieni di documenti. Servizi di colore per un evento che appena un anno fa pareva incredibile: Lehman chiuse infatti il 2007 con un utile record di 4,2 miliardi di dollari. Erano, evidentemente, utili di carta straccia. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 16/9/2008]