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 2008  settembre 25 Giovedì calendario

Proprio nel giorno in cui l’Italia manda il film Gomorra a concorrere per l’Oscar e il Vaticano attacca il governo per la sua politica sull’immigrazione, La Russa e Maroni si mettono a litigare tra di loro

Proprio nel giorno in cui l’Italia manda il film Gomorra a concorrere per l’Oscar e il Vaticano attacca il governo per la sua politica sull’immigrazione, La Russa e Maroni si mettono a litigare tra di loro.

Mi incuriosisce il Vaticano. Credevo che gli attacchi cattolici al governo fossero una prerogativa di Famiglia cristiana.
Stavolta la cosa è seria, ammesso che a Berlusconi importi qualcosa degli attacchi di un monsignore. A don Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, non è piaciuto il decreto emanato l’altro giorno dal governo, mi pare il dodicesimo su tredici leggi finora approvate (la tredicesima è il lodo Alfano). Ricorderà che Maroni, dopo la strage degli africani della settimana scorsa, ha deciso di mandare 500 militari nel casertano e, soprattutto, ha disposto una serie di restrizioni ai ricongiungimenti familiari. Pensa che i ricongiungimenti possano essere un trucco per far entrare gente che non dovrebbe entrare. Le autorità potranno imporre all’immigrato che dice di voler far arrivare i figli il test del Dna, che sarà a carico del richiedente. Stretta anche nella normativa per chiedere asilo. Maron i ha fornito dati che dimostrerebbero un incremento dei clandestini: 14.200 nel 2007, 23.600 nel 2008. Cito questi numeri col condizionale, perché altre organizzazioni sostengono altre tesi e attaccano la politica di accoglienza, o di non accoglienza, del governo. D’altra parte non ho mai capito come il governo possa valutare i clandestini, che certo non si fanno riconoscere dalle autorità. La Caritas, per esempio, che dice di aver percepito – “a pelle” – un qualche incremento, non pensa che si possa parlare di un’emergenza. Secondo Maroni siamo quasi al raddoppio!

Stava dicendo dello sdegno vaticano.
Sì, monsignor Marchetto se la prende con l’Italia ma anche con l’Europa: in generale la tendenza – relativamente alla protezione degli indifesi – «è al ribasso e mi pare che l’ultima seduta del Consiglio dei ministri vada in direzione di questa stessa tendenza al ribasso [...] Vi è una stretta sull’asilo e la giustificazione portata non regge. Anche dovendo ammettere che i flussi misti di richiedenti asilo e di migranti porti complicazioni per i governanti».

E La Russa perché s’è arrabbiato?
S’è arrabbiato soprattutto Maroni. I due dànno una valutazione diversa della strage di africani della settimana scorsa. Per il ministro della Difesa La Russa è una guerra tra bande, per Maroni invece è una guerra civile. La Russa aveva già messo il muso quando era stato varato il decreto che metteva in campo tremila militari, e lui non era stato avvertito. Si rifiutò di salire sul palco dove Berlusconi trionfava. Adesso Maroni ha telefonato a Berlusconi per dire che si è stufato della fronda di La Russa.

Ma è importante?
Sì e no. La bega tra due ministri è irrilevante e del resto La Russa in serata ha sdrammatizzato, dicendo che non ci sono diversità di vedute e che se anche si adoperano parole diverse per definire la stessa cosa, l’importante è che poi ci sia accordo sui provvedimenti presi. E quello – dice – «c’è sempre stato, e totale». Invece la prospettiva in cui si colloca l’attività dei casalesi e l’eccidio dell’altro giorno non è affatto irrilevante perché segna la strategia che si vuole adottare.

In che senso?
Una guerra tra bande parrebbe poca cosa, no? Temo che questa definizione impedisca di capire il fenomeno nella sua dimensione politica ed economica. Non dimentichiamo che la criminalità organizzata, con i suoi 90 miliardi di fatturato, è la prima impresa del Paese e che i casalesi sono, all’interno del sistema criminale, una delle lobby più potenti. Bidognetti e Schiavone, pur stando al 41 bis, continuano ad arricchirsi. Iovine, che regge il potere in loro assenza (e finora non ha tradito i suoi capi, almeno a quanto se ne sa), aveva in mano fino a ieri la spazzatura di mezza Italia. Il Toni Servillo del film è certamente un uomo dei casalesi che prende ordini da Iovine. Le basterà sapere, per avere un’idea della cosiddetta banda, che al tempo di Cragnotti i casalesi misero sotto la Cirio e, estorcendo un bel po’ di denaro, fecero in modo che quel marchio diventasse dominante nella loro zona. Nessun negozio era autorizzato a vendere pelati che non fossero Cirio. Fanno così con tutto e Iovine – che vive tra Roma e la Spagna – a un certo punto aveva addirittura pensato di comprarsi la Lazio. La Russa sbaglia a declassare questi clan al ruolo di banda. Sono potentati, e quella che fanno allo Stato è davvero una guerra. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 25/9/2008]