La Gazzetta dello Sport, 21 settembre 2008
C’è un albergo, a Islamabad, che, mentre scriviamo, sta bruciando. Dentro sono intrappolate centinaia di persone, che non possono fuggire
C’è un albergo, a Islamabad, che, mentre scriviamo, sta bruciando. Dentro sono intrappolate centinaia di persone, che non possono fuggire. Islamabad è la capitale del Pakistan e l’albergo in fiamme è il Marriot, il più importante della città. I terroristi lo hanno attaccato, di sicuro con un’autobomba che s’è scagliata contro il muretto di cinta ed è esplosa. Poi con un commando che, stando in agguato sul marciapiede di fronte, ha sparato sui soccorritori. Infine è possibile che uno shahid (martire) si sia fatto saltare dentro l’albergo, magari dopo aver preso in affitto una stanza. Le agenzie parlano di centinaia di feriti e di 60 morti, ma fanno capire che probabilmente le vittime sono più di cento. Al Qaeda ha rivendicato la strage attraverso l’emittente televisiva indiana Headlines Today. Il gruppo che ha materialmente compiuto l’azione dice di chiamarsi Tahreek-e-Taliban. Fino a ieri nessuno lo aveva mai sentito nominare.
• E’ una tragedia, e sono colpito. Ma perché ce ne occupiamo? Da quelle parti si massacrano ogni giorno e a noi occidentali la cosa ormai non fa più né caldo né freddo.
Lo so e questo è uno dei tanti problemi del terrorismo internazionale che, come tutti i terrorismi, ha bisogno della grancassa mediatica per essere riconosciuto. L’indifferenza del mondo, assuefatto ormai all’orrore, è un nemico difficilissimo da battere. L’attentato di ieri però ha parecchi punti collaterali importanti. S’era appena insediato il nuovo presidente pakistano Zardari...
• Ma sa che anche il Pakistan, alla fine, non so bene perché ci interessa? Non sono neanche sicuro di sapere dove sta.
Non pretendo che lei prenda una carta geografica. Ma ha presente l’Afghanistan? Quel paese lontano, nell’Asia centrale, dove ci sono degli italiani che difendono la popolazione dai talebani in nome della Nato? Un posto dove gli italiani sono stati attaccati ancora ieri ed erano già stati attaccati l’altro giorno? Beh, faccia conto che l’Afghanistan sia un rettangolo e che appiccicato a questo rettangolo, di sotto, ci sia un altro rettangolo. Quello è il Pakistan. Ora lei deve immaginare che la linea che separa questi due rettangoli non sia continua, ma tratteggiata. Cioè: non si sa bene dove finisce l’Afghanistan e dove comincia il Pakistan. Chi vive a ridosso di questa linea tratteggiata? I talebani e i qaedisti, mischiati insieme, che tentano di determinare la vita sia di sotto che di sopra. Il Pakistan aveva un presidente, di nome Musharraf, che stava con gli americani, ma non poteva mettersi troppo contro questi terroristi della linea tratteggiata. In Pakistan c’è un servizio segreto – detto Isi – che sta di fatto con talebani e qaedisti. Si dice anzi che i talebani siano stati inventati da questo Isi quando la guerra all’Afghanistan la facevano i russi. Ma non allarghiamo troppo il discorso.
• No, per favore non allarghiamo. E adesso i terroristi della linea tratteggiata sarebbero alla riscossa?
Qualcosa del genere. In Pakistan Musharraf s’è dovuto dimettere a metà agosto, il 6 settembre i pakistani hanno eletto presidente Zardari, proprio ieri Zardari ha pronunciato il suo primo discorso alle camere dicendo che il terrorismo e l’estremismo politico e religioso vanno estirpati. Zardari è il vedovo di Benazir Bhutto, la famosa signora che fu primo ministro del Paese e che venne ammazzata lo scorso dicembre. Al momento dell’attacco di ieri, suo marito si trovava a poche centinaia di metri dall’hotel Marriot. I terroristi della linea tratteggiata, con questa strage, stanno come minimo dicendo a Zardari: attento a quello che fai! Contemporaneamente proprio ieri i siti jihadisti hanno diffuso un video che commemora l’11 settembre...
• Come sarebbe? Ieri era il 20...
Già, e infatti i video erano stati preparati per essere diffusi alla vigilia dell’anniversario delle Torri (probabilmente l’8). Senonché hackers tedeschi, americani e malesi ne avrebbero sabotato la pubblicazione. All’operazione avrebbero partecipato anche hackers sunniti, in odio agli sciiti. Una brutta sconfitta per Osama. Nel video si vede Zawahiri – il numero due dell’organizzazione – che annuncia la ripresa della guerra agli Stati Uniti, poi c’è il video-testamento di un attentatore dell’11 settembre e il discorso di un altro capo, Al Yazid. Chiude un’analisi di Attyatullah, il quale però è costretto ad ammettere che il terrorismo ha perso terreno.
• Ed è vero?
Sì, è vero. Raggiunto l’acme nel 2006, la jihad poi ha segnato il passo. Si valuta che sulla linea tratteggiata, dove un tempo operavano 10 mila estremisti, non ne siano rimasti che 2-3000. Che però lo scenario possa cambiare è vero. Gli americani, almeno, lo pensano: in Iraq il generale Petraeus, che ha ribaltato la situazione dialogando con i civli e tentando di vincere la loro diffidenza, è salito di grado (comanda tutto il Medio Oriente) e ha lasciato il suo posto al generale Raymond Odierno, uno che ha fama di durissimo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 21/9/2008]