La Gazzetta dello Sport, 6 ottobre 2008
eri sera il Papa ha inaugurato, con le pagine della Creazione, la maratona sulla Bibbia e ieri mattina lo stesso Papa, inaugurando il Sinodo dei vescovi, ha pronunciato un discorso sulla parola di Dio, la fede e il pericolo in cui si trovano le comunità cristiane nel mondo
eri sera il Papa ha inaugurato, con le pagine della Creazione, la maratona sulla Bibbia e ieri mattina lo stesso Papa, inaugurando il Sinodo dei vescovi, ha pronunciato un discorso sulla parola di Dio, la fede e il pericolo in cui si trovano le comunità cristiane nel mondo.
• Quale pericolo?
Quello di sparire. Il Papa dice: «Nazioni un tempo ricche di fede e di vocazioni ora vanno smarrendo la propria identità, sotto l’influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna». Che cos’è la “certa cultura moderna”? quella che Benedetto XVI e quelli che la pensano come lui definiscono ”relativista”: un mondo in cui tutte le opinioni sono legittime e non c’è una verità assoluta e accertata in cui credere. Se non esiste una verità assoluta, ma esistono tante verità relative a chi le pensa e al mondo in cui sono pensate, come sarà possibile non accettare anche le teorie più abiette, le opinioni più aberranti?
• Beh, in altri termini: il Papa dice che esiste una sola verità e che i valori assoluti sono certi e non altri. E mentre lo dice fa capire che questa verità e questi valori sono i suoi, cioè quelli della Chiesa cattolica. E chi non crede nella verità e nei valori della Chiesa cattolica è.... è.... Già, che cos’è? Un peccatore?
Dal punto di vista del Papa è qualcuno verso cui la Chiesa deve mostrare la massima sollecitudine. Lo ha detto ancora ieri, riferendosi ai non credenti: «Tanti non hanno ancora incontrato Cristo e sono in attesa del primo annuncio del suo Vangelo; altri, pur avendo ricevuto una formazione cristiana, si sono affievoliti nell’entusiasmo e conservano con la Parola di Dio un contatto superficiale; altri ancora si sono allontanati dalla pratica della fede e necessitano di una nuova evangelizzazione. Non mancano poi persone di retto sentire che si pongono domande essenziali sul senso della vita e della morte, domande alle quali solo Cristo può fornire risposte appaganti». Quindi, dice Benedetto, la Chiesa dia risposte a chi fa domande e continui, in questo modo, a far vivere la fede e a far crescere la comunità cristiana. C’è anche un altro bel passaggio: «La Chiesa conosce e viva ciò che annuncia [...] perché la sua predicazione sia credibile, nonostante le debolezze e le povertà degli uomini che la compongono». Sembrerebbe un invito a tutti i fedeli perché si facciano missionari, magari cominciando dal luogo in cui vivono.
• Missionari in Italia?
Il Papa non l’ha detto, perché non lo può dire, ma i dati relativi agli italiani, al modo in cui credono e al modo in cui praticano, sono, per i cattolici, piuttosto sconfortanti.
• Siamo meno religiosi degli altri?
In Polonia il 45% dei fedeli va a messa tutte le domeniche. In Italia solo il 21 per cento dice di andare a messa, ma di questi solo il 16 ci va tutte le settimane, mentre il 3 si limita a frequentare a Pasqua e a Natale e un altro 2 per cento si fa vivo solo di tanto in tanto. Stiamo parlando di un paese dove il 97 per cento delle persone è battezzata e dove l’86% crede di essere praticante. In realtà quattro italiani su cinque si tengono a distanza da preti e altari. Come mai? Un terzo dice di annoiarsi, l’11 per cento non sente la spiritualità del posto, il 7,8 per cento giudica le omelie banali. Sono dati del Censis, il centro studi del cattolicissimo professor De Rita. I ricercatori commentano così: «La messa ha perso in parte la capacità di operare come opportunità di socializzazione». Questi numeri spiegano l’ansia contenuta nel discorso del Papa, l’esortazione ai suoi a «conoscere e vivere» ciò di cui parlano.
• E le vocazioni? Perché ho sentito che ci sono problemi anche da quel lato.
Ci sono problemi. Nel mondo il numero di sacerdoti scende di ottomila unità l’anno. E, come per i credenti le statistiche sono rese meno drammatiche dalla religiosità degli anziani e dei meridionali, così per i suoi sacerdoti la Chiesa deve ringraziare il Terzo Mondo dove c’è anche una certa abbondanza di vocazioni. Ma, per esempio, in Italia la situazione è drammatica. Nel 1960 c’erano in Italia 160 mila suore, 66,500 sacerdoti, 10 mila seminaristi. Cioè 233 mila unità. Un libro uscito l’anno scorso (Franco Garelli La Chiesa in Italia, il Mulino) mostra che questo esercito conta ormai appena su 162 mila soldati. In mezzo secolo, il crollo maggiore è stato tra le monache passate da 160 a meno di 110 mila unità, con un calo di circa il 34%. L’ordine del giorno del Sinodo che è cominciato ieri (“La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”) è perciò assolutamente comprensibile. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 6/10/2008]