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 2008  ottobre 20 Lunedì calendario

Oggi, nel Lussemburgo, si incontrano i ministri europei dell’Ambiente. Sarebbe una notizia noiosissima se non fosse che gli italiani sono a capo di un gruppo di dieci paesi che non intende assolutamente dar retta a francesi, tedeschi e spagnoli sulle regole relative all’inquinamento

Oggi, nel Lussemburgo, si incontrano i ministri europei dell’Ambiente. Sarebbe una notizia noiosissima se non fosse che gli italiani sono a capo di un gruppo di dieci paesi che non intende assolutamente dar retta a francesi, tedeschi e spagnoli sulle regole relative all’inquinamento.

Vogliamo continuare a inquinare come ci pare e piace?
Gli europei vorrebbero che ci mettessimo in regola, noi e tutti gli altri, entro il 2020. Noi sosteniamo che per metterci in regola è necessario riorganizzare tutto il nostro sistema produttivo e il 2020 è troppo vicino per un lavoro così gigantesco. Gli europei hanno poi indicato delle tappe intermedie per raggiungere quell’obiettivo. E gli italiani rispondono: invece delle tappe intermedie, puntiamo tutto sul risultato finale. Se lo raggiungiamo tutto negli ultimi diciotto mesi – per esempio – che ve ne importa? Altro ragionamento degli italiani: guardate che se imponiamo agli imprenditori di abbassare troppo il livello di inquinamento, quelli se ne andranno da qualche altra parte e noi, per non aver saputo tollerare un po’ di gas serra, ci ritroveremo addirittura senza fabbriche. Ultimo discorso che fanno i nostri governanti: tutto questo affannarsi a ridurre l’inquinamento e a sopportare i costi relativi è alla fine abbastanza patetico, dato che intanto Cina e Stati Uniti - che non aderiscono a nessun accordo internazionale - continueranno a sporcare a tutto spiano. A che scopo caricarsi di costi, fare sacrifici di ogni tipo, quando poi l’aria che respiriamo resterà lurida per colpa di cinesi e americani? Naturalmente la posizione italiana è rafforzata dalla crisi finanziaria. Noi diciamo: in questo momento di crisi gravissima, ci mettiamo a spendere per le ciminiere? Via, pensiamo piuttosto a sostenere le imprese.

Posso dirle la mia sensazione? Gli italiani in questo caso non mi piacciono. Inquinare è pessimo e mi piacerebbe vedere, in mezzo a tutti questi ragionamenti, un’affermazione credibile di questo comandamento. Chi sono gli altri paesi che sono d’accordo con noi?
Polacchi, ungheresi, rumeni. Paesi, cioè, piccoli soprattutto dal punto di vista industriale. Antiquati per quello che riguarda gli impianti. Insomma, non una compagnia esaltante. Contro di noi ci sono francesi, tedeschi e spagnoli. Noi abbiamo già ottenuto un rinvio di ogni decisione a metà dicembre. Poi vorremmo che l’intero piano europeo subisse uno slittamento di un anno. Questo anno dovrebbe essere dedicato a studiare il problema dei costi. Cioè, se capisco bene, quali benefici reali arriveranno spendendo i soldi che si dovranno spendere. Sempre per via di americani e cinesi, che rovinerebbero tutto. Berlusconi, la Prestigiacomo, Ronchi, Frattini, Brunetta – insomma i politici che si stanno occupando della faccenda – non tengono però conto del fatto che sia Obama che McCain si sono mostrati molto più aperti di Bush sulle tematiche ambientaliste.

In che consiste poi questo piano europeo a cui ci opponiamo?
Sarebbero i “tre 20” da realizzare entro il 2020. Vale a dire: entro il 2020 bisognerebbe raggiungere «il 20 per cento in più di efficienza energetica», cioè ottenere gli stessi risultati col 20% di energia in meno. Il “secondo 20” rappresenta l’inquinamento: emettere, sempre entro il 2020, il 20 per cento in meno di anidride carbonica. Il ”terzo venti”: aumentare del 20% l’energia prodotta con le fonti rinnovabili. Lei ricorderà che le “fonti rinnovabili” sono quelle che non si esauriscono mai, per lo meno che non si esauriscono nella scala dei tempi umani. Per esempio: il petrolio o il carbone prima o poi si esauriranno, mentre il vento o il sole no. Bene, l’Europa ci vorrebbe impegnare a produrre un quinto di tutta la nostra energia col vento, il sole e l’altra rinnovabile.

Ma noi diciamo bugie? Altrimenti come mai gli europei non si rendono conto che non siamo in grado di sopportare i costi di questa operazione?
In realtà c’è un contrasto sui numeri in ballo. Noi sosteniamo che per fare quello che ci viene chiesto dovremmo spendere 18,2 miliardi l’anno, cioè l’1,4 per cento del Pil. Loro dicono che al massimo spenderemmo 12,3 miliardi. Il bello è che questi numeri derivano dallo stesso documento, un librone di quasi mille pagine preparato lo scorso giugno. Solo che noi ci aggrappiamo a quello che si sostiene in un certo scenario e a Bruxelles fanno riferimento a un altro scenario.

Possibilità di un accordo?
Arriveranno di sicuro a un qualche compromesso. Magari non oggi, ma ci arriveranno. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/10/2008]